Polvere di stelle

Non di solo Kotler vive l’uomo, o la donna, di marketing. Credo che il convegno ISEM meriti un’altro paio di post ma oggi il salumaio che è in me grignise per uscire.

Da qualche giorno infatti sento per radio la nuova pubblicità Negroni e ieri ho anche visto un annuncio stampa e mi chiedo: che senso hanno queste operazioni nostalgia (vedi anche la recente campagna di Cynar con Elio/Calindri)?

E’ vero che gli anni ’60 sono il tempo del sogno, tanto che in tutte le pubblicità quando si vogliono citare i bei tempi passati ci sono queste immagini sfuocate in super8 (e meno male che adesso non sono più in bianco e nero) anche quando si mostrano dei quarantenni che quindi avevano 15 anni nel 1982, ma veramente fanno bene alla marca oppure alle vendite?

Sui consumatori sotto i quarantanni (forse anche 45) la citazione non ha effetto perchè hanno conosciuto l’originale, sui consumatori più vecchi (diversamente giovani, pardon) il ricordo di queste marche mitiche da Carosello (che è finito nel 1977 se non vado errato) è talmente forte che sarebbe comunque attivato anche con una comunicazione che non riprende vecchi codici o vecchi jingle.

Tra l’altro l’attuale versione dei “Le stelle sono tante milioni di milioni ….” non è quella originale ma quella con ri-arrangiamento moderno adottata già qualche anno fa (e che personalmente mi è quindi sempre suonata un po’ falsa). Ma se hanno fatto delle ricerche che evidenziano come la stella sia ancora un’asset per la marca (chissà se esiste ancora l’ottimo prosciutto cotto “Stella” di Negroni) allora perchè non sono andati fino in fondo ed hanno fatto una comunicazione dove la stella avesse un ruolo (in quella originale c’era la stella dello sceriffo).

E se invece non è un asset, cosa c’entra il jingle con il resto della comunicazione?

Mi viene in mente il mio maestro rumeno di scherma quando diceva che facevo le cose a coda di pesce: se parti per l’affondo vai fino alla fine anche se ti accorgi che hai sbagliato il tempo perchè magari hai comunque la fortuna di mettere la stoccata perchè se ti fermi a metà sei sicuro che ti beccano.

Una decina di anni fa (credo), quando la Negroni era stata acquistata da Malgara, ricordo una campagna Negroni sulla stampa quotidiana in agosto con la fetta di salame come sole nascente e cose simili che davvero riposizionava la marca sui suoi vecchi valori di qualità, tradizione, ecc.. con una comunicazione attuale. Quanta polvere sta togliendo, o piuttosto aggiungendo, al marchio Negroni l’attuale comunicazione?

Se non ricordo male quella campagna di dieci anni fa l’aveva fatta Armando Testa. Ma perchè mi devono sempre piacere le campagne fatte da Testa? L’ultima campagna Carmencita di Lavazza sfrutta anche l’effetto “operazione nostalgia”, però è stata una campagna che aveva un senso indipendentemente dal fatto che uno conoscesse/ricordasse i film di Carosello (come si combini con il posizionamento della marca Lavazza in generale è un altro discorso).

Concludo con una annotazione molto specialistica: nl 1984 il salumificio Levoni aveva un annuncio stampa disegnato che si chiamava “Fame da lupi”. E’ vero che io in Levoni ci ho lavorato e quindi per me è più facile e sono poi sicuro che sia i creativi dell’agenzia che il (relativamente) nuovo management di Negroni l’abbiano mai visto, però ….. .

Senza rancore.

Kotler marketing for results n.3

“Lo que se hace de noche, de dia se vè”. L’ultimo post l’ho scritto a serata inoltrata e si vedeva. Partendo comunque da dove avevo lasciato ecco un’altra citazione di Kotler dal covegno: “Il ruolo del marketing è guidare una crescita redditizia liberando conoscenza del consumatore (in originale “unlocking consumer insight“).

A parte che non sono sicuro di saper definire e spiegare appieno il termine “consumer insight“, quando l’ho sentito mi ha fatto venire in mente un articolo apparso su “Marketing News” (quindicinale dell’American Marketing Association) un paio di anni fa dove si legava la crisi del ruolo del marketing alla crisi della capacità della ricerca di marketing di fornire informazioni rilevanti ed originali sul consumatore, in grado di fornire vantaggi competitivi per lo sviluppo di strategie di successo.

In altre parole la funzione (o gli istituti) di ricerca di marketing continua ad utilizzare vecchi strumenti ed approcci, mentre il consumatore-cittadino è diventato molto meno genuino a furia di essere esposto a tecniche di marketing (provate a fare un focus group a Milano con dei giovani adulti senza che nessuno abbia mai partecipato prima ad un gruppo).

Per superare questi limiti la ricerca di marketing si sta rivolgendo alle tecniche etnografiche di semplice osservazione dei consumatori nel loro ambiente naturale (tipo quello che facevamo per l’esame di Costruzioni all’Università quando passavamo le ore a guardare le registrazioni delle videocamere messe nelle stalle per capire come impattavano le diverse soluzioni abitative nel comportamento degli animali) e alla neurofisiologia (che è poi sempre osservare, solo più in profondità).

Senza voler oggi approfondire l’affascinante mondo degli animali (bipedi o quadrupedi che siano), la domanda è perchè è così importante approfondire la conoscenza del comportamento del consumatore?

Perchè siamo arrivati al marketing 3.0 (non è che Kotler ha detto solo cose sapute o risapute):
- marketing 1.0: punta al CERVELLO e cerca di vendere i prodotti/servizi su base razionale;
- marketing 2.0: AGGIUNGE (i plus diventano must, non spariscono) il CUORE per vendere i prodotti/servizi anche con le emozioni;
- marketing 3.0: AGGIUNGE l’ ANIMA per vendere i prodotti/servizi anche sulla base dei sentimenti;

Dovendo metterci l’anima diventa tutto un po’ complicato (non solo la ricerca).

Però oggi è già abbastanza tardi, quindi chiudo rispondendo a chi mi ha chiesto se mi sono fatto la foto con Kotler: certo!!!
dsc_0044.JPG
dsc_0043.jpg

Kotler marketing for result n.2

Seconda puntata dai miei appunti del convegno che alle prima 3 righe riportano:
“oggi l’azienda non tenta di concludere vendite ma di creare consumatori”;
“c’è correlazione tra quanto le aziende/marche sono amate e la loro redditività”;
“le aziende più amate spendono meno in pubblicità delle altre perchè la pubblicità la fanno i consumatori”.

A parte che non crederò mai che il marketing o l’azienda possa creare mercati o consumatori nemmeno se lo sento dire da Kotler, è (credo perchè il libro non l’ho letto) il concetto di lovemarks formalizzato da Kevin Roberts, CEO Worldwide of Saatchi & Saatchi.

Il fatto che spendano meno in pubblicità però non mi sembra particolarmente rilevante (visto che non lavoro per un’agenzia, ne per un centro media). La vera questione è se spendono meno in comunicazione e questo non mi sentirei di sottoscriverlo perchè per essere amate queste aziende spendono molto in PR.

Il buon Domenico dopo aver letto il post precedente sul convegno concorda nella perdita di strategicità del marketing di fronte all’evidenza che l’attività di ufficio stampa si sta spostando sempre più spesso dalla responsabilità dell’Alta Direzione a quella del marketing. Io credo però che questo non significhi necessariamente perdita di strategicità quanto spostamente dell’uso delle PR dalla comunicazione istituzionale o corporate a quella di marca.

Che si tratti di comunicazione on line, guerrilla o PR classiche è solamente, permettetemi, un tecnicismo. L’essenza è che la necessità di aumentare la RILEVANZA del messaggio ha spostato risorse verso le fonti di comunicazione intrinsecamente più credibili.

Per quanto autorevole sia la fonte (e come massimo dell’autorevolezza non ho problemi ad indicare il peer-to-peer) l’efficacia dipenderà sempre dal contenuto e per determinare la validità dei contenuti è cruciale il “consumer insight”, definito da Kotler “the new word in today marketing”.

Ma di questo ne parliamo alla prossima puntata.

Buona notte.

Kotler marketing for result n.1

Come ho annunciato nell’ultimo post, venerdì sono stato al convegno del Kotler a Milano (certo che mi sono fatto la foto, però non ho portato la mia edizione canadese di marketing management per farmela autografare e non ho nemmeno comprato uno dei testi in vendita al convegno).

Comincio oggi una serie di post su quello che ho sentito e visto (forse a Kotler ed ai Signori dell’ISEM questo non piacerà moltissimo, ma così è la rete bellezza).

Comincio in modo un po’ autocelebrativo perchè all’inizio del convegno kotler ha spiegato il concetto del Net Promoter Score e tutti giù a prendere appunti, quando a volte basterebbe leggere i blog giusti.

Ringalluzzito da questo esordio e seguendo il mio spirito di Provolino (metto un link per chi non fosse abbastanza diversamente giovane da saper di cosa parlo) ho approfittao della possibilità di porre domande scritte per chiedere al Kotler la domanda che sta all’origine di questo blog: è vero che il dipartimento marketing negli ultimi anni ha perso peso all’interno dell’azienda diventando una funsione più tattica e meno strategica? In altre parole è vero che il processo di adozione del concetto di marketing da parte delle aziende sta regredendo oppure è solo una mia errata percezione? E se è vero perchè?

Il buon prof. Kotler durante il pranzo si è guardato le domande presentate nelle mattinata (chissà se ha digerito) e la prima a cui ha risposto è stata proprio la mia (emoziooone) dicendo che:
- è vero che il marketing sta perdendo importanza perchè si è passati da una situazione di eccesso di domanda ad una di carenza di consumatori;
- è vero che sta diventando sempre più tattico e sempre meno strategico perchè la riduzione dei budget ha portato ad utilizzare la marketing come funzione di supporto alle vendite più che mai.

Ossia Kotler ha detto in sintesi quello che io scritto nel primo post di questo blog.

Poi però siccome lui è lui ed io sono io ha aggiunto uno spunto interessante: per evitare che il marketing si schiacci troppo sulle tattiche con tutti i problemi che questo implica (rileggetevi il mio del 26 marzo 2007) conviene suddivedere il dipartimento marketing, dedicando l’80% delle risorse al downstream marketing (promozioni, campagne, folders, ecc.) ed il 20% all’upstream marketing (cosa succederà nei prossimi 5 anni e cosa possiamo fare per affrontarlo al meglio).

Aggiungo io che se il vostro dipartimento marketing non è così numeroso, si può sempre allocare il tempo delle poche persone in base a questo criterio.

In chiusura del convegno ha mostrato la classica diapo di “Take Aways” ed il primo punto era Marketing skills must be enhanced in the organization, aggiungendo la raccomandazione suggerita dalla domanda di apertura del pomeriggio di tornare a pensare più in termini strategici perchè stiamo diventando troppo tattici.

Cos’altro potrei dire di più?

Disneyland Milano

Per la serie ecchìsenefrega domani vado al convegmo di Kotler a Milano bene sapendo, anche se non voelvo ammeterlo esplicitamente, che è più per la curiosità di vedere l’uomo prima che l’età lo tenga distante dai viaggi intercontinentali che per quello di nuovo (???) che può dire.

Il bello invece è che invece l’organizzazione è ben cosciente che questa è una delle motivazioni alla partecipazione perchè il programma riporta espressamente che durante le due pause caffè è prevista la foto con lui.

Philip Kotler come Topolino?

Comprereste un blog usato da quest’uomo?

immag040.jpgLa scorsa settimana sono riuscito a trovare il tempo di leggere il numero di gennaio/febbraio 2007 di Marketing Management ed ho avuto l’ennesima dimostrazione che se riuscissi a ritagliarmi il tempo per leggere le riviste che mi arrivano sarebbe tutto tempo guadagnato.

Quel numero di Marketing Management era centrato sul NET PROMOTER SCORE, concetto che avevo trovato su un articolo della Bain & Company su un numero di Beverage di inizio anno e che è stato descritto per la prima volta da Fred Reichheld nel 2003 (sono indietro solo di 4 anni).

In sintesi il NPS è un indicatore costruito in base alle risposte su una scala da 1 (minimo) a 10 (massimo) ad un unica domanda: “Raccomandereste la marca X ad un amico?”. I consumatori che indicano 9 e 10 si considerano promotori della marca, quelli tra 7 e 8 sono passivi e quelli che indicano da 6 in giù sono detrattori.

Il NPS è la differenza tra la % di promotori – quella di detrattori.

Il vantaggio del NPS evidenziato da Bain è la sua forte correlazione con la crescita delle marche, confermata in un elevato numero di situazioni empiriche. Questa forza del NPS viene ricondotta alla sua capacità di esprimere il livello di fedeltà dei consumatori, ma non andrei a rovinare l’elegante leggerezza della semplicità empirica di un fenomeno complesso appesantendola con dubbiose speculazioni teoriche.

Quello che conta è che il buon Sig. Reichheld dice: se siete interessati a perseguire la crescita della vostra azienda, potete fare a meno di spendere tempo e soldi in complesse ricerche di mercato (almeno quelle quantitive) e concentrarvi su quell’unica domanda.

Non credo serva spiegare le implicazioni di questo approccio nella pratica del marketing in generale e nell’industria delle ricerche di mercato in particolare.

Ora su Marketing Management il NPS viene sottoposto ad un’analisi critica (come è normale per un concetto che è in giro da 4 anni) che parte sostanzialmente dal presupposto che i fenomeni complessi i comprendono meglio con indici multipli (tesi così logica da essere difficilmente refutabile).

Il problema è che poi per creare questi indici multipli è necessario analizzare una serie di comportamenti (comportamenti di acquisto e consumo nel tempo, analisi di correlazione tra gli indicatori delle ricerche e i risultati del business, ecc..) che non sono solo molto difficili da misurare, ma che richiedono anche un periodo di validazione tale che per quando sono stati identificati il mercato è già cambiato. Senza contare il rischio di una loro limitata validità nello spazio (geografico, non il cosmo) che riducono la loro utilità nello sviluppo di strategie nazionali perfino in Italia.

Alla fin fine mi sono convinto che mi convenga comunque misurare con una certa periodicità il mio NPS per sapere in sintesi come e dove sto andando e poi, se serve approfondire le motivazioni.

Concludo con una nota a margine: il NPS è un tipico indicatore da tenere nella propria marketing dashboard: tra quanti sanno cos’è sta roba, conoscete qualcuno che la usi?