Il re è nudo (ma non l’ho spogliato io)

Premessa n. 1: sono un bevitore recente ed occasionale di caffè, di fatto lo bevo solo al bar.
Premessa n. 2: più passano gli anni e meno sopporto i rumori inutili.
Premessa n. 3: la sensibilità delle persone ai temi ambientali è un atteggiamento oramai consolidato.
Premessa n. 4: un giorno ho sentito dire che per non perdere una buona battuta può valere la pena di perdere un’amicizia. non sono d’accordo, meno che meno quando invece di una battuta si tratta di un post.

Spero quindi che i miei amici e conoscenti che lavorano nell’industria del caffè non se la prendano per quello che sto per scrivere.

Poco più di un mese fa in ufficio prima di una riunione sono stati preparati di seguito svariatti caffè da una, oramai classica, macchina a capsule. Il fastidio, vedi premessa 2, mi ha fatto pensare all’evoluzione dalla moka – capsula – cialda ed al progressivo inquinamento ambientale (compreso quello acustico) che ha implicato.

Evidentemente non sono stato nè il primo nè l’unico a porsi questa domanda ed infatti se mettete in un motore di ricerca “impatto ambientale capsule caffè” trovate un po’ di siti e blog dove si sottolinea l’ecoincompatibilità delle capsule rispetto alle cialde, per non parlare della moka con il suo ridotto consumo energetico rispetto alle macchine per l’espresso casalingo.

Tra l’altro vengono citate le esperienze di “Vergnano 1882″ e “7 gr.” (possibile sia ancora così diffuso e frequente l’errore di indicare i grammi con la sigla “gr.” invece del simbolo “g”?) che commercializzano esclusivamente le cialde proprio puntando sulla loro eco-compatibilità.

Ho trovato anche un intervento del 2008 di Andrea Illy che, non senza un certo coraggio imprenditoriale, sottolinea come le capsule in plastica ed alluminio siano il non plus ultra dell’eco-compatibilità in quanto materiali perfettamente riciclabili. I commenti al post però tendono, giustamente, ad impallinarlo. Ricordo che il concetto di sostenibilità ambientale si base sulla pratica delle 3R: RIDUCI, RIUSA, RICICLA.

La cosa è tanto più sorprendente se si pensa che Illy fu l’ideatore del sistema E.S.E. (Easy serving Espresso) in cialde totalmente biodegradabili e lo liberalizzò dando origine al consorzio E.S.E. proprio con l’obiettivo di favorirne la diffusione sia tra i produttori che tra i produttori di macchine. Un grande esempio di co-opetizione con l’obiettivo di favorire ed accellerare la crescita di un nuovo mercato più che di escludere i concorrenti; in altre parole meglio giorcarsi una quota piccola di un mercato grande che una quota grande di un mercato piccolo.

Eppure negli ultimi anni anche illy è passata alle capsule che funzione su macchine “brand specifiche” per cui una volta scelta la macchina Illy, il consumatore non potra utilizzare altre marche di caffè (stessa politica seguita da Lavazza, Nespresso, ecc..).

Cos’è successo? Partendo dal presupposto che le capsule permettono di ottenere un espresso migliore, i produttori di caffè hanno valutato che tra la coscenza ed il piacere, il consumatore sceglierà quest’ultimo. Tanti anni fa nel risolvere un caso aziendale che riguardava la catena di supermercati americani Giant Food ho detto che le persone vogliono essere trattati da cittadini, me quando si trovano nel momento dell’acquisto si comportano da consumatori.

Però era, appunto, tanti anni fa ed oggi mi chiedo: fino a quando?

Vedo e stupisco

Premesso che una delle PRE-condizioni (quindi necessaria, ma non sufficiente) del successo di una strategia di marketing è la sua coerenza interna, vedo sul giornale la pubblicità della “Giornata Nazionale per la Promozione della LETTURA” e stupisco.

Stupisco perchè si tratta di una campagna realizzata da librai ed editori a favore dell’uso (se non vogliamo dire acquisto) dei libri.

Perchè secondo loro chi usa internet (il Grande Satana dell’editoria) cosa fa, guarda le figure?

Mia frase del giorno

In un delirio di onnipotenza ho deciso che comincerò a pubblicare sul blog le frasi/concetti più significativi che mi vengono in mente (così non me li dimentico).
Non solo, anche per queste farò un’archivio consultabile sulla barra di destra. Poichè fare questa cosa senza mandare a remengo il blog raggiunge il picco di onnipotenza che sono in grado di sopportare, la prima frase la prendo da La chiave a stella di Primo Levi (tramite il supplemento TTL de “La Stampa”):
“… ma forse il tipo di libertà più accessibile, più goduto soggetivamente, e più utile al consorzio umano, coincide con l’essere competenti nel proprio lavoro, e quindi nel provare piacere a svolgerlo”.
Aggiungo una domanda: a quanti viene impedito di provare piacere nel svolgere il proprio lavoro per come questo viene gestito dall’organizzazione a cui appartengono?
Buon I maggio in ritardo.