Natale hic et nunc

Negli ultimi giorni sono stato parecchio defedato (niente di grave, solo un forte raffreddore che però mi ha esaurito le poche forze che rimanevano).

Adesso arrivano le vacanze natalizie e me andrò via fino al 5 di gennaio. Probabilmente anche biscomarketing resterà chiuso in questo periodo.

Come cartolina di Natale lascio questa vignetta di Mafalda (se sto violando un copyright spero almeno che qualche giovine che non conosce Quino sia incuriosito a leggerlo).

Ditemi voi se non è la raffigurazione del web 2.0, sarà per questo che ogni tanto mi gira la testa? Oppure è il raffreddore? Comunque non c’è niente da fare: come futurologi nessuno batte i poeti, e se non ci credete guardate questo (brutto) articolo su un vecchio racconto di Buzzati. O meglio ancora leggetevi il libro.

Allora auguro a tutti di passare un Natale di serenità, vivendo l’attimo presente.

Arrivederci al 2011.

Ritmo e melodia del marketing

Citazione 1: “…. troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante…. ” (Mogol-Battisti).
Citazione 2: “Specificità del marketing moderno è la (parziale) perdita dei controllo (del contesto) della marca” (io, forse o forse l’ho letto/sentito da qualche parte).

Storiella di spunto del post.
Lunedì 6 dicembre sono partito da Venezia via Francoforte per andare ad incontrarmi con il nostro agente in Canada. Arrivo previsto a Toronto ore 19:45 locali di lunedì 6/12, partenza prevista da Toronto ore 17:30 locali di mercoledì 8/12 (è per quello che si chiamano viaggi di lavoro).
Purtroppo però il volo da Venezia è partito con ritardo, causa ritardato arrivo dell’aeromobile, quel tanto che è bastato per farmi correre all’imbarco arrivando 5 minuti prima della partenza prevista del volo e scoprire che non avevano aspettato i passeggeri in transito. Alle mie lamentele sul fatto che non mi era mai capitata una cosa così idiota in tanti anni in giro per gli aeroporti, l’hostess Lufthansa che mi prenotava sul primo volo del mattino dopo mi ha risposto seriamente che non potevano aspettare perchè per la loro compagnia la puntualità è la prima cosa. Almeno quando gli ho riso in faccia non se l’è presa, forse perchè il passeggero allo sportello di fianco con il mio stesso problema stava trattando la sua collega con dei toni ben peggiori del sarcasmo.
Qual’è il punto? Il punto è che sempre più spesso noto negli approcci delle aziende alla gestione delle marche un’eccessiva fissità, che in buona parte riconduco alla solita marginalizzazione del marketing.
Mi spiego meglio: si è passati da un concetto secondo il quale il marketing era troppo importante per lasciarlo in mano agli uffici marketing (verissimo) intendendo con questo che la cultura di marketing doveva essere patrimonio di tutti, ad un concetto secondo il quale il marketing deve rispondere alle esigenze che provengono dai clienti compatibilmente con quelle della redditività attesa.
Peccato che le esigenze dei clienti abbiano poco a vedere con la gestione del valore di una marca nel medio periodo e che le funzioni vendite vendite e finanza (oltre ahimè sempre più spesso alla funzione marketing) non abbiano l’approccio è le competenze per identificare i tratti essenziali e caratterizzanti del posizionamento. Il risultato quindi è che ci si immobilizza sulle forme enunciate e non sui valori sottostanti, come è successo alla hostess Lufthansa.
Faccio un esempio (noto che mi esprimo sempre più per metafore, la volta che comincio con le parabole qualcuno mi fermi per cortesia): chiunque sia stato almeno 5 minuti al timone di una barca a vela sa che per andare dritti la barra del timone non può stare ferma, ma va continuamente regolata per compensare i movimenti imposti alla barca dalle onde e dal vento. Il marketing ha (dovrebbe avere) le competenze per far andare il più velocemente (efficacemente) possibile la barca lungo la rotta decisa dal capitano, ma sempre più spesso nella gestione democratica del marketing viene deciso di fissare il timone in un punto, confondendo l’immobilismo con la coerenza. Il risultato è che poi non si arriva dove previsto.

Perchè il titolo? Perchè in un primo tempo pensavo di usare la metafora del ritmo e della melodia, dicendo che l’importante per la coerenza della marca è che si riconosca la seconda anche cambiando il primo. Però la mia conoscenza della musica, tanto teorica come pratica, è talmente scadente che non sono riuscito ad essere convinto del paragone neanche dopo aver studiato Wikipedia. Ho quindi preferito evitare di dire castronerie.
Se però c’è qualche musicista tra il pubblico, mi piacerebbe mi spiegasse meglio i due concetti.

Saranno famosi?

Chissà se nell’era del web e dei social media Saint Exupery (sì quello del Piccolo Principe) giudicherebbe ancora “metafisica da portinaie” la questione pirandelliana dell’identità. Io una tempo avevo trovato illuminante la definizione del primo, ma oggi ho qualche dubbio sull’attualità del secondo.
Perchè questo incipit da tema del liceo? Perchè domani alle 8:30 di mattina, con replica alle 18:30 per i meno mattinieri, va in onda nel programma Casa Alice del canale Alice di SKY (il numero del canale non lo so) l’intervista che mi hanno fatto sul premio “Santa Margherita Esploratori del Gusto” nel ruolo di Direttore Marketing di Santa Margherita, appunto.
Massimo del narcisismo: siccome domani parto per il Canada ed alle 8:30 sarò eccezionalmente ancora a casa, mi guarderò. Speriamo bene perchè dopo la foto su Gente a fianco di Al Bano, punto a sfondare nel target delle massaie (che secondo la direzione commerciale di SKY esistono ancora con mio sommo stupore).

Oscar Farinetti: stupor mundi

L’altro giorno ho ricevuto una risposta personale al mio post sulla campagna radio fatta dall PAM. Anche se l’intenzione di scrivermi personalmente invece di postare un commento mi pare fosse quella di non sparare sulla croce rossa, credo (spero) non se ne abbia a male se riporto parte della sua mail: .…. ma c’è una situazione in questo settore (della distribuzione N.d.A.) che definire drammatica è dir poco.
C’è una battaglia sul prezzo pazzesca, c’è il problema della terza settimana, ci sono competitor che entrano da un giorno all’altro.
E ti assicuro che di fronte ad una situazione del genere non si riesce più a farli ragionare: sono come impazziti, rapiti nel vortice di promozioni, sconti e buoni spesa, pronti a tradire posizionamenti e format pur di far quadrare i fatturati.
Il risultato sarà che qualcuno alla fine salterà e che si apriranno nuove opportunità per chi le saprà cogliere, mettendo in crisi le “vecchie” insegne.

Tutto vero, tutto giusto, tutto condivisibile, P E R O’ poi viene fuori Oscar Farinetti che apre Eatily con posizionamento forte basato su una chiara promessa di valore per un determinato target (che in questo caso è tutti i segmenti di consumo) e tutti rimangono a bocca aperta. E poi tutti i concorrenti lì a trovare scuse, …. è amico di Petrini, …. è proprietario delle cantine, ecc…, per giustificarsi di non averlo fatto (anche) loro.

Ma la cosa interessante è capire cosa ha in più Farinetti per ottenere i successi che ottiene.

Secondo me Farinetti ha più testa e più cuore (manca solo la coda e poi abbiamo rifatto il Carosello della grappa Piave).
Più testa nel senso che ha l’acume, le conoscenze e la creatività per pernsare e formulare della proposte di valore inovvative e rilevanti per ampie fasce di persone. Il buon vecchio marketing strategico. Il bello è che l’innovatività della proposta non sta tanto nei singoli elementi che la compongono, che in buona parte sono già presenti in modo sparso sul mercato, ma nel fatto di metterli e nel modo in cui vengono collegati. In parole povere nel pensiero che ci sta dietro, cosicchè il valore per i consumatori sta innanzitutto nel pensiero di base, di cui i servizi che gli vengono offerti (ribadisco una volta di più che nessuno compra mai prodotti, ma sempre servizi) sono la “semplice” concretizzazione. Il buon vecchio marketing strategico
Coem scrivevo in un mio vecchio post il concetto di “unique selling proposition” è spesso sopravvalutato perchè nella maggioranza dei settori è talmente difficile da rischiare di portare l’azienda ad inseguire chimere irragiungibili. Quello che fa Farinetti è sviluppare una “best selling proposition”, inserendo alcuni elementi di novità in quella che è sostanzialmente una nuova, e più ampia, combinazione di elementi esistenti.
Il pensiero però non basta senza l’azione e qui Farinetti dimostra più cuore della maggioranza dei suoi concorrenti perchè ha il coraggio di credere nella bontà della sua proposta, anche se questa esce dai canoni classici dei settori in cui opera. Crederci davvero significa alimentarla con le risorse necessarie avendo la fiducia che queste verranno ripagate e realizzarla con disciplina, coerenza e costanza, in modo da far crescere sempre di più nel tempo la propria credibilità. in altre parole rifuggire i compromessi che potrebbero (dare l’impressione di) prendere in giro le persone.

Non è niente di complicato, ma la realtà di tutti i giorni dimostra quanto sia difficile.

Ecco perchè quando l’ho visto alla presentazione delle Guide de L’Espresso a Firenze lo scorso ottobre, mi sono tolto il cappello e sono andato a fargli i miei più sinceri complimenti.