The CEO’s Marketing Manifesto

Come promesso eccomi di nuvo qui dopo un po (poche) ferie e parecchio lavoro nuovo.
Purtroppo non sono riuscito a dedicare molto tempo alle letture di marketing durante queste ferie, quindi continuo ad approfittare delle letture fatte a giugno del numero di novembre-dicembre 2008 di Marketing Management.
Oltre a quello sul marketing democratico c’era un interessantissimo articolo con il titolo di questo post, che contiene, circostanziandole, parecchie conferme al tema di fondo di questo blog e diversi spunti di sviluppo.
Ecco la sintesi fatta pescando dalle mie sottolineature a margine.
Già nel 2001 uno studio sulle aziende che compongono il FTSE 100 index (circa l’80% della capitalizzazione della borsa di Londra) rilevava come solamente 13 amministratori delegati avessero un background di marketing, contro 26 che provenivano dalla finanza. Il numero di A.D. provenienti dal marketing era diminuito negli ultimi tre anni ed anche nella aziende che operavano nei beni di consumo gli A.D. con provenienza dalla finanza superavano quelli di provenienza dal marketing.
Questo ha provocato un declino del peso del marketing a livello di comitati di direzione, tanto che nel 2008 si stimava che il tempo dedicato al marketing durante le riunioni dell’alta direzione si aggirava intorno al 10%
Come dire: il declino del marketing nella definizione delle strategie aziendali non è solo un amia impressione.
La cosa curiosa è che conteporaneamente alla perdita di importanza della FUNZIONE MARKETING, l’importanza del marketing come approccio strategico non è assolutamente messa in discussione.
La vecchia storia che la creazione di valore per i propri clienti può realizzarsi davvero solamente integrando l’attività delle funzioni aziendali. Cosa tanto più vera tenuto conto dei cambiamenti in atto nelle aziende:
1) approccio organizzativo ed operativo basato più sui processi che sulle funzioni.
2) da strutture gerarchiche a gruppi di lavoro.
3) da partnership a transazione a “portata di mano” (“arms-length” nell’originale inglese) con fornitori e distributori.
Ergo le aziende (gli A.D., perchè alla fin fine le aziende sono fatte di persone e funzionano attraverso queste) terrenna in considerazione solamente iniziative che siano strategiche, interfunzionali ed orientate al risultato. Ho già detto tante volte in questo blog che la funzione (le persone) naturalmente più indicate per formazione, approccio e posizione all’interno dell’azienda è il marketing (ovviamente quello fatto bene).
Come fare a mettere in piedi iniziative di questo tipo?
1) da segmenti di mercato a segmenti strategici.
2) da vendere prodotti a fornire soluzioni.
3) dai canali distributivi in declino a quelli in crescita.
4) da bulddozer di marca (“branded buldozzer” in inglese) a partner globali delle catene distributive.
5) soprattutto da essere guidati dal mercato (“market-driven” a guidare il mercato (“market driving”) attraverso vera e significativa (per il cliente) innovazione.

Il nodo del punto 5 è l’equilibrio tra soddisfare meglio le richieste attuali dei clienti attraverso i processi guidati dal mercato e soddisfare nuove/latenti richieste attarverso processi di guida del mercato, senza essere troppo avanti rispetto ai clienti. Anche se ho il dubbio che oggi come oggi il rischio di essere troppo avanti sia minimo, se anche questo può significare delle inefficenze nel breve (quindi risultati economici inferiori a quelli che si avrebbero con un equilibrio più spostato sul presente), nel medio-lungo sar à sicuramente vantaggiose grazie alla differenziazione che creata dall’innovazione, sia in termini oggettivi che di percezione. L’esempio Apple è anche troppo banale.
Diventa quindi necessario attivare degli indicatori che misurino la salute dell’azienda nel futuro da affiancare a quelli tradizionalmente utilizzati per misurare la salute dell’azienda nel presente (vendite e profittabilità). Indicatori legati alla brand equity, alla fedeltà dei clienti ed alla loro soddisfazione. Io ci agggiungerei anche alla propensione all’acquisto dei prodotti della marca/azienda.

L’articolo conclude indicando che gli A.D. hanno bisogno di managers che pre-VEDANO il futuro piuttosto che conoscano i meccanismi causa-effetto (“foresight vs. insight” nell’originale inglese), di INNOVATORI e non di tattici, di STRATEGHI DI MERCATO e non pianificatori di mercato (“market strategists vs. marketing planners” nell’originale inglese).
In altre parole i professionisti di marketing devono imparare a condurre con un’immaginazione guidata dalla conoscenza del consumatore-cliente e non basarsi sulle previsioni delle ricerche di mercato.
Detto con parole mie aggiungendo una piccola postilla alla serie dei post sulle ricerche di mercato, le ricerche di mercato sono uno strumento analitico, non deterministico.
Detto in un altro modo ancora, che forse ho letto da qualche parte, ma non mi ricordo dove: tutto quello che viene fatto è stato prima immaginato.
Concludo io ricordando che un po’ di tempo fa in un post dicevo che probababilmente il marketing del futuro è quello fatto dai BRICS. A chi mi chiedeva di che tipo di marketing si trattava ho risposto che non lo sapevo perchè non ho frequentato abbastanza quei Paesi (ok qualche pista ce l’avevo, abbastanza per accendere una spia, ma non per mettere niente nero su bianco). Forse adesso un inizio di risposta ce l’ho perchè l’autore dell’articolo è il prof Nirmalya Kumar, indiano che insegna alla London Business School.