BRICS o neuroscienza?

Il blog era fermo da un po’ per una serie di motivi:
- sensazione di aver già detto tutto e di potersi solo ripetere,
- mancanza di tempo per leggere i nuovi numeri di “Marketing Management” e “Marketing News” che danno sempre qualche stimolo (sono indietro di 8-9 mesi),
- la voglio di uscire da questo cul de sac di interventi densi, ricchi e strategicamente pregnanti, senza riuscirci (sono anche sparite le frasi del giorno dell’AMA che alleggerivano sia la lettura che la scrittura del blog),
- l’ovvia mancanza di tempo legata all’impegno del lavoro (chi passa al Vinitaly traverà parecchie novità sia in termini di packaging che di nuovi prodotti)
- un paio di viaggi di lavoro che mi hanno portato nel giro di una settimana a passare dai +30 di Rio de Janeiro ai -30 di Mosca. Due dei famosi paesi brics.

Poichè qualche mese fa segnalavo che porbabilmente il marketing del futuro sarà quello che si fa nei paesi in crescita, oggi voglio raccogliere le idee e riportare le mie impressioni su Brasile e Russia. Ero però in dubbio se affrontare questo argomento oppure se parlare di neuroscenze perchè ho letto alcuni articoli sugli affascinanti sviluppi che sta facendo questa disciplina. Se non mi dimentico i punti salienti (visto che non ho conservato copia), magari ne parlo la prossima volta.

Veniamo al marketing in Brasile e Russia.

In realtà non ho visto niente che mi abbia colpito in modo particolare, nessun “wow effect”. E questo un po’ mi preoccupa perchè temo che sia dovuto più alla mia pigrizia (stanchezza) mentale, che all’effettiva mancanza di novità.
Però soffermandosi ad analizzare le cose alcune peculiarità forse ci sono:
- naturale utilizzo del web per ridurre i costi. In Russia tutti hanno l’account skype sul biglietto da visita. Non c’è l’ossessione alla sicurezza dei dati che si trova nelle aziende italiane (superficalità o consapevolezza che non esiste più niente di segreto), quindi massimo utilizzo di tutte le possibilità gratuite offerte dal web.
- velocità nella gestione. Questo probabilmente è legato al quanto detto sopra ma è possibile soprattutto perchè le persone hanno potere e/o capacità decisionale sulle questioni di cui parlano. Non ho mai sentito il concetto di “analizziamo e poi ci risentiamo”, ho hanno fatto l’analisi prima oppure preferiscono comunque il learning by doing al cincischiare. Dico cincischiare perchè spesso nelle nostre aziende (cosa comune al nuovo mondo) quello che manca non è tanto una definizione del quadro della situazione quanto la volontà/capacità di decidere. C’è sempre qualcuno ad un livello superiore con cui bisogna confrontarsi o riferire. In Brasile e Russia la velocità nasce innanzitutto dall’empowerment delle persone ai diversi livelli gerarchici. Dopodichè se non rispondete entro un giorno è probabile che vi arrivi un sollecito (o peggio che vi considerino troppo lenti).
- elevato livello di servizio. Tanto a Rio come a Mosca è assolutamente normale che i negozi (non solo supermercati) abbiano lunghi orari di apertura, le 24 non sono una cosa così strana, come pure i ristoranti permettono di mangiare sostanzialmente ad ogni ora. Le attività sono sostanzialmente organizzate in funzione dei clienti che ne usufruiscono (o possono usufruire). Magari sarà dovuto al fatto che il cle nuove costo del lavoro è basso, però questo è possibile anche per il numero elevato di dipendenti rispetto agli standard dei paesi occidentali e quindi la limitata automatizzazione dei rapporti interpersonali.
- la semplictà della comunicazione pubblicitaria, basata su elementi tangibili o di status evidenti. Potrebbe ricondursi ad un società più giovane ed “ingenua” rispetto ai meccanismi della comunicazione di massa, però prima di liquidarla così sarei curioso di capire cosa si può imparare dalle scoperte sul funzionamento del cervello.

Altre impressioni più di colore, ma con le loro belle implicazioni di marketing:
- il costo della vita, almeno nelle due metropoli dove sono stato io, è a livelli europei. Il mio personale indicatore del costo della vita a Rio è il prezzo del coco gelado comprato in spiaggia. Dal costo di 1 real del 2005 si è passati ai 4 di oggi, aggiungeteci che il cambio è passato da 3 real per 1 euro a 2 real per un euro ….
- il traffico è a livelli statunitensi con due implicazioni: lo smog e le lunghe ore passate in macchina. Credo quindi si possa prevedere un aumento della domanda di prodotti e/o soluzioni ecologiche, modalità organizzative che riducano la necessità di spostarsi fisicamente (dalla periferia al centro della città, tanto a Rio come a Mosca, si calcola 1 – 1:30 ore) ed una crescente efficacia della radio tra i mezzi di comunicazione.
- lo stile italiano nel design, moda ed agroalimentare continua ad essere ammirato ed ad entrare sempre più nel quotidiano. Speriamo solo che a furia di guardare in maniera preponderante all’estero non perdiamo la nostra identità, che è proprio quello che ci rende interessanti.

Chiudo con una nota demografica: la popolazione del Brasile è 190 milioni di abitanti, quella russa è 143 milioni di abitanti e quella italiana è di 60 milioni di abtanti.
La percentuale di quelli che hanno 0-14 anni in Brasile è il 27%, in Russia il 15% ed in Italia il 13,5%.
La percentuale di quelli che hanno più di 65 anni è il 6% in Brasile, il 13% in Russia ed il 20% in Italia.

Sarà per questo che a Mosca quando non si trova un taxi, uno alza la mano e nel giro di un minuto si ferma qualche privato cittadino disposto a farti da taxista (i più sgamati definiscono il prezzo prima di arrivare a destinazione). Dal punto di vista legale non sarà il massimo e sconsigliano di farlo se si è da soli, non si sa mai dove ti possono portare, però per uno che viene dall’Italia, unico paese al mondo dove i taxi non circolano, è uno sconvolgente indicatore di dinamicità ed intraprendenza.

“IL VINO SI FA CON L’UVA: valorizzare il viticoltore per valorizzare il vino italiano.” Convegno al prossimo Vinitaly.

Come blogger ogni tanto mi arrivano dalle agenzie di digital PR segnalazioni di diverse iniziative. La forma è simpatica e colloquiale, come se ci conoscessimo, cosa che non è quasi mai, ma la sostanza non differisce molto da quella di un comunicato stampa.
Questa volta il comunicato stampa me lo sono mandato da me, visto che per il prossimo Vinitaly sto seguendo l’organizzazione operativa di un convegno promosso dalla Cooperativa Vi.V.O., proprietaria dell’azienda per cui lavoro, e Vinitaly.
Credo che l’argomento possa interessare almeno una parte dei lettori di questo blog. Di seguito il testo integrale del comunicato stampa. Se vi sembra una modalità troppo arida, fate finta che sia bare bone marketing.

“IL VINO SI FA CON L’UVA: valorizzare il viticoltore per valorizzare il vino italiano.” Cantine Viticoltori Veneto Orientale e Vinitaly per discutere del ruolo della viticoltura nel sistema viti-vinicolo italiano.
La produzione dell’uva è evidentemente alla base del sistema viti-vinicolo, eppure negli ultimi anni il coinvolgimento del comparto viticolo nelle discussioni per definire le strategie di sviluppo del vino italiano è stato marginale.
Il rischio di non tenere conto delle esigenze di chi lavora in vigneto è quello trovarsi di con un settore del vino italiano che da una parte conquista quote crescenti del mercato mondiale e dall’altra vede una riduzione della disponibilità di uva. L’ultima vendemmia, quantitativamente la più bassa degli ultimi 60 anni, è sicuramente un campanello d’allarme in questo senso.
Per discutere del ruolo dei viticultori, il contributo che devono dare e le risposte che possono ricevere dagli altri comparti del sistema viti-vinicolo, Cantine Viticoltori Veneto Orientale e Vinitaly hanno organizzato un convegno in occasione del prossimo appuntamento veronese.
Martedì 27 marzo alle ore 10:30 presso la Sala Salieri del Palaexpo della Fiera si terrà il convegno dal titolo:
“IL VINO SI FA CON L’UVA: valorizzare la figura del viticoltore per migliorare la competitività del vino italiano.”
Il convegno, moderato da Lorenzo Biscontin, Direttore Generale della cantina Bosco Viticultori, vedrà la partecipazione di importanti personalità, espressione dell’intero sistema viti-vinicolo italiano:
- Maurizio Gily – Direttore Responsabile Millevigne.
- Adriano Orsi – Presidente Comitato Vitivinicolo Fedagri.
- Lucio Mastroberardino – Presidente Unione Italiana Vini.
- Stefano Graziani – Presidente Med&A.
- Marco Simonit – cofondatore della Scuola Italiana di Potatura della Vite

Cantine Viticoltori Veneto Orientale (Vi.V.O. s.a.c.) è la nuova realtà nata dalla fusione tra la Cantina di Campodipietra e la Cantine Produttori Riuniti del Veneto Orientale.
Con ben otto stabilimenti produttivi e un fatturato aggregato superiore a 30 milioni di euro, Cantine Viticoltori Veneto Orientale ha una base sociale di 2.120 soci, attivi su oltre 3.200 ettari di vigneto per un totale di oltre mezzo milione di quintali di uve prodotte annualmente.
Rappresenta quindi una delle principali cooperative vitivinicole italiane e punta a rafforzare la posizione delle cantine partecipanti nel panorama enologico nazionale ed europeo.
Cantine Viticoltori Veneto Orientale controlla anche Gruvit srl e Bosco Viticultori srl, presente in Italia ed oltre 20 mercati esteri con le etichette Vini dei Cardinali, Bosco dei Cirmioli e Villa Chiara.
Il fatturato complessivo del gruppo che fa capo a Vi.V.O. ha superato nel 2011 i 50 milioni di euro, con una crescita di oltre il 10% rispetto all’anno precedente.

L’infedeltà delle aziende: i due esempi, a caso, di Alitalia e Vodafone

Cercando di gestire il cambio di fuso, sfrutto la rete wireless della hall dell’albergo di Rio de Janeiro per scrivere questo post in modo da far passare il tempo negessario a digerire il chirrasco e poter andare a fare il bagno.
Ieri sono arrivato a Rio ed ho viaggiato Alitalia per sfruttare il diretto Roma -Rio. Anche se ai tempi sono inorridito sul concetto di salvataggio dell’Alitalia come atto di orgoglio nazionale perchè ha fatto pagare i debiti ai contribuenti invece che ad Air France ed ha ricreato il monopolio su numerose tratte, non ho mai avuto problemi a viaggiare Alitalia. Mi è sempre sembrata nella media come servizio e come puntualità, però l’esperienza di questo viaggio mi ha fatto riflettere sul concetto di fedeltà delle azinede ai loro clienti.
Lo so che di solito si parla sempre del contrario, però credo sia difficile per le aziende ottenere la fedeltà dai clienti se sono loro le prime a mettergli le corna.
Inoltre ho la sensazione che ampie fasce della popolazione abbiano sviluppato una tendenza alla fedeltà alle marche per non complicarsi una vita già molto compressa e complicata, fatte salve differenze molto nette di prezzo o servizio. Detto in altri termini credo che la percezione dei costi transazionali sia aumentata.
Dovrebbe quindi essere più facile per le aziende mantenere i propri clienti se si organizzasero di conseguenza.
Ma veniamo al caso di specie. Per vari motivi ho prenotato il viaggio in economy. Siccome essere alti 1,93 m e fare un volo di 12 ore in economy per essere poi pronti a lavorare il giorno dopo sono concetti che non stanno troppo bene insieme, ho pensato di fare l’upgrade utilizzando le miglia che ho accumulato nelgi anni.
Vado quindi sul sito Alitalia e scopro che questa operazione non si può fare on line, ma solo contattando il call center del servizio clienti. Evito di dilungarmi sulla frustrazione che genera nelle persone passare le decine di minuti al telefono seguendo le istruzione dei risponditori automatici, perchè esiste già un’ampia letteratura e tutti lo sappiamo per esperienza.
Quando riesco a aprlare con una gentile assistente, questa mi dice che non ci sono posti disponibili. Stupito penso che forse il nostro ex premier aveva ragione a dire che la crisi non è poi così grave e mi riprometto di riprovare l’operazione al momento dell’imbarco, sicuro che qualche posto si sarà liberato.
Quando arrivo al banco transiti di Fiumicino la gentile hostess di terra mi spiega che posti ce ne sono in assoluto, ma per prenotarli attraverso le miglia la disponibilità è limitata. Ad ogni modo lei non può farlo e mi dice di chiedere alla sua collega all’imbarco.
E qui incomincio a sentirmi trattato più da frequent mona che da frequent flyer. Capisco benissimo il concetto monetario cha sta alla basa di limitare la disponibilità dei biglietti premio, evitop il rischio di non poter vendere biglietti a prezzo pieno per esaurimento di posti, però in termini di rapporto con i propri clienti mi sembra un’ impostazione alquanto vampiresca. Alla fin fine le miglia me le sono guadagnate viaggiando con Alitalia secondo i termini che loro hanno stabilito, non è che mi stiano facendo un favore. Per di più a due ore dalla partenza del volo, con tutti i biglietti venduti, anche l’eventuale rischio di perdere un biglietto a prezzo pieno è oramai superato.
Vado quindi all’imbarco parto con l’ennesima gentile signorina che mi dice che è impossibile fare l’upgrade perchè loro non sono in grado di fare il conteggio delle miglia dal terminale che hanno al gate. Ma chi costruisce le piattaforme informatiche in Alitalia? E’ tanto complicato impostare una piattaforma web based che permetta operare da tutti i terminali con una connesione internet. Tra l’altro questo mi ricorda che quando ho parlato con il call center avevo chiesto di prenotarmi almeno l’uscita di emergenza e la signorina mi aveva risposto che non poteva perchè non riusciva a vedere a terminale la disposizione dell’aereo.
Quello che mi fa impazzire di tutto questo è che potevamo essere tutti contenti se solo ci fosse stato un diverso approccio culturale e organizzativo, nel senso che io sarei stato contento di spendere le mie miglia per avere il mio posto (posti liberi in business ce n’erano a iosa) e Alitalia sarebbe stata (avrebbe dovuto essere) contenta che io riducessi il mio saldo di miglia nonchè di aver soddisfatto una mia richiesta. Il tutto non avrebbe comportato alcun costo aggiuntivo.
Avrebbe forse anche evitato che il mio stato d’animo mi facesse notare un paio di cose:
- annunciano che l’aeromobile è dotata di telecamere esterne per seguire le fasi di rullaggioe di decollo. Peccato che attivino i sistemi di intrattenimento a bordo almeno 15 minuti dopo il decollo. Underdelivering la propria overpromise, delle serie stata zitti che fate più bella figura.
- io mi stavo tranquillamente ascoltando la radio quando mi hanno sparato 10 minuti di pubblicità+descrizione dei servizi di bordo (non sicurezza si noti bene) che non potevo nè spegnere nè abbassare il volume. Della serie benvenuti a bordo.
- alla fine della descrizione delle procedure di sicurezza è apparso il messaggio che le cinture di sicurezza in classe Magnifica sono dotate di un airbag automatico che si gonfia se necessario. Io ho guardato la mia normale cintura di sicurezza ed ho pensato che fin che si tratta di pagare di più per la comodità siamo nell’ambito delle libere scelte e/o possibilità, ma quando il prezzo del biglietto implica differenze sugli standard di sicurezza è un segnale che forse siamo andati troppo oltre con il turbo capitalismo.
La storia che relativa a Vodafone non riguarda me direttamente, mi è stata raccontata, ma è veramente incredibile. Il Natale scorso una persona che aveva già un abbonamento vodafone decide di passare ad un’altra tariffa, nel negozio vodafone le consigliano di disdire l’abbonamento e prendersi una prepagata di un’altro gestore per poter usufruire delle offerte dedicate ai nuovi clienti. Lei lo fa, ma l’organizzazione per attivare il nuovo abbonamento non è delle migliori ed il risultato è che sta ancora andando avanti con la prepagata dell’altro gestore. Il risultato è che l’utente è scontento perchè sta utilizzando una tariffa che non risponde alle sue asigenze e deve stare lì ogni momento a ricaricare e vodafone a perso fatturato. Tutto per una cultura che non dà la giusta importanza ai prorpi clienti e per cattiva organizzazione.
Tanti anni fa sono stato ad un seminario organizzato da Centromarco dove interveniva un professore americano che aveva appena pubblicato un libro “Loyalty” ed era rimasto stupito a scoprire che nessuno aveva ancora pubblicato un libro con questo titolo (un po’ come Leo Buscaglia con “Love”).
Nella sua ricerca aveva trovato che una delle cose che i clienti di una marca trovavano più odiose erano le offerte speciali rivolte esclusivamente ai clienti delle marche concorrenti. Loro che costituivano la base dell’esistenza della marca, trovavano ingiusto di essere trattati peggio degli “estranei”.
Alquanto logico, ma avete presente l’ultima campagna delle poste?
Domani torno domani – per quello li chiamano viaggio di lavoro – e prometto tornerò anche a a fare dei post più seri (ma un po’ di cazzeggio ogni tanto ci vuole).

Procter & Gamble entra nel XXI secolo

Non sono morto, sono solo molto occupato. Sto pagando, come molti, il fatto che l’anno lavorativo e’ iniziato il 9 gennaio e sto cercando di recuperare. Quindi quando non lavoro mi dedico al riposo piu’ totale. In attesa di tornare a post piu’ corposi, linko (sara’ ammesso il neologismo?) questa notizia sul cambio di strategia di Procter & Gamble. Notizia di assoluto rilievo se si considera che P&G viene ritenuta l’azienda che ha negli anni 50-60 del secolo scorso ha creato il marketing management come modello aziendale.