Impressioni di Vinitaly

Primo Vinitaly da Direttore Generale, quindi con meno tempo per andare in giro, ma anche con le mani molto più in pasta nella parte commerciale e organizzativa vista la dimensione della mia azienda. Ecco le mie impressioni.

BULIMIA Il cambio delle date è stata una scommessa vinta da chi in Veronafiere ci ha creduto. Forse anche perchè è nel DNA del Vinitaly quello di essere una kermesse debordante. Ogni momento una contemporaneità di convegni, dibattiti, degustazioni, eventi, manifestazioni, sezioni speciali, ecc… per soddisfare/intrattenere/incuriosire decine di migliaia di persone in giro I paragoni con Prowein o Vinexpo non hanno senso semplicemente perchè quelle sono delle fiere di settore mentre questa è una festa del vino. Una vaga idea si potrebbe avere moltiplicando per tutti i giorni della fiera e per tutti i padiglioni quello che succede al Prowein nel solo padiglione tedesco solo la domenica. Come mi ha detto l’anno scorso il giornalista inglese Robert Joseph: “amo venire al Vinitaly perchè è la festa del vino italiano”. Forse ha ragione Fiorenzo Sartore su Intravino a dire che sbagliano gli appassionati che si “ingrugnano” perchè una fiera per gli addetti ai lavori non può essere adatta a loro, ma secondo me sbagliano anche i professionisti ad ingrugnirsi per il Vinitaly è ancora una fiera fatta per gli appassionati, anche nelle intenzioni e nell’approccio di migliaia di piccoli e medi espositori.

DISASTRO Qualche mese la scossa di terremoto a Verona in orario di scuole ed uffici aperti ha fatto collassare le reti cellulari della città. Il “terremoto” del Vinitaly (soprattutto lunedì) ha avuto lo stesso effetto con grandissimi disagi per i professionisti della comunicazione, forti disagi per chi era in fiera per fare affari e (credo) limitati disagi per chi era in fiera per assaggiare i vini. L’hanno detto tutti e sono d’accordo è un problema che va risolto, secondo me dalla città, prima per se stessa che per il Vinitaly. Il problema delle telecomunicazioni è stato talmente sentito (a me un virus ha messo ko il computer sabato sera, per cui non mi è cambiato molto) che ha fatto passare in secondo quello, cronico dell’accesso e dei parcheggi, come se essere in coda da Desenzano possa rientrare nell’accettabile normalità.

CORTESIA dovendomi occupare direttamente dell’organizzazione dello stand e del convegno, quest’anno ho avuto l’occasione di vedere un po’ più da vicino la complessità dell’organizzazione di una cosa come il Vinitaly. L’ho già scritto in un tweet: i miei complimenti a tutto lo staff non solo per come funzionano le cose ma soprattutto per la disponibilità sempre e comunque (forse è per questo che funzionano?). Provate ad andare ad un banco informazioni del Prowein, ci metteranno più tempo per darvi informazioni meno precise e vi tratteranno tendenzialmente come un idiota.

COINCIDENZE quest’anno Ferrari, la più prestigiosa azienda spumantistica italiana festeggiava il 110° anniversario e per l’occasione ha rinnovato lo stand, disegnato dallo studio Robilant Associati. Il primo è il logo realizzato per l’occasione
Il secondo invece è stato realizzato lo scorso anno da un’altra agenzia per il 50° anniversario del Pinot Grigio Santa Margherita (se andate sul sito trovate anche la versioni a colori in oro e rosso):.
Ora, io dico spesso che le idee che girano in un determinato periodo sono grosso modo condivise in una specie di intelligenza collettiva, però mi è sembrata una coincidenza poco elegante. Detto in altro modo la mia valutazione del caso è la stessa che ho fatto di George W. Bush/Blair/Aznar/Berlusconi quando in occasione della guerra all’Iraq ha dichiarato: “Abbiamo fatto guerra all’Iraq perchè aveva armi di distruzione di massa”. Quando poi queste armi non si trovano (come dicevano gli ispettori ONU) i casi sono due: o eri in malafede o sei un incapace nel tuo lavoro. In ogni caso devi andartene.
Ecco io non voglio accusare nessuno di malafede gratuitamente, però un’agenzia importante come Robilant non può non aver visto l’anno scorso il logo di Santa Margherita e sceglie, anche in buona fede, di utilizzarne uno molto simile a distanza di un anno per un’azienda dello stesso settore nello stesso contesto non mi sembra il massimo dal punto di vista della comunicazione. O magari la scelta è stata del cliente; cambia la responsabilità (questione che nè mi riguarda nè mi interessa), non la mia valutazione dell’operazione. Comunque questo è un blog, non carta stampata e quindi come tale sempre aperto a chiarimenti/precisazioni/contestazioni su quello che dico.

VIGNE VECCHIE sono rimasto abbastanza sconcertato nel leggere l’intervento di Angelo Gaja sul numero del Corriere Vinicolo uscito in occasione del Vinitaly, dove sosteneva che il calo della vendemmia 2011 è dovuto (anche) al mancato rinnovo dei vigneti di cinquant’anni, Confesso che non vivo il vigneto così da vicino come lui, ma credo che la perdita di 60.000 ha di vigneto negli ultimi 5 anni stimata da Maurizio Gily nella sua relazione al nostro convegno abbia giocato un ruolo non secondario. Ad ogni modo tra Angelo Gaja che vuole il rinnovo dei vignati ed il mio amico Loris Vazzoler che dice che il problema non sono i vigneti di cinquant’anni, ma le fallanze nei vigneti di cinquant’anni io scelgo Marco Simonit quando dice che l’origine dell’originalità (o se volete l’originalità dell’origine) stra nella fusione della vite nell’ambiente. E questo avviene nel corso del tempo grazie ai sistemi di allevamento/domesticazione che tipici che permettono alla vite di durare. In altre parole le vigne vanno allevate in modo che possano diventare vecchie e le vigne vecchie valorizzate.

COPPA AMERICA Mauro Pellaschier è un velista italiano di fama e livello internazionale. Timoniere su Azzurra nella prima sfida italiana alla Coppa America ha poi partecipato a successive edizioni ed a numerosissime regate su tutti i mari del mondo. Mi ricordo di aver letto una sua intervista tanti anni fa (credo che fosse su “Bolina” ai tempi del Moro di Venezia) ed alla domanda di cosa ne pensasse di tutta l’attenzione mediatica che si era creata sul mondo della vela diventato rapidamente di moda rispose lapidario “Consiglio di parlare meno e navigare di più”. Questa frase mi è tornata in mente dopo aver vissuto 4 giorni dentro al circo (inteso anche come arena) del Vinitaly perchè alla fine tanto l’appassionato come il professionista non si ricorderà il vino dell’azienda che ha le hostess con le tute più attillate (secondo le hostess di Astoria le vestono con il sottovuoto) o lo stand più sontuoso o lo schermo più grande (il mio occupava mezza parete dello stand). Si ricorderà, e soprattutto comprerà e farà comprare, semplicemente il vino che gli è piaciuto di più.

ARRIVEDERCI AL PROSSIMO VINITALY: 7-10 APRILE 2013

“IL VINO SI FA CON L’UVA”: ecco la scaletta dei temi del convegno al Vinitaly.

Come già annunciato da un post precedente, il prossimo martedì 27 marzo si terrà al Vinitaly il convegno promosso da Vi.V.O. – Cantine Viticoltori Veneti d’Origine e Vinitaly sul ruolo del viticoltore nella filiera vitivinicola italiana.
Il convegno ha il titolo “Il vino si fa con l’uva: valorizzare il viticoltore per valorizzare il vino italiano”.

Il convegno si terrà presso la Sala Salieri del Palaexpo alle 10:30.

Ricordo che i partecipanti sono:
- Maurizio Gily – Direttore Responsabile Millevigne.
- Adriano Orsi – Presidente Comitato Vitivinicolo Fedagri.
- Lucio Mastroberardino – Presidente Unione Italiana Vini.
- Stefano Graziani – Presidente Med&A.
- Marco Simonit – cofondatore della Scuola Italiana di Potatura della Vite

Come moderatore (ed in buona parte organizzatore) posso anticipare i temi in programma:
- la riduzione della superficie vitata e del potenziale produttivo in Italia;
- il valore del prodotto e la sua distribuzione lungo la filiera;
- la valorizzazione della qualità nella cooperazione;
- contratti interprofessionali: pregi e difetti. L’esperienza dell’Asti;
- la gestione del potenziale viticolo attraverso i Consorzi di tutela e gli albi DOP;
- filiera lunga e filiera corta: il ruolo dell’intermediazione nei rapporti tra viticulturi e cantine

Questi sono i temi previsti, però il convegno è organizzato in modo da favorire l’interzione con la platea quindi vi aspetto numerosi e pieni di idee.

Auguro un grande Vinitaly a tutti!

Couponing!

E’ da un po’ di tempo che in questo mio blog non parlo di marketing puro e semplice.

Lo spunto per tornare su questo argomento me lo dà un comunicato stampa inviatomi da Michela Spocci di Doveconviene.it (ho fatto il mio dovere di redattore di Biscomarketing citando tutte le fonti).

Il comunicato riguarda il fenomeno dei volantini promozionali on line (settore a cui si dedica Doveconviene.it), ma cita anche una recente ricerca di Nielsen sulla realtà dei volantini promozionali cartacei.

Ora dalla ricerca Nielsen risulta che la spesa per la stampa e distribuzione dei volantini promozionali in Italia raggiunge la strabiliante cifra di 1 miliardo di euro per 12 miliardi di volantini stampati ogni anno. Secondo il comunicato sono numeri che dimostrano “che il volantino rappresenta ancora il mezzo più efficace per sviluppare traffico e quindi fatturato sul punto vendita, senza dimenticare che è uno strumento molto apprezzato anche dal consumatore che, soprattutto in questo contesto economico, è sempre a caccia di buone offerte”.

L’affermazione implica che i consumatori scelgano il punto vendita in cui fare la spesa avvenga in base alla valutazione del confronto tra le offerte dei diversi volantini. Viceversa il volantino si ridurrebbe sostanzialmente ad un servizio con cui i negozi (le insegne) aiutano i prorpi clienti a pianificare la spesa ed in un enorme spreco di carta. Dagli atti del convegno che trovate qui pare che sia proprio questo il caso, specialmente per il settore grocery (la spesa di tutti i giorni, o meglio di tutte le settimane, per capirsi), mentre la situazione è diversa per acquisti non routinari, come elettronica ed elettrodomestici.

Le varie relazioni del convegno però sono troppo concentrate sul problema e sul come risolverlo da vederne le effettive cause, mentre il motivo per cui i volantini NON POSSONO ESSERE un generatore di traffico sono in realtà abbastanza ovvi:
1) poichè la realizzazione di volantini (che nella trattazione vengono spesso assimilati ai buoni sconto, diffusissimi nell’esperienza U.S.A., mentre sono un’altra cosa) è un’attività fatta da tutte le catene della grande distribuzione organizzata, per definizione non può essere una strategia differenziante e quindi in grado di aumentare il traffico nel punto vendita.
2) le ragioni di scelta di un punto vendita rispetto ad un’altro sono molteplici ed oltre alla convenienza giocano un ruolo importante la sua localizzazione, la comodità in termini di accessibilità (parcheggi, collegamenti con mezzi pubblici o privati, orari), la qualità dell’assortimento (varietà, profondità, introduzione di novità) e di servizio (in particolar modo ai banchi della vendita assistita delle diverse merceologie. In sintesi la soddisfazione o insoddisfazione riguardo al super/iper mercato dove si fa la spesa è data dalla rispondenza del mix di qualità intrinseca, servizio in senso esteso e prezzo del paniere o “carrello” normalmente acquistato alle aspettative/desideri/obiettivi di ciascun cliente/consumatore. Il quale comunque dovrà trovare il miglior compromesso tra quello che vuole e quello che trova in termini di offerta.
3) Lo spostamento dei consumatori da un punto di vendita all’altro sulla base dei volantini implica un confronto tra le diverse offerte su piazza. Oltre a richiedere il presupposto che ognuno riceva più volantini da diversi negozi, questo implica un vero e proprio lavoro di confronto, reso ancor più difficile dalla non corrispondenza tra le offerte nello stesso momento (in una determinata categoria è probabile che una catena promozioni la marca A ed un’altra la marca B). Inoltre va considerato lo sforzo e la perdita di tempo che implica fare la spesa in un nuovo super/iper mercato, dove la disposizione dei prodotti non è quella conosciuta dal consumatore. Credo che questi “costi transazionali” sia abbastanza elevata da portare la maggioranza delle persone ad una certa “fedeltà inerziale” nei confronti del “loro” punto vendita.

D’altra parte non credo che ci sia un vero interesse nel sistema a verificare l’opportunità o meno della realizzazione dei volantini. Per le catene della GDO non sono un costo in quanto vengono finanziati dai contributi dei fornitori e per i fornitori sono un potente mezzo di sviluppo di vendita, che con l’aumentare della frequenza e dell’intensità delle promozioni è diventato sì meno efficace, ma ancor più irrinunciabile. Più il consumatore acquista il prodotto in promozione all’interno di un suo paniere di riferimento di alcune marche e più essere esclusi dalle promozioni ha un impatto negativo sulle vendite.

A ben guardare però secondo si potrebbero eliminare, o ridurre, i volantini e trovare un utilizzo più efficace per quel miliardo di euro speso annualmente.
Innazitutto le promozioni si potrebbero fare lo stesso, come si fanno anche oggi segnalandole sul punto vendita, tanto più che buona parte delle decisioni di acquisto viene ancora presa direttamente sul punto vendita davanti allo scaffale.
Poi le catene della GDO potrebbero impiegare quel budget in attività veramente posizionanti e differenzianti, in grado di conquistare e fidelizzare clientela. Tenete presente che oggi gli investimenti pubblicitri della GDO ammontano a circa 200 milioni di euro annui, questo dà l’idea dell’impatto che avrebbe un trasferimento di risorse dai volantini all pubblicità. Sarà un caso che Lidl fa pubblicità televisiva comunicando le promozioni della settimana?
Il problema è che malgrado l’”editore” siano le catene, i soldi arrivano dai fornitori. Se per un fornitore dare un contributo per avere visibilità su un volantino promozionale può aver senso, darlo perchè l’insegna della GDO faccia una sua campagna pubblicitaria ne ha molto meno. Ma anche visto da questo punto di vista, i volantini restano una costosa inefficenza considerando che gli investimenti per l’acquisto di spazi pubblicitari dell’industria del largo consumo sono pari a 2 miliardi di euro all’anno. Aggiungere a questo investimento il miliardo di euro tolto ai volantini, mantenendo le promozioni sul punto vendita, porterebbe comunque ad un beneficio complessivo della filiera industria-distribuzione (e forse anche al consumatore). Oppure si potrebbe semplicemente risparmiarlo.

Un’ultima considerazione per chiudere: in nessuno degli interventi del convegno si è fatto il minimo accenno ad iniziative come Groupon e simili. I volantini verranno spazzati via per l’ennesimo caso di miopia di marketing?

Esci da quel corpo!

Dal giuramento di Ippocrate ” …di prestare la mia opera con diligenza, perizia, e prudenza secondo scienza e coscienza ….”

E come diceva il mio professore di Igiene Veterinaria (un veterinario, quindi un medico) con tono serio ed un po’: “se la scienza si coltiva di giorno, la coscienza si interroga di notte”.

Se a scienza e coscienza aggiungete l’esperienza, il risultato che ottenete è la competenza. Volendo si potrebbe inserire anche l’allenamento, ma, oltre a non finire per -enza, in realtà è un misto di scienza ed esperienza. Quello dell’allenamento è però un concetto interessante che mi mi frulla nella testa da un po’ e magari ci torno sopra in uno dei prossimi post.

Quanta consapevolezza c’è nella competenza? Credo che sia da militare che ho sentito definire la cultura come quello che rimane dopo che ci siamo dimenticati tutte le nozioni.

In modo un po’ vago e raccogliticcio queste cose mi sono tornate alla mente quando l’altro giorno sull’ultimo numero dell’Internazionale ho letto l’articolo “La mente in stato di grazia”, sottotitolo “Per ottenere grandi prestazioni, serve un alto livello di calma e concentrazione, che si raggiunge dopo anni di esercizio (ecco l’allenamento N.d.A.). Alcuni ricercatori cercano di capire come arrivarci più rapidamente”.

In sintesi si è osservato che quando le persone realizzano prestazioni eccezzionali nei diversi campi hanno in comune uno stato rilassatezza, calma e concentrazione deifinito empiricamente (e vagamente) come flusso. Gli studi hanno identificato 4 caratterisctiche fondamentali del flusso:
- una concentrazione totale che fa perdere il senso del tempo (faccio notare che è un concetto contrario al multitasking così elogiato oggigiorno).
- l’autotelicità, ossia la sensazione che l’attività in cui siamo impegnati sia gratificante in sé.
- la sicurezza che le nostre capacità sono perfettamente adeguate
al compito e quindi non proviamo né frustrazione né noia.
- infine, quello che caratterizza più di tutto il flusso è l’automaticità, per esempio la sensazione che il pianoforte stia “suonando da solo”.
Dal punto di vista della fisiologia cerebrale (credo si possa dire così) nello stato di flusso si rileva una minore attività nella corteccia prefrontale, di solito associata a
processi cognitivi superiori come la memoria di lavoro e l’espressione verbale. Può
sembrare controintuitivo, ma mettendo a tacere l’autocritica forse si lascia più spazio ai processi automatici, che a loro volta producono la sensazione di naturalezza del flusso. A me ricorda un po’ anche il concetto di serendipity.
Osservando gli atleti (l’allenamento torna fuori ogni due per tre) si è osservato che si può facilitare lo stato di flusso concentrando l’attenzione su un punto esterno al proprio corpo (che è poi una delle tecniche per la meditazione).
Per completezza, ma è la parte in un certo senso per me meno interessante, si stanno sviluppando tecniche di accellerazione all’apprendimento (e quindi raggiungimento dello stato di flusso) tramite la stimolazione elettrica transcranica stimolando con degli elettrodi determinate zone del cervello.

Al di là di essere un argomento affascinante in sè, mi è piaciuto trovare conferme scentifiche alla mia percezione empirica che le persone lavorano meglio quando si sentono serene. Una volta alla domanda “Quale deve essere la principale caratteristica di un leader?” ho risposto “Dare serenità alle persone che dipendono da lui.”

L’altra cosa apparentemente ovvia, perchè tutti l’abbiamo provata prima o poi, ma in realtà estremamente curiosa, è la sensazione di automatismo.
E’ curiosa perchè altri studi basati sulla risonanza magnetica cerebrale (o forse qualche altra nuova tecnica) letti recentemente da qualche altra parte (credo su “TTL” della Stampa) hanno dimostrato che l’attivazione dell’ area deputata al movimento della mano avviene prima (tempo infinitesimale, ma prima) dell’attivazione dell’area deputata alla decisione di muovere la mano.

Un filone che potrebbe mettere in dubbio gli studi sui meccanismi motivazionali, basati fino ad oggi su osservazioni empiriche del tipo azione-reazione (e quindi vere di per se stesse) perchè pone un punto di domanda su cosa ci fa fare una determinata azione.
In realtà a pensarci bene, se l’impulso di muovere la mano parte prima della decisione di farlo, la domanda non è tanto cosa ci fa faare una certa azione, ma CHI ce la fa fare.

E siamo tornati alla (in)coscienza del giuramento di Ippocrate.

Concludo con un collegamento con un altro concetto, che forse non alcun merito a parte quello di sembrare elegante: osservando la cosa da una prospettiva diversa, il DNA è un parassita e l’organismo non è altro che l’ospite di cui si serve per riprodursi e perpetuarsi.

So che è di moda un approccio olistico, new age ed antiscientifico (che in buona parte mi appartiene), però le scoperte sul funzionamento del cervello che si stanno facendo grazie alle nuove tecniche mi fanno venir voglia di cambiare mestiere.

O sarebbe forse solo un cambio di specializzazione?