La S.W.O.T. secondo biscomarketing diventa T.O.W.S.

Qualche tempo fa Pier Luca Santoro sul suo progilo FB ha chiesto opinioni su un’analisi swot che stava facendo e così mi sono imbattuto in questo strano modello di swot, per scoprire che è quello pubblicato da wikipedia (e quindi quello destinato a diventare prevalente).

Per dare i miei suggerimenti al buon Pier Luca pensavo di linkare un post di biscomarketing e così mi sono accorto che in tutti questi anni non ho mai affrontato questo strumento di analisi di marketing tanto fondamentale quanto spesso fraintesa.

Per capire come massimizzare l’efficacia della swot va premesso che gli strumenti di marketing sono analitici e non deterministici. Questo significa che la funzione degli strumenti marketing è quella di fornire un quadro completo, preciso e rilevante della situazione analizzata, senza che questa analisi scaturiscano automaticamente le azioni da intraprendere. Poichè ogni combinazione azienda/marca/obiettivo con lo scenario competitivo è specifica, trarre conclusioni deterministica precostituite dall’analisi rischia di essere inefficace o, al massimo, tautologico, come nel caso delle varie strategie S-O, W-O, ecc.. del modello proposto da wikipedia.

Gli strumenti però sono in grado di garantire la completezza e precisione dell’analisi solamente se utilizzati correttamente in termini di forma logica e di flusso. Viceversa gli strumenti non aiuteranno all’analisi ragionata delle situazioni ma si ridurranno a schemi formali riempiti, per seguire consuetudini aziendali o mode, di considerazione sviluppate in modo disorganico.

Nel caso dell’analisi swot il flusso comincia definendo il proprio target di consumo. E’ evidente che il trend di invecchiamento della popolazione sarà valutato in modo completamente diverso se il mio target sono i neonati oppure gli over 65.

Il passo successivo è quello di individuare i fattori esteri all’organizzazione, ossia le minacce e le opportunità. Ecco perchè l’inversione delle lettere della sigla nel titolo.
In realtà questo percorso non me lo sono inventato io, ma è quello che riporta Kotler su Marketing Management.
Perchè è importante cominciare dall’identificazione dei fattori esterni all’organizzazione? Perchè è sulla base delle opportunità e minacce esterne che si andranno a definire le caratteristiche dell’organizzazione come punti di forza o di debolezza. Se il mio target sono gli over 65, l’invecchiamento della popolazione è un’opportunità, ma un’immagine di marca “giovane” sarà una debolezza.

Fin qu tutto semplice, ma posso assicurarvi per esperienza che se non si ha chiara la logica sottostante la swot e la distinzione tra ambiente esterno e caratteristiche dell’organizzazione, è molto facile mescolare opportunità con punti di forza e minacce con punti di debolezza. Questa fa perdere di efficacia all’analisi e di conseguenza darà origine a strategie più confuse.

Anche quando viene fatta correttamente, la swot presenta un rischio intrinseco di interpretazione legato alla numerosità dei diversi fattori T-O-S-W elencati. Sia perchè il numero diventa inconsciamente una misura del peso di quel componente, sia per la naturale tendenza a fermarsi dopo aver elencato un certo numero di fattori all’interno di un componente T-O-S-W e per la swot nella sua totalità.
Per ovviare a quest’ultimo rischio io cerco di fare sempre la swot in gruppo e cerco di avere nel gruppo persone che lavorano in tutte le funzioni aziendali per essere più sicuro di non perdere aspetti legato al prodotto, all’amministrazione, alla logistica, alle vendite, ecc… L’ideale probabilmente sarebbe che tutti i componenti del gruppo sviluppassero la loro swot individualmente per poi confrontarsi in gruppo.

Per ovviare invece a ritenere prevalenti i punti di forza rispetto a quelli di debolezza solo perchè sono di più, da anni ho adottato la tecnica di assegnare ad ogni fattore un punteggio che va da +2 a -2, in modo da ponderarli.
E’ una scala che presenta diversi vantaggi:
- è sufficientemente ampia da differenziare il peso dei fattori;
- è sufficientemente corta da costringere a dare valutazioni chiare, senza lasciare spazio a compromessi inconcludenti;
- contenendo lo 0 (grazie agli indiani ed agli arabi) permetto di indicare quei fattori che si ritiene importante evidenziare, ma che non si riesce a definire con certezza se punti di forza o debolezza, La soluzione di indicare la stessa voce sia come forza che come debolezza, che ho visto adottare talvolta, mi sembra molto più confusa.

Volendo questo sistema di ponderazione si può applicare anche alle Minacce ed alle Opportunità, ma per esperienza ho notato che l’aumento di formalismo rischia di ridurre l’estensione dell’analisi. Sembra che le persone dovendosi concentrare sul meccanismo, siano meno attente ad individuare tutti i fattori che influenzano la situazione. Vedete voi, io comunque consiglio di trovare un punto di equilibrio tra rigore metodologico e spontaneità/libertà di pensiero.

Un’ultima considerazione che deriva da questi anni di esperienza pratica e conferma quello che diceva Tom Funk, il mio professore di Marketing Management all’universita di Guelph: a parte casi eccezionali, l’implicazione della swot non è “oh mamma mia quante minacce/punti di debolezza, tiriamo una pietra sopra al progetto ed andiamo a casa” nè l’opposto “tranquilli, con tutte queste opportunità/punti di forza non possiamo sbagliare”.

La swot serve per identificare gli elementi dello scenario in un’ottica strategica, all’analisi si risponde usando la propria creatività e competenza (risultato di scienza, coscienza ed esperienza) per sviluppare strategie che sfruttino al massimo i punti di forza e riducano al minimo i punti di debolezza.

In altre parole, le risposte strategiche dovete trovarle voi.

La vita è tutta un budget (nel caso vi foste persi la pubblicazione su fb)

Ringrazio per l’ennesiam volta Pamela che mi ha rimesso in piedi il blog e pubblico il post scritto la settimana scorsa ed uscito sul mio profilo facebook per motivi tecnici

Prendo a prestito l’aggiornamento di stato della mia ex collega Elisa (uno delle persone che ho più stimato nella mia attività professionale) per alcune considerazione su come sono/dovrebbero essere cambiate le logiche di costruzione e gestione del budget di marketing al tempo della turbocompetizione e del big data.

La turbocompetizione ha aumentato l’incertezza e la velocità del cambiamento degli scenari relativi a fornitori, concorrenti e clienti/consumatori.

Big data (wikipedia in italiano non spiega molto) offre la possibilità di misurare quasi tutto, praticamente in tempo reale.

Questi due fattori dovrebbero portare ad un cambiamento sostanziale nella costruzione e gestione del budget marketing nella direzione della flessibilità.

Nella classica costruzione del budget si ipotizzano le attività necessarie alla realizzazione delle strategie, gli assegna una priorità strategica, se ne stima il costo e quindi si allocano le risorse. Se il conto economico di previsione, i cui ricavi sono basati sul budget di vendita, è in linea con gli obiettivi della proprietà dell’azienda (qualunque sia la forma societaria il discorso non cambia) il budget ha buone probabilità di venire approvato, viceversa viene ridotto. giusto o sbagliato che sia infatti, le risorse per far quadrare il bilancio vengono attinte (quasi) sempre dal budget di marketing. Piccolo inciso: anche quando i budget di vendita e di marketing sono preceduto da un confronto tra le due funzioni (e non sempre avviene, oppure il confronto è superficiale per mere questioni di tempo) la logica prudenziale che deve, giustamente, guidare un budget porta calcolare il bilancio di previsione sulla base dell’ipotesi di vendita minima e di spese di marketing massime. Il conseguente rischio di inutile riduzione delle spese di marketing con conseguente minor sostegno alle vendite ad al brand/corporate equity (circolo vizioso), sono evidenti. Specialmente nella turbocompetizione di cui si diceva poco sopra.

La soluzione è la costruzione di un budget che alloca alle diverse attività solo una parte delle risorse complessive, per andare man mano ad allocarle su quelle azioni che, grazie all’uso del big data, si dimostrano più efficaci ed efficienti rispetto agli obiettivi, eventualmente anche eliminando attività già previste, ma che si dimostrano invece fallimentari (o inferiori alle aspettative).

Uovo di Colombo? Più o meno. Questa soluzione implica alcune cose (partendo da valle e andando a monte:
1) la capacità aziendale di acquisire ed analizzare i dati dall’ambiente (parlare di mercato rischia oggi di essere riduttivo);
2) la presenza in azienda di un sistema informativo/controllo di gestione in grado di trasmettere le informazioni ottenute dall’analisi a tutte le funzioni/persone responsabili della realizzazione del budget, con una frequenza maggiore rispetto al classico Revised di giugno e Forecast di settembre (è risaputo che nel controllo di gestione si parla inglese);
3) l’identificazione dei diversi aspetti e passaggi della strategia in modo da identificare i parametri che indicano il livello di efficenza ed efficiacia delle diverse attività, con le relative metriche. Non basta dire dove vogliamo arrivare, ma serve anche definire il percorso per poter verificare se siamo sulla strada giusta.

Lascio ad ognuno valutare quale di queste cose è la più difficile nella sua realtà.

Ricordo solo che è meglio un budget approssimativo che nessun budget perchè, come dimostrava una ricerca che ho letto nel 1994, per raggiungere i propri obiettivi bisogna innanzitutto definirli.

Scusate lo sfogo e la volgarità, ma il PD oggi è proprio un partito di m….

……. governa come prestanome di fatto di Berlusconi. Invece di usare i tagli (eventuali) della spesa pubblica per ridurre le imposte sul reddito di persone/imprese (e così ripristinare un livello di pressione fiscale ante-IMU) o riacquistare debito pubblico (a detta di tutti IL GRANDE problema del Sistema Paese) o quanto meno per scongiurare l’aumento dell’IVA (imposta non progressiva, che pesa proporzionalmente di più sui redditi più bassi e che genera una crescita più che proporzionale del costo della vita) li usa per eliminare l’IMU, tassa che si è dimostrata progressiva ai redditi dei contribuenti e che, essendo sul patrimonio, colpisce, almeno in parte l’immensa evasione fiscale (che la copertura si siatrovata anche tagliando i fondi per combattere l’evasione fiscale è la giusta nemesi, visto che l’ispiratore dell’operazione è il Berlusconi conclamato evasore). E oltre a farsi sburattinare continuano ad atteggiarsi a fini strateghi della politica ……, mentre è partita la campagna di Berlusconi “Abolizione dell’Imu promessa mantenuta” e la notizia della sua cancellazione è già sparita dalle prime pagine e dalle home page di tutti i quotidiani.
Ecco mi sono messo anch’io nell’inutile canaio della protesta virale (e questo NON è un post di marketing).

Learning from the leaders: AIA dakota e mangiata!

E’ da un po’ che ho in testa un post sulle campagne a cui sono stati fatti piccoli aggiustamenti per cercare di ovviera alla loro debolezza strutturale, ma che continuano a non potersi vedere/sentire ed in più hanno perso il piccolo vantaggio della ripetitività.
Però più passano gli anni e più mi viene da pensare al mio karma, quindi lascio da parte le negatività (per la cronaca le campagane che ho in mente sono conad, Negroni Negronetto, Poltrone e Sofà e Citroen) e scriverò invece di una strategia fatta bene: il lancio della slasiccia Dakota di AIA.

Conviene ricordare che AIA con Wudy ha creato il segmento del wurstel di pollo, riuscendo ad avere spesso un doppio display, sia nel reparto pollame che nel reparto wurstel. A conferma che l’innovazione quando è sostanziale riesce sempre a trovare un suo spazio (non solo metaforico).

Questo per dire che l’azienda ha una solida esperienza e competenza di innovazione di successo, che si conferma con il lancio da manuale della nuova salsiccia Dakota:

Dakota AIA

dakota AIA 2

Target (presunto): ovviemente non posso conoscere i piani di AIA, ma considerando che con Wudy già presidiano il target dei bambini e visto il resto della strategia, immagino che l’obiettivo fosse quello di rafforzarsi nel target maschile più adulto, diciamo dagli adolescenti in su.

Prodotto: tecnicamente la salsiccia è un wurstel macinato più grosso (ricetta a parte). Però la salsiccia è anche un prodotto tipico della salumeria di tutte le regioni italiane (cosa che non vale per il wurstel), quindi ha un vissuto più genuino, vero e tipico. In una parola più adulto.

Nome e claim: anche se il claim della campagna non appare sulla confezione (e questo è forse l’unico, piccolo, errore della strategia), credo sia giusto trattarli insieme, vista la pressione pubblicitaria. Dakota rimanda all’America, quindi nuovamente ad un mondo di particolare appeal per quel target adolescente raffigurato anche nello spot (c’è di meglio, ma non l’ho trovato). Un’analisi più approfondita dal punto di vista semantico (che condivido solo in parte, ma non mi rovinerò il karma proprio adesso) la trovate nel blog di Linda Liguori. Aggiungo solo che dai tempi di Keglevich una ricerca fatta con la Naming dimostrava la forza iconica (ossia semiotica) oltre che semnatica della lettera “K” e che la cosa più intelligente mi sembra il collegamento nel claim al “Cotto e Mangiato” diventato familiare ai consumatori grazie/a causa di Benedetta Parodi. L’utilizzo di concetto che rientrano nel frame of reference delle persone si dimostra sempre efficiace quando, come in questo caso, si evita la scopiazzatura.

Packaging: fin dal 1999 le ricerche dicevano che, soprattutto nell’alimentare i consumatori vogliono vedere il prodotto (questo stesso concetto è quello che ha portato le cucine a vista nella ristorazione di alto livello). Il packaging di Dakota porta questo concetto all’estremo mettendo il marchio sul lato trasparente della confezione ed utilizzando la parte colortata per le informazioni nutrizionali e di utilizzo del prodotto. in pratica hanno capovolto la confezione. Qeullo che si perde in attrattività (il marchio appare meno ricco) si guadagna in autenticità e credibilità, già elevata grazie alla garanzia della firma AIA. Da sottolineare anche l’evidenziazione del bnefit “Novità”, soprattutto considerando il target presunto, e qualità premium, che si rivolge al target degli acquirenti, mamme, piuttosto che a quello dei consumatori.
Sull’altro lato una grafica scarna e chiara spiega come preparare la salsiccia con i diversi “strumenti” di cottura, informazioni oramai fondamentali per la gran parte dei consumatori e indispensabili nel caso la mamma non sia in casa. L’aggettivo “scarna” per la grafica non va letto in senso negativo: a me sembra un eccellente esempio di barebone marketing che trasmette un percepito di concretezza e risparmio.

Campagna pubblicitaria: visto che non trova in rete i vari spot non mi dilungo. Sottolineo l’intelligenza dello spot da 10 secondi che si concentra sul benefit principale della cottura in 2 minuti (manca il claim, peccato). Negli spot più lunghi il benefit della rapidità rimane centrale, aggiungendo però la presenza del target di consumo, ragazzi, e di acquisto/preparazione, mamma. Anche se non si vede la mamma è comunque un elemento chiave dello spot, viene quindi coinvolta nelle scelte alimentari della sua famiglia, anzi è lei che cucina. Questo significa (auto)rassicurazione e gratificazione.

Prezzo: la prima volta che si acquista un prodotto è la fase in cui un cosumatore pone la massima attenzione al prezzo. AIA ha laforza di controllare il prezzo a scaffale dei suoi prodotti e quindi è stata in grado di seguire la classica strategia del prezzo di lancio, che favorisce la prova senza sposizionare il prodotto. Oltre al merito di saper comunque tenere la barra a dritta, all’azienda va anche il merito di adottare uno sconto del 50%, immagino in considerazione della difficile situazione economica di una ampia fascia di consumatori. Sarà interessante vedere se dopo la fase di lancio riusciranno a consolidare il (presunto) prezzo normale.

E la comunicazione social: 3.625 mi piace su fb sono un po’ pochi (anche se fossero tutti veri), però mi chiedo: ha un ruolo così importante per il lancio/successo di un prodotto come questo?