Le perfomances delle prime 20 cantine italiane: corollario al post di mercoledì scorso.

Ripensando al risultato dell’analisi che ho presentato nel post di mercoledì scorso (lo so che la pubblicazione infrasettimanale è anomala, ma il periodo va così) mi sono chiesto se esistono  caratteristiche comuni delle cantine che sovraperformano in termini di EBITDA rispetto al fatturato in questo set competitivo.

Secondo me Antinori, Santa Margherita, Frescobaldi, Ruffino e Masi hanno in comune il fatto che operano sul mercato con delle politiche di MARCA.

Intendo dire che la loro proposta si basa principalmente su SISTEMI di marca forti, supportati da strategie che si rivolgono (anche) direttamente al consumatore.

Se ci sono dei tratti comuni, la domanda successiva è: si tratta di un modello replicabile?

Replicabile sì, copiabile no. Nel senso che ogni cantina deve definire una propria proposta identitaria ed differenziante.

Per farlo sono necessarie, in sequenza cronologica continua:

1) Le competenze che permettono di definire una proposta di marca FORTE, ossia RILEVANTE, AUTENTICO E COERENTE nell’allineamento degli elementi che lo compongono tra loro e tutti insieme verso il POSIZIONAMENTO definito (attenzione che tutte le parole qui hanno un significato preciso ed un alto peso specifico).

2) Le competenze per definire le linee guida strategiche da seguire nella definizione dei piani di costruzione e crescita della marca.

3) La DISCIPLINA (serenità) ed il CORAGGIO (i nervi saldi) per realizzare i piani seguendo le linee guida definite con sufficiente flessibilità per non perdere opportunità a breve e la coerenza necessaria per non cedere all’opportunismo. Nel dubbio, dovendo scegliere, meglio perdere qualche opportunità nel breve che minare la marca nel lungo periodo

4) Le RISORSE finanziarie (quelle umane riguardano i primi 3 punti) in grado di realizzare i piani previsti. Queste non devono essere necessariamente elevate, devono necessariamente essere coerenti con le attività previste. Nel caso le risorse finaziarie non siano sufficeenti per la realizzazione della strategia, questa non va per forza abbandonata nei suoi obiettivi e linee guida. Più probabilmente va riformulata nei tempi e nelle azioni. In base ad una ventennale esperienza (mi sento di dire almeno di buon successo) in diversi aziende e diversi settori possono garantire che è più difficile allineare i primi 3 punti, ossia generare un sistema di IDEE, che trovare i soldi per realizzarle. Inoltre le idee creative (e con questo non intendo solo la pubblicità) spesso permettono di risparmiare sull’investimento per ottenere lo stesso risultato. Aggiungeteci il fatto che nel mondo digitale l’accesso alla comunicazione al consumatore ed il suo coinvolgimento è diventato più economico in termini finanziari e più costoso in termini di idee e capirete perchè trovo ingiustificato abbandonare strategie corrette per una (presunta) carenza di soldi o di dimensione aziendale.

Come promemoria riporto nuovamente i 3 grafici dell’analisi del post di mercoledì scorso ed il link al post stesso che la spiega.

I commenti sono sempre benvenuti.

grafico bolle top 20 cantine italiane 2013 - fatturato

grafico bolle top 20 cantine italiane 2013 - ebitda

grafico bolle top 20 cantine italiane 2013 - fatt+ebitda

Analisi delle performaces 2013 delle prime 20 cantine italiane in 3 grafici.

Ogni anno ad aprile la giornalista Anna Di Martino redige e pubblica (quest’anno su Corriere Economia) la classifica delle più grandi cantine italiane.
Una rilevazione preziosa per fare il punto della situazione sul settore viti-vinicolo italiano attraverso le performances dei principali produttori.
Con l’obiettivo di rendere più facile il passaggio dal dato all’informazione, ho realizzato una rappresentazione grafica dei risultati di fatturato, EBITDA e prezzo medio a bottiglia.
L’analisi è stata fatta utilizzando i grafici a bolle perchè permettono di evidenziare sia la dimensione assoluta del dato che il suo peso nel contesto competitivo. Il prezzo medio a bottiglia, che non viene rilevato nella classifica della Di Martino, è stato calcolato dividendo il fatturato per il  numero di bottiglie. E’ quindi evidente che nel caso in cui una cantina realizzi una quota significativa del proprio fatturato con la vendita del vino sfuso, il dato del prezzo medio a bottiglia viene distorto, innalzandosi fittiziamente.
Per i dati completi rimando al sito www.annadimartino.it
Il primo grafico riguarda il fatturato, rappresentato dalla dimensione delle bolle, con in ordinata il prezzo medio a bottiglia ed in ascissa una semplice serie da 1 a 20 che permette di distribuire le cantine secondo la loro posizione in classifica e rendere più facilmente leggibile il grafico.
In pratica da sinistra verso destra diminuisce la dimensione della cantina mentre dal basso verso l’alto aumenta il prezzo medio.
grafico bolle top 20 cantine italiane 2013 - fatturato
Va segnalato che il valore nullo del prezzo medio a bottiglia per La Vis ed il Gruppo Collis sono dovuti al fatto che queste due cantine non hanno indicato il numero di bottiglie prodotto.
Credo che il grafico si spieghi da sè senza richiedere ulteriori particolari spiegazioni. Può sorprendere la posizione di “Marchesi de Frescobaldi” come la cantina con il prezzo medio più elevato, ma in mancanza di ulteriori informazioni non è possibile determinare se il dato sia corretto oppure derivi da qualche distrosione (ad esempio vendita di vino sfuso).
Il secondo grafico è costruito con la medesima logica però riportando l’EBIDTA (per semplicità approssimabile al margine operativo lordo).
Rispetto al grafico precedente va segnalata l’assenza di Campari Wine, che non ha indicato l’EBITDA 2013.
grafico bolle top 20 cantine italiane 2013 - ebitdaAnche in questo caso il grafico si spiega da sè (come deve essere). Rispetto a quello del fatturato si nota come la distribuzione dell’EBITDA sia meno uniforme.
Grazie al fatto che ascissa ed ordinata dei due grafici sono le medesime è possibile costruire un terzo grafico sovrapponendo i primi due.
Questo terzo grafico è quello più interessante (secondo me) perchè sintetizza lo scenario competitivo in termini di fatturato, EBITDA e prezzo medio per bottiglia in un’unica visualizzazione.
grafico bolle top 20 cantine italiane 2013 - fatt+ebitdaQui vale la pena di fare alcuni commenti che, ricordo, valgono per questo set competitivo di riferimento:
- La distanza tra le circonferenze delle due bolle, quella chiara del fatturato e quella più scura dell’EBITDA, indica la differenza in proporzione rispetto ai concorrenti tra i due risultati.
- 4 cantine mostrano un EBITDA proporzionalmente superiore al fatturato. Sono Antinori, Santa Margherita, Marchesi de Frescobaldi e Masi Agricola, dove la bolla più scura copre una superfice maggiore rispetto a quella più chiara del fatturato.
- Nel caso di Ruffino le due bolle sostanzialmente coincidono.
- I gruppi cooperativi teoricamente dovrebbero mostrare un EBITDA ridotto per la distribuzione dell’utile ai soci nella valorizzazione dei conferimenti di materia prima. In realtà si evidenziano situazioni molto diverse, da quelle in linea con la teoria di Cevico e Cavit all’elevato EBITDA di Mezzacorona. Queste differenze sono probabilmente, almeno in parte, riconducibili alla presenza ed al peso all’interno dei gruppi cooperativi di società di capitali commerciali, che operano quindi nella logica di massimizzazione dell’EBITDA.
Queste sono le mie considerazioni. E le vostre?
Se volete ne parliamo al wine2wine a Verona la settimana prossima.

Il modello AIDA da Peratoner a Pordenone.

Del modello AIDA ho già discusso e ri-discusso (nel senso di confutarlo) in diversi posts pubblicati su questo blog:

Quale futuro per la pubblicità; 

Quale futuro per le agenzie pubblicitarie;

Ancora sul futuro delle agenzie pubblicitarie.

Ci ritorno perchè Marco mi ha mandato un interessante articolo che trovate qui sotto.

Io continuo a pensare che le tesi espresse nell’articolo sono fondamentali per l’ESECUZIONE efficace ed efficente della strategie, ma poco utili per la loro IDEAZIONE, dove invece la scansione logica, e qui vado a ritroso, per cui l’Azione deriva da un Desiderio, cresciuto per l’Interesse che nasce dall’Attenzione.

Questa analisi (il marketing è sempre analitico prima che deterministico, repetita iuvant) ha due vantaggi:

  1. mi permette di valutare a priori la bontà delle attività di marketing pianificate in base al loro scopo principale (ottenere Attenzione, stimolare Interesse, far crescere il Desiderio, condurre ad un’Azione.
  2. spinge a ricordare e considerare che ogni attività di marketing in ultima analisi condurre ad un’azione e quindi a chiedermi:  Quale azione mi aspetto di generare con questa attività (investimento)? Che contributo darà questa azione al risultato finale che voglio ottenere? L’ho già detto che il marketing “istituzionale”, quello che ha l’obiettivo di dire “esisto”, mi sta antipatico?

Tutto questo l’ho visto oggi da Peratoner a Pordenone, e ve lo mostro:

ATTENTION

ATTENTION

INTEREST

INTEREST

 

DESIRE

DESIRE

 

ACTION

ACTION

Di seguito l’articolo che confuta il modello AIDA (o lo descrive con altre parole?).

Leggetelo che vale la pena, anche con calma perchè per un po’ il blog resterà zitto.

Why the action, desire, interest, awareness model needs to be replaced to reflect our modern marketing world

We frequently read about companies that are failing fast as a result of trying to create the most innovative brand campaigns. It is almost as if company leaders are seeking to fail for the sake of being disruptive. Personally, I don’t seek to fail but I understand it can be part of a healthy innovation process that enables success.

Since we live in a Millennial-inspired participation economy, old schemas are often less predictive of future success. As a result, those (successfully) disruptive brands are becoming the most loved and the most sought after among millennials.

New Theory

We believe the AIDA model is less useful and actionable today than it was in an era when brand awareness – largely achieved through traditional advertising to a target audience — seemed to connect increases in awareness to improvement in financial performance.

This model needs to be replaced by one that is more reflective of a marketing world where consumer co-creators are a lot less like a target audience and a lot more like a consumer partner. In tomorrow-land, brands that create meaning, intrigue and offer an experience will consistently outperform brands that use more tried and true traditional marketing models.

brand atom

New Models For Innovation

Many successful, mature companies tend to have a lot of equity in old schemas. That is a significant piece of why companies often fail when engaging a Millennial Mindset consumer. We’ve seen titans like Kodak disappear and companies like Gillette get caught off guard by start-ups like Dollar Shave Club (after a good long head start Gillette has introduced their own subscription of direct-to-consumer razor blades).

We think there are two key questions that must be asked and answered when it comes to innovation:

1) Is this idea within your brand authority? It is important to note that we are not asking, “Should this idea part of your product portfolio?” You have more reach within your brand authority than you expect. For example, I should be wearing a FitBit from my healthcare company but they failed to understand their brand authority so Nike stepped up to the plate.

2) Can you afford to make this bet? A percentage of your investment should be on “Blue Ocean” ideas – those ideas that do not have a predictable outcome that can either be widely successful or fall short. However, you cannot use traditional ROI metrics when measuring the success of these ideas. You must adapt a bifurcated view of metrics where traditional metrics are applied to core and emerging opportunities and new and different metrics are applied to “Blue Ocean” opportunities.

blue ocean

Your brand must allocate a percent of time and money to each category in order to maximize your innovation pipeline. If your brand is more conservative in your approach, you have the option to allocate a smaller amount of resources to Blue Ocean ideas. However, having no Blue Ocean ideas invites other more disruptivebrands to take over your market.

New Schemas for Communication – Take A Brand Stand

talking

The most successful brands have embraced a fundamental shift in their communication strategies. There is now a greater proliferation of consumer channels compared the traditional model that focused on shot gunning an idea through one very targeted channel. We often talk about a Brand Stand as being a single uniting theme spread across the entire ecosystem of your brand. Now, that Brand Stand must be communicated through a web of channels that includes both internal and external partners and online and offline environments.

The key is that this new communication model implies both telling and listening. The most engaging brands are the ones that successfully listen to their consumer partners in order to answer questions like, what can we learn, what can we share what can we solve for and, most importantly, how will we respond. They are then using what they are hearing to create insightful and actionable communication engagement.

listening

Leah Swartz, a Millennial Account Coordinator and Greg Vodicka, a Millennial Consultant at FutureCast, contributed to this post,

La differenza sta nel servizio ed il servizio vero lo danno le persone.

L’argomento di oggi nasce dalla vita vera, nel senso che in una settimana mi sono successo tre cose inaspettate tutte legate dal fil rouge del servizio.

Per di più mi sono capitate nei rapporti con ditte triestine, le quali non sono propriamente famose per l’attenzione al cliente e quindi il piacere è stato ancora più grande, perchè inaspettato.

Esempio n.1: La caldaia non riparte dopo il riposo estivo. Chiamo la ditta che fa la manutenzione, mi passano il tecnico che mi suggerisce di fare un tentativo fai-da-te per evitare i costi di un’uscita. Spiegazione telefonica di come smontare il frontale della caldaia, di dove trovare le pompe, come togliere il tappo e come smuovere il perno bloccato per farle ripartire. Io faccio il tutto, bene la prima, sulla seconda credo di aver fatto un danno, richiamo, mi spiega che è tutto a posto e quello che sta succedendo è assolutamente normale.

Io non chiamo più per non disturbare. Il giorno dopo mi chiama il tecnico per sapere se era tutto a posto. WOW!

 

Esempio n.2: Il 3 novembre è San Giusto, Patrono di Trieste e quindi molte attività sono chiuse. A me serviva affittare una macchina per partire presto il giorno dopo. La gentile signorina dell’autonoleggio mi dice “io sono fuori Trieste, ma se per lei non è un problema ci vediamo sulle 21:00 quando rientro, la chiamo una ventina di minuti prima di arrivare”. Mi chiama alle 21:10 scusandosi del ritardo (c’era traffico). Alle 21:30 apre l’ufficio, ovviamente la stampante non ne vuole sapere di funzionare, compila un contratto a mano e mi dà la macchina. WOW!

 

Esempio n.3: Euronics del Centro Commerciale il Giulia, vado a comprare un mini-tablet Samsung in parte con i buoni sconti della promozione che “restituiva” l’importo dell’IVA, chiedo fattura, il sistema non prevede una fattura per quel codice di pagamento. La cassiera esperta invece di dire “Mi dispiace, no se pol!” forza il sistema dicendo “Poi parlo io con la collega della contabilità”. WOW.

 

Sarò passatista, ma vedo difficile che il progresso della tecnologia digitale permetta di sostituire l’iniziativa che possono avere le persone giustamente motivate ed opportunamente istruite.

 

Oggi vado di fretta (ma ogni tanto ci vuole anche un post agile).

 

 

Peculiarità del marketing politico.

Federico dice che dovrei smettere di parlare di (marketing) politica perchè non ho credibilità e perchè sbaglio le previsioni, come dimostra quelle che ho fatto lo scorso 23 febbraio nel mio post “L’importanza dell’analisi di scenario per la scelta della strategia migliore: il caso del governo Renzi” dello scorso 23 febbraio.

Io gli contesto almeno il secondo punto perchè nel mio post sostenevo che, in base all’aplicazione di uno strumento per l’analisi di scenario che utilizzavo normalmente in azienda, Renzi aveva scelto la strategia, inutilmente, più difficile per raggiungere il suo obiettivo di cambiare il Paese. Non avevo quindi nè detto che avrebbe perso alle europee, nè che non ci sarebbe riuscito. Oggi, con Renzi che è passato dall’annuncio di realizzare una riforma al mese all’annuncio del programma dei 1.000 giorni, forse è presto per dire che avevo ragione, ma mi sembra un azzardo dire che avevo torto.

Quindi continuo a parlare di marketing applicato alla politica. Che è come dire una parolaccia. La cosa non mi sorprende, considerando che l’espressione “è solo marketing” ha una connotazione sostanzialmente negativa per la maggioranza delle persone, anche riferita ad organizzazioni che perseguono principalmente un interesse particolare, come le aziende. Addirittura “è solo marketing” significa qualcosa di finto, artificiale, ingannatorio per un gran numero di persone anche all’INTERNO delle aziende.

Figuriamoci quando si tratta di politica, ossia (teoricamente) del bene comune.

Ovvio invece che per questo blog/per me tutto è marketing, intesa come la disciplina inintegra tutte le attività di un’organizzazione con coerenza rispetto agli obiettivi.

Che si tratti di aziende, terzo settore o politica molti degli aspetti fondamentali del marketing non cambiano.

Si tratta sempre di definire e realizzare un concetto di “bene” (per l’azienda e per terzo settore il prodotto/servizio, per la politica la proposta politica), comunicarlo ad un determinato gruppo di persone (che si tratti di una nicchia o di tutta la popolazione, i principi non cambiano) e distribuirlo.

Il fatto che la proposta nasca da un’idea propria dell’organizzazione, come normalmente nel caso della politica e del terzo settore, oppure da un’analisi delle esigenze e desideri insoddisfatti delle persone (il mercato) è, nuovamente, un tecnicismo che non modifica i principi. Inoltre è una differenza sempre meno marcata, dal momento che il successo delle marche aziendali si basa sempre di più sulla loro autenticità.

A dimostrazione che i principi del marketing valgono sostanzialmente immutati per i diversi tipi di organizzazione riporto qui un’analisi di concept test per la definizione di una nuova formazione politica realizzata nel 1992 da Giulia Ceriani e riportata nel suo libro (che consiglio vivamente) Marketing Moving: l’approccio semiotico, Franco Angeli.

Analisi semiotica partiti 1992 - 1

Analisi semiotica partiti 1992002

Analisi semiotica partiti 1992-3

In questa analisi si può vedere l’obiettivo di creare una nuova formazione politica per rispondere alle domande lasciate senza risposta dalle attuali (del 1992) proposte politiche oppure per individuare cosa questi vogliono sentirsi dire così da raccontargliela meglio. La seconda opzione in politica si chiama demagogia e nell’attività aziendale si chiama scorrettezza (se la patologia raggiunge livelli più elevati, diventa delinquenza in entrambi i casi). Ognuno valuti secondo la propria coscienza, perchè la questione morale è una questione individuale che riguarda tutti, non è istituzionale e non può essere imposta per legge.

Dove il marketing politico si differenzia da quello aziendale è nel ruolo del consenso e nella scansione temporale dell’attività.

Per i beni e servizi il consenso, espresso con l’acquisto è il FINE che realizza gli obiettivi dell’organizzazione, mentre per la politica il consenso, espresso con il voto, è il MEZZO attraverso cui l’organizzazione viene messa nelle condizioni di realizzare i propri obiettivi.

Tanto per l’organizzazione aziendale come per quella politica un prodotto, dal punto di vista logico, è composto dalla promessa che fa alle persone e da come e quanto questa promessa viene mantenuta nella fruizione.

Nel caso dell’azienda però la progettazione e realizzazione del prodotto avvengono entrambe PRIMA della verifica del consenso, espresso dalle persone con l’acquisto,

Nel caso della politica invece le due fasi avvengono in due momenti distinti. La realizzazione e “consegna” ai cittadini della proposta politica infatti avviene solamente dopo che questi hanno validato la promessa (o progettazione) attraverso il consenso espresso con il voto.

Ecco quindi che la scansione temporale diventa l’altro elemento differenziante tra  il marketing politico e quello dei beni e servizi

L’azienda è sottoposta quotidianamente e continuamente al voto delle persone attraverso le loro scelte d’acquisto, senza possibilità di sapere con precisione in anticipo chi e quanti prevedono di acquistare un determinato tipo di prodotto.

La proposta politica invece è sottoposta la voto delle persone con una periodicità ben precisa, prevista e conosciuta (d’accordo nel caso italiano un po’ meno precisa ed un po’ meno prevedibile).

Questo implica che, mentre per l’azienda la necessità di ottenere il consenso è continua nel tempo, per l’organizzazione politica l’importanza dell’ottenimento del consenso varia nel tempo: è massima prima delle elezioni, diventa minima dopo le elezioni per riprendere a crescere man mano che si avvicina la data delle elezioni seguenti.

La conseguenza operativa per l’organizzazione politica è che concentrarsi nelle attività volte a raccogliere il consenso durante la fase iniziale di esercizio del potere, rischia di distogliere risorse, energie, attenzione e competenze alla effettiva realizzazione delle promesse elettorali e quindi al peggioramento del “prodotto” politico effettivamente consegnato ai cittadini.

Questo rischio è particolarmente elevato nel situazioni di forte spostamento del voto da parte dell’elettorato, perché implica una forte richiesta di cambiamento/innovazione da parte dei cittadini. In altre parole riforme strutturali, che però necessitano di molte energie fisiche, mentali e psicologiche ed implicano la realizzazione di un eterodossia.

Tutte cose difficili e che richiedono tempo prima di dare i loro frutti, tanto più quanto più complesse sono le organizzazioni (non mi dilungo, chi volesse approfondire cosa intendo può leggere i miei vecchi post Viva Felipe Gonzalez ed Eterodossia e Innovazione

Anche partendo dal presupposto (patologico) che l’obiettivo dell’organizzazione politica sia il mantenimento del potere, la strategie migliore sarà quella di realizzare la parte più difficile del programma tempestivamente e rapidamente all’inizio della legislatura, in modo che i risultati raggiunti (le promesse mantenute) nella sua parte finale forniscano una base solida su cui creare nuovamente il consenso.

Questa scansione temporale ha un’implicazione anche sulla comunicazione politica, che dovrebbe seguire il medesimo flusso.

La comunicazione durante la realizzazione della promesse è per definizione scarsamente rilevante.

Inoltre porta facilmente alla dispersione dei messaggi, perché la politica (di governo) non può concentrare la comunicazione sui pochi punti chiave della promessa, principio basilare per l’efficacia della comunicazione delle marche. Contrariamente alle aziende che mettono continuamente le loro promesse (i prodotti) sul mercato a disposizione del cittadino-consumatore, la politica nella fase iniziale di governo non può ancora offrire molto di tangibile.

Comunicare qualcosa che è ancora incompiuto rischia di sottolineare una carenza, condannando ad ulteriore irrilevanzac. Comunicare cose sempre diverse, dispersione dei messaggi, rischia però di creare confusione e quindi un indebolimento nella percezione della proposta, che peggiora nella misura in cui si verificano inevitabili incoerenze nella comunicazione e tra questa e le promesse originali.

C’è un ultima differenza tra il marketing politico ed il marketing aziendale ed è che il primo è molto meno competitivo del secondo.

il numero di proposte politiche è di gran lunga inferiore a quello di proposte di prodotto nella maggior parte dei mercati ed, in un certo senso, gli elettori non possono astenersi dal “consumare” politica.

Il giorno che il numero di acquirenti di musicassette (il link è per i miei più giovani lettori) non è stato più sufficente per sostenere i costi di produzione, chi le produceva ha chiuso. La politica invece appare, per così dire, ineluttabile ed indipendentemente dalla percentuale di astensione, il “mercato” viene ripartito tra le formazioni concorrenti sulla base dei votanti.

Ecco perchè le formazioni politiche riescono a “rimanere in affari” (espressione che uso solamente per parallelismo con l’attività aziendale, nevvero) anche nel caso di grandi differenze tra promesse ed effettiva esperienza di fruizione.

Federico, la prossima volta torno al marketing aziendale. Promesso.