Dei rapporti industria – grande distribuzione organizzata: prima parte

Lo scorso novembre Coop Italia ha fatto una breve campagna pubblicitaria in forma di lettera aperta contro le industrie che chiedevano o prospettavano aumenti, poichè, secondo Coop Italia, questi aumenti erano ingiustificati alla luce del calo dei costi delle materie prime ed inopportuni nella difficile (già allora) situazione economica in cui si trovavano le famiglie. Concetto chiaro, semplice e lineare, a cui Centromarca ha risposto ufficialmente. Lascio a discernimento di ognuno valutare la correttezza e l’efficacia delle poszioni esposte da COOP e Centromarca e relativo “stracciamento di vesti” nei commenti.

Io sabato scorso sono andato come sempre a fare la spesa al supermercato “Essepiù” di Roiano (quartiere di Trieste), insegna appartenente a Coop Nord-Est ed alcuni scaffali erano vuoti con un cartello in corrispondenza dello “slim” del prezzo che diceva che il prodotto era stato ritirato dalla vendita per mancato accordo con il fornitore. Ecco le foto:
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Questo mi ha suggerito una serie di considerazioni:
1) i Signori di Coop Italia sono persone quanto meno “conseguenti”: avevano detto che nel caso in cui le aziende avessero chiesto aumenti ingiustificati, loro avrebbero dovuto di conseguenza ritirare i prodotti dalla vendita, coerentemente con la loro strategia di difesa del potere d’acquisto del consumatore.
2) da anni credo fermamente che i Signori di Coop Italia, insieme ad Esselunga (a nessuno dei due piacerà il paragone, ma è così) sono gli unici operatori della GDO che portano avanti delle vere strategie di marketing, perseguendo un posizionamento del loro marchio (insegna) nella gestione del loro servizio/prodotto (a chi interessa il concetto che il consumatore consuma sempre servizi e mai prodotti, può vedere uno dei primi post di questo blog).
3) da altrettanti anni credo altrettanto fermamente nella validità del punto vendita come mezzo di comunicazione. Ancora di più se chi comunica è l’insegna stessa, per la quale il punto vendita è l’equivalente del packaging del prodotto per l’industria.
4) si dimostra una volta di più come nei confronti del consumatore la GDO sia sempre (almeno) un passo avanti rispetto all’industria. Non è tanto una questione di strategia, quanto piuttosto una questione fisica: la GDO è strutturalmente un livello più vicina la consumatore. L’industria può riempire questo distacco con la comunicazione (in tutti i suoi aspetti, dal pack alla pubblicità), ma parte comunque in svantaggio.
5) conseguenza del punto precedente è che se l’industria vuole replicare con credibilità deve entrare nel merito, perchè difficilmente il consumatore si chiederà in base a cosa la COOP giudica unilateralmente ingiustificati degli aumenti, anche perchè per lui comunque un contenimento od una riduzione dei prezzi rappresenta un vantaggio.
6) conseguenza del punto 1 è però quella di mettere in discussione (benvenga) la dinamica che attualmente regge i rapporti industria-distribuzione perchè come la mettiamo con i listing e contributi vari, giustificati dalla necessità da parte della GDO di far rendere gli scaffali? Nel mio lavoro tengo sempre bene a mente l’insegnamento di tanti anni fa di un professore aumericano che mi sottolineava come l’inserimento di una nuovo prodotto sia automaticamente un aumento di vendite per l’azienda produttrice, ma innanzitutto un costo (grande o piccolo non importa) per la distribuzione. Costo certo che viene compensato dal listing e poi dall’eventuale aumento di rotazioni e/o marginalità del prodotto nuovo inserito. Ma allora lo spazio del prodotto delistato a causa dell’aumento poteva essere destinato a nuovi inserimenti oppure ad aumentare lo spazio dedicato all’attuale assortimento per evitare (o ridurre) le perdite di fatturato e redditività. Di fatto il mancato profitto della COOP è un costo di comunicazione, sostenuto però dall’industria fornitrice. Con che logica quindi COOP può adesso chiedere listings, contributi logistici, promozionali, ecc.. dal momento che non sfrutta appieno il suo potenziale distributivo? Ricordo alcuni anni fa che un buyer della GDO mi disse che spremere al massimo i fornitori era una componente fondamentale e legittima del suo lavoro, poichè drenando quante più risorse possibili dai fornitori, questi poi ne avrebbero avute meno da dare alle altre catene sue concorrenti e quindi così facendo otteneva un doppio vantaggio competitivo: avere condizioni di acquisto migliori a crearne di peggiori per i suoi concorrenti. E’ un’ottica predatoria che ha una sua logica, ma presuppone di essere sempre il primo al spemere il limone.

… la conclusione alla prossima puntata

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