La marginalizzazione del marketing NON ha toccato il fondo

Nell’ultimo post (lo so che è passato un po’ di tempo, ma ho avuto da fare) mi ero impegnato ad approfondire gli aspetti concettuali del supposto declino del marketing.
Nel frattempo però ho cambiato idea sull’ipotesi, che è diventata una affermazione, perchè al di là dei concetti ho messo in fila un po’ di fatti (fonte sempre gli articoli vecchi di un anno di Marketing Management):
- dal 1998 al 2007 la quota del budget dedicata al trade marketing è cresciuta dal 56% al 60%, quella per la pubblicità è passata dal 25% al 26% mentre quella per promozioni al consumatore è passata dal 19% al 14%. Ergo le aziende hanno ridotto il loro dialogo diretto con il consumatore, delegandolo in misura maggiore al trade. Anche con la più buona volontà, ipotizzare che qualcosa si sia perso nel trasferimento è il minimo.

- malgrado oggi ci sia una disponibilità di strumenti di analisi del mercato e del consumatore che non ha eguali nella storia, sotto la pressione continua della (presunta) urgenza, l’inquadramento delle situazioni aziendali viene generalmente fatta in modo approssimativo e semplicistico e le decisioni vengono quindi prese di fatto in base ad intuito/esperienza. La media è la madre di tutti i descrittori, bene che vada si fanno distribuzioni di frequenza. Poi ogni tanto qualche alieno riesce a sviluppare strategie basate sull’applicazione di tecniche di analisi multivariata ai semplici dati interni ed ottiene risultati talmente eclatanti da sembrare casuali. Questo senza parlare della mappatura neuronale o dei panel on line, perchè in realtà il punto non sono le tecniche, quanto piuttosto l’approccio focalizzato sulla mera risposta agli stimoli piuttosto che sulla comprensione dei meccanismi che attivano la risposta.

- la funzione marketing ha smesso di essere il centro della creatività aziendale come era in passato (direi oramai più 10 che 5 anni fa), con conseguente perdita della capacità di innovare significativamente e quindi banalizzazione (commodization) delle marche e dei prodotti.

Credo che la lista dei problemi adesso sia sufficentemente lunga e dettagliata. Al prossimo post (spero presto) le soluzioni.

3 thoughts on “La marginalizzazione del marketing NON ha toccato il fondo

  1. Lorenzo, condivido la tua analisi, ma credo anche che sia importante capire che negli stessi anni, la gdo ha assunto un ruolo ancora più forte, per cui una parte se non tutto quello che prima si spendeva sul consumatore è stato assorbito dal trade.
    In realtà i primi a subire i danni di questa politica è stato il trade che di fronte ad un industria sempre più povera ha usato ed abusato della leva prezzo.
    Un buon punto di partenza, all’esterno delle aziende, sarebbe cambiare il modello negoziale con la GDO, è assurdo pensare che oggi quando ci si siede al tavolo per rinnovare i contratti bisogna lasciare x%, a fronte poi di cosa?

  2. Caro Biscontin, non tiri più fuori dati che altrimenti cadiamo in depressione.
    Però non sono tanto sicuro che il calo degli investimenti in promozione significhi necessariamente riduzione del dialogo con il consumatore: quelle più illuminate, per esempio, hanno trovato nel web un modo straordinariamente efficace di aprire un canale diretto con il cliente. Bisognerebbe forse misurare anche questo.
    Vero è, invece, che le aziende sono state costrette a cedere al ricatto del trade che ha avuto due conseguenze immediate e nefaste:
    - la prima è che si sta delegando al trade la gestione della marca ed il rapporto con il consumatore
    - la seconda è che per far fronte alle continue richieste di esborsi si stanno tagliando i budget per la comunicazione destinata proprio alla marca
    In questo quadro è chiaro come la funzione del marketing all’interno dell’impresa si stia riducendo per importanza, spessore e capacità/necessità di innovare.
    E’ un discorso molto interessante e attendo davvero con curiosità le soluzioni sul suo prossimo post.

    Per inciso: invidio molto il suo “dafare”.

  3. Qualche anno fa, al Vinitaly venne presentata una ricerca riguardo l’approccio delle aziende vinicole al mercato: il dato pù interessante – e sconfortante – che emerse fu che la maggior parte di quelle che dichiaravano di adottare strategie di marketing (una minoranza…) si affidavano innanzitutto alla loro…fantasia. Non ad analisi di assessment o simili e a conseguenti strategie. Così siamo arrivati ai (duri) giorni nostri. Se poi aggiungi un livello di analfabetismo informatico molto elevato anche tra i dirigenti/titolari, ecco che il quadro è completo. Marketing e comunicazione fanno parte di quell’immaterialità che è la prima a saltare per aria quando è tempo di stringere la cinghia. Conosco aziende che non fanno una pence quando devono comprare un fermentino da 50 mila euro, ma ululano come lupi al plenilunio se gliene chiedi la metà in cambio di un anno di lavoro. Perchè il fermentino lo vedono e lo toccano, e il tuo lavoro invece no. Rimarcato ciò, quoto Diego qui sopra. E ne approfitto per ringraziare pubblicamente te e tutti gli amici della tua azienda (il presidente, Ettore, Alberto…) per avermi voluto cooinvolgere nel vostro, ehm, “da fare”. :-)

    Lizzy

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