Learning from the leaders: AIA dakota e mangiata!

E’ da un po’ che ho in testa un post sulle campagne a cui sono stati fatti piccoli aggiustamenti per cercare di ovviera alla loro debolezza strutturale, ma che continuano a non potersi vedere/sentire ed in più hanno perso il piccolo vantaggio della ripetitività.
Però più passano gli anni e più mi viene da pensare al mio karma, quindi lascio da parte le negatività (per la cronaca le campagane che ho in mente sono conad, Negroni Negronetto, Poltrone e Sofà e Citroen) e scriverò invece di una strategia fatta bene: il lancio della slasiccia Dakota di AIA.

Conviene ricordare che AIA con Wudy ha creato il segmento del wurstel di pollo, riuscendo ad avere spesso un doppio display, sia nel reparto pollame che nel reparto wurstel. A conferma che l’innovazione quando è sostanziale riesce sempre a trovare un suo spazio (non solo metaforico).

Questo per dire che l’azienda ha una solida esperienza e competenza di innovazione di successo, che si conferma con il lancio da manuale della nuova salsiccia Dakota:

Dakota AIA

dakota AIA 2

Target (presunto): ovviemente non posso conoscere i piani di AIA, ma considerando che con Wudy già presidiano il target dei bambini e visto il resto della strategia, immagino che l’obiettivo fosse quello di rafforzarsi nel target maschile più adulto, diciamo dagli adolescenti in su.

Prodotto: tecnicamente la salsiccia è un wurstel macinato più grosso (ricetta a parte). Però la salsiccia è anche un prodotto tipico della salumeria di tutte le regioni italiane (cosa che non vale per il wurstel), quindi ha un vissuto più genuino, vero e tipico. In una parola più adulto.

Nome e claim: anche se il claim della campagna non appare sulla confezione (e questo è forse l’unico, piccolo, errore della strategia), credo sia giusto trattarli insieme, vista la pressione pubblicitaria. Dakota rimanda all’America, quindi nuovamente ad un mondo di particolare appeal per quel target adolescente raffigurato anche nello spot (c’è di meglio, ma non l’ho trovato). Un’analisi più approfondita dal punto di vista semantico (che condivido solo in parte, ma non mi rovinerò il karma proprio adesso) la trovate nel blog di Linda Liguori. Aggiungo solo che dai tempi di Keglevich una ricerca fatta con la Naming dimostrava la forza iconica (ossia semiotica) oltre che semnatica della lettera “K” e che la cosa più intelligente mi sembra il collegamento nel claim al “Cotto e Mangiato” diventato familiare ai consumatori grazie/a causa di Benedetta Parodi. L’utilizzo di concetto che rientrano nel frame of reference delle persone si dimostra sempre efficiace quando, come in questo caso, si evita la scopiazzatura.

Packaging: fin dal 1999 le ricerche dicevano che, soprattutto nell’alimentare i consumatori vogliono vedere il prodotto (questo stesso concetto è quello che ha portato le cucine a vista nella ristorazione di alto livello). Il packaging di Dakota porta questo concetto all’estremo mettendo il marchio sul lato trasparente della confezione ed utilizzando la parte colortata per le informazioni nutrizionali e di utilizzo del prodotto. in pratica hanno capovolto la confezione. Qeullo che si perde in attrattività (il marchio appare meno ricco) si guadagna in autenticità e credibilità, già elevata grazie alla garanzia della firma AIA. Da sottolineare anche l’evidenziazione del bnefit “Novità”, soprattutto considerando il target presunto, e qualità premium, che si rivolge al target degli acquirenti, mamme, piuttosto che a quello dei consumatori.
Sull’altro lato una grafica scarna e chiara spiega come preparare la salsiccia con i diversi “strumenti” di cottura, informazioni oramai fondamentali per la gran parte dei consumatori e indispensabili nel caso la mamma non sia in casa. L’aggettivo “scarna” per la grafica non va letto in senso negativo: a me sembra un eccellente esempio di barebone marketing che trasmette un percepito di concretezza e risparmio.

Campagna pubblicitaria: visto che non trova in rete i vari spot non mi dilungo. Sottolineo l’intelligenza dello spot da 10 secondi che si concentra sul benefit principale della cottura in 2 minuti (manca il claim, peccato). Negli spot più lunghi il benefit della rapidità rimane centrale, aggiungendo però la presenza del target di consumo, ragazzi, e di acquisto/preparazione, mamma. Anche se non si vede la mamma è comunque un elemento chiave dello spot, viene quindi coinvolta nelle scelte alimentari della sua famiglia, anzi è lei che cucina. Questo significa (auto)rassicurazione e gratificazione.

Prezzo: la prima volta che si acquista un prodotto è la fase in cui un cosumatore pone la massima attenzione al prezzo. AIA ha laforza di controllare il prezzo a scaffale dei suoi prodotti e quindi è stata in grado di seguire la classica strategia del prezzo di lancio, che favorisce la prova senza sposizionare il prodotto. Oltre al merito di saper comunque tenere la barra a dritta, all’azienda va anche il merito di adottare uno sconto del 50%, immagino in considerazione della difficile situazione economica di una ampia fascia di consumatori. Sarà interessante vedere se dopo la fase di lancio riusciranno a consolidare il (presunto) prezzo normale.

E la comunicazione social: 3.625 mi piace su fb sono un po’ pochi (anche se fossero tutti veri), però mi chiedo: ha un ruolo così importante per il lancio/successo di un prodotto come questo?

2 thoughts on “Learning from the leaders: AIA dakota e mangiata!

  1. Commento meno banale di quel che sembra, nel senso che conferma/dimostra che i prodotti alimentari di costo limitato e destinati all’autoconsumo (o comunque al consumo in situazioni socialmente non impegnative) sono bene ESPERIENZA (che si contrappongono ai beni RICERCA) e quindi è facile indurre alla prova, ma altrettanto facilmente il consumatore non li riacquisterà se non gli piacciono (ricordo che tutti i consumatori sono esperti di quello che gli piace e non gli piace visto che mangiano e bevono da quando sono nati). L’assaggio a casa mia non è stato del tutto soddisfacente, io però personalmente devo ancora provarla.

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