Segmentazione vs. (iper)personalizzazione: strategie alternative o complementari?

Marketing Insights July/August 2015

Non c’è dubbio che il BIG DATA sia uno dei concetti più di moda nel marketing degli ultimi anni.

In estrema sintesi con BIG DATA si indica l’enorme quantità di informazioni disponibili sui comportamenti (di consumo) delle persone attraverso la raccolta delle loro “tracce digitali” e la capacità delle aziende di raccoglierle ed analizzarle per capire cosa succede oggi e prevedere cosa succederà in futuro.

E’ quindi un concetto / attività strettamente legato all’era digitale ed ha portato ad un profondo ripensamento non solo nell’impostazione dell’operatività (di marketing) delle aziende, ma anche nella nell’impostazione delle strategie. In particolar modo l’utilizzo del BIG DATA è alla base dell’evoluzione del marketing verso l’iper-personalizzazione.

Io confesso che sono stato un po’ perplesso rispetto alla centralità strategica del BIG DATA, sia per la difficoltà oggettiva di ricavare informazioni rilevanti e significative da questa enorme massa di dati disorganizzati, sia, soprattutto, perchè le informazioni ricavabili dal BIG DATA sono dettagliatissime su cosa succede adesso, ma dicono poco sul perchè e quindi su cosa succederà in futuro.

Questi dubbi li ho balbettati in un post di qualche tempo sul futuro del marketing: “Il marketing nel 2024 secondo me (biscomarketing) – 2″. Però mi è rimasta la sensazione di non aver veramente focalizzato la questione.

E’ stat quindi un piacere leggere durante le vacanze l’articolo di David Krajicek, Amministratore Delegato di GFK Consumer Experiences Nord America, sul rapporto tra il vecchio concetto di segmentazione e quello nuovo di iper-personalizzazione. L’articolo si intitola “When Opposites Attract” e lo trovate sul numero di luglio/agosto 2015 della rivista Marketing Insights, pubblicata dall’American Marketing Association.

Io qui ne riporto alcune pillole, secondo me molto utili ed illuminanti e sufficientemente leggere da leggere (potenza degli accenti occulti) visto che siamo ancora ad inizio anno e dobbiamo ri-carburare dopo la pausa festiva.

  1. La segmentazione è strategie, l’iper-personalizzazione è esecuzione. Vero che la personalizzazione è una forma estremamente sofisticata di attivazione, ma attivazione rimane. Come dico io, è solo un tecnicismo (per quanto raffinato).
  2. La segmentazione identifica i consumatori potenziali della marca, l’iper-personalizzazione si focalizza su coloro che hanno già espresso un interesse per la marca.
  3. La segmentazione si focalizza sulle motivazioni, l’iper-personalizzazione è basata sulle azioni.
  4. La segmentazione guarda al futuro, l’iper-personalizzazione vive nel presente.
  5. La segmentazione trova gli spazi liberi, l’iper-personalizzazione corre a chiudere il divario.
  6. La segmentazione è invisibile per i consumatori, l’iper-personalizzazione può essere dolorosamente evidente (e invasiva).
  7. Non tutto deve essere personalizzato: l’uso del BIG DATA porta con sè la tentazione di personalizzate e micro-targettizzare solamente perchè è tecnicamente possibile.

L’articolo conclude con questo paragrafo:

Alla fin fine non c’è un buon sostituto alla comprensione strategica dei mercati ed a dove risiedono i diversi targets. La buona gestione richiede un equilibrio tra quello che è personale e quello che è generale (“scalable” in originale N.d.T.). Abbiamo bisogno di essere più precisi nella comprensione di quelli che sono i bisogni e le motivazioni più importanti per i consumatori, non semplicimente nella conoscenza dei comportamenti che i consumatori hanno già manifestato. Segmentazione ed iper-specializzazione possono lavorare insieme per creare l’equilibrio perfetto tra micro e macro, strategia ed esecuzione.

In altre parole io direi che per far fruttare al meglio le possibilità offerte dalla iper-specializzazione l’azienda (che ha risorse di tempo, soldi e persone limitate) deve gestirle con una visione strategica costruita (anche) attraverso la segmentazione.

Bene, bello, sono d’accordo con me stesso. Però so di avere oramai una certa età e quindi mi chiedo: non sarà che questa visione è legata alle mie abitudini ed alle mie competenze?

Ho studiato abbastanza statistica multivariata per chiedermi se (l’apparente) incapacità attuale di capire le motivazioni dei comportamenti attraverso il BIG DATA non sia solo frutto della nostra incapacità nel raccogliere ed analizzare i dati. E quindi sia destinata ad essere superata in un (prossimo) futuro.

Melgio il dubbio o la certezza? Un mio amico all’Università aveva una sola certezza: meglio il dubbio.

 

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