C’e’ un sistema per fare sistema? 1

Due premesse per aprire questo post:
- non e’ un post che riguarda solo il settore vitivinicolo, e’ un post che riguarda ANCHE il settore vitivinicolo. L’ho specificato perche’, come sapete, mi preoccupa un po’ la deriva enologica che puo’ prendere il blog e dopo 5 anni nel settore comincio anche io ad essere vittima dello strabismo che porta chi si occupa di vino a percepire il settore come assolutamente specifico e centrale dell’universo. Se credete che esageri, eccovi due citazioni da “L’invenzione della gioia” di Sandro Sangiorgi
Pag 5 … “Essere nel vino” non e’ solo un dovere di chi lo produce ma snche di chi lo consuma….
Pag 21 il Vino contiene il mondo, per questo motivo non dobbiamo precluderci alcuna associazione……
E poi ci stupiamo se i consumi di vino calano e quelli di birra crescono ….
- Leonardo Sciascia riferendosi alla sua Sicilia natale parlava di terra irredimibile. Recentemente ho sentito questa medesima espressione riferita all’Italia sia nelle conversazioni di colleghi che in un articolo sul Corriere (credo). Se la condividete (e non e’ detto che abbiate torto) potete risparmiavi di leggere questo post. Se invece non ci credete perche’ siete testardi e/o sognatori, magari trovate qualcosa di interessante.
Entrando nel merito, sento l’espressione “necessita’ di fare sistema” almeno da quando lavoro (ma probabilmente qualcuno me l’avra’ gia’ detta all’universita’). Visto che la si ripete da oltre vent’anni ho e’ una bugia (falso ideologico), nel senso che questa necessita’ o utilita’ non e’ reale, oppure siamo tutti degli incapaci.
Il corollario, almeno in ambito alimentare, e’ tipicamente “dovremmo imparare dai francesi e dalla loro Sopexa”. Sopexa e’ l’agenzia a capitale pubblico (ma forse adesso la struttura dell’azionariato e’ cambiata) che guida le strategie di internazionalizzazione dei prodotti agro alimentari francesi. In pratica l’equivalente in termini istituzionale del nostro ICE (che non ho capito se esiste ancora oppure no); per un’ idea sul livello di equivalenza operativa credo che basti vedere i due siti.
E qui nuovamente viene il sospetto che siamo degli incapaci perche’ alla fin fine copiare da quelli piu’ bravi non dovrebbe essere cosi’ difficile.
Per affrontare la questione in modo efficace, ossia sperando di trovare delle soluzioni, la capacita’ va analizzata nelle sue due componenti: l’abilita’ e la volonta’. In realtà molti anni fa, in una serata al Caffè Concerto di Favaro Veneto (il locale esiste ancora), ero arrivato alla convinzione che la componente essenziale sia la volontà perchè con la volontà (e con il tempo) le abilità di acquisiscono.
Però per capire che abilità ci vogliono per fare sistema e quindi dove dirigire la nostra volontà bisogna prima definire cosa si intende per fare sistema.
Io mi sono applicato un po’ in ricerche in rete, ho trovato un’infinità di link (come tutti non sono andato oltre alla seconda pagina di google), riguardanti i settori più diversi e gli ambiti territoriali più vari, però una definizione chiara e condivisa di cosa significhi e di quali siano i requisisti necessari per fare sistema, non l’ho trovata.
L’espressione, o lo slogan se preferite, “fare sistema” viene utilizzato senza circostanziarlo, dando per scontato che tutti gli interlocutori ne diano la medesima interpretazione, ne riconoscano i medesimi vincoli e vantaggi. I problemi sorgono quando si cerca di passare dalle parole ai fatti, quando le diverse interpretazioni vengono evidenziata dalla realtà.
Credo quindi sia fondamentale definire in modo più preciso il concetto e soprattutto circoscriverlo perchè anche la pratica aziendale dimostra che nell’integrazione tra diverse aree di business si raggiunge un punto in cui la complessità dovuta all’eterogeneità, più che alla dimensione, crea dei problemi di efficacia e l’efficienza si stabilizza (quando non incomincia a peggiorare).
Da qui in avanti quindi cercherò di analizzare il concetto del “fare sistema” relativamente al settore agro-alimentare, in termini settoriali ed all’Italia in termini geografici. L’approccio sarà, ovviamente, di marketing quindi partendo dal mercato l’obiettivo del fare sistema sarà principalmente quello di migliorare la proposta del settore agro-alimentare sui mercati esteri.
Non è detto che quello che ne verrà fuori non possa essere valido anche per altri settori, oppure per aggregazioni di diversa dimensione settoriale e/o territoriale oppure anche per il mercato nazionale. Anzi spero sia così, ma circoscrivendo (relativamente la questione) credo sia più facile evitare il rischio di perdersi nell’eccessiva complessità e non arrivare a nessuna conclusione.
Nel prossimo post il primo punto dell’analisi: PERCHE’ fare sistema?

Il re è nudo (ma non l’ho spogliato io)

Premessa n. 1: sono un bevitore recente ed occasionale di caffè, di fatto lo bevo solo al bar.
Premessa n. 2: più passano gli anni e meno sopporto i rumori inutili.
Premessa n. 3: la sensibilità delle persone ai temi ambientali è un atteggiamento oramai consolidato.
Premessa n. 4: un giorno ho sentito dire che per non perdere una buona battuta può valere la pena di perdere un’amicizia. non sono d’accordo, meno che meno quando invece di una battuta si tratta di un post.

Spero quindi che i miei amici e conoscenti che lavorano nell’industria del caffè non se la prendano per quello che sto per scrivere.

Poco più di un mese fa in ufficio prima di una riunione sono stati preparati di seguito svariatti caffè da una, oramai classica, macchina a capsule. Il fastidio, vedi premessa 2, mi ha fatto pensare all’evoluzione dalla moka – capsula – cialda ed al progressivo inquinamento ambientale (compreso quello acustico) che ha implicato.

Evidentemente non sono stato nè il primo nè l’unico a porsi questa domanda ed infatti se mettete in un motore di ricerca “impatto ambientale capsule caffè” trovate un po’ di siti e blog dove si sottolinea l’ecoincompatibilità delle capsule rispetto alle cialde, per non parlare della moka con il suo ridotto consumo energetico rispetto alle macchine per l’espresso casalingo.

Tra l’altro vengono citate le esperienze di “Vergnano 1882″ e “7 gr.” (possibile sia ancora così diffuso e frequente l’errore di indicare i grammi con la sigla “gr.” invece del simbolo “g”?) che commercializzano esclusivamente le cialde proprio puntando sulla loro eco-compatibilità.

Ho trovato anche un intervento del 2008 di Andrea Illy che, non senza un certo coraggio imprenditoriale, sottolinea come le capsule in plastica ed alluminio siano il non plus ultra dell’eco-compatibilità in quanto materiali perfettamente riciclabili. I commenti al post però tendono, giustamente, ad impallinarlo. Ricordo che il concetto di sostenibilità ambientale si base sulla pratica delle 3R: RIDUCI, RIUSA, RICICLA.

La cosa è tanto più sorprendente se si pensa che Illy fu l’ideatore del sistema E.S.E. (Easy serving Espresso) in cialde totalmente biodegradabili e lo liberalizzò dando origine al consorzio E.S.E. proprio con l’obiettivo di favorirne la diffusione sia tra i produttori che tra i produttori di macchine. Un grande esempio di co-opetizione con l’obiettivo di favorire ed accellerare la crescita di un nuovo mercato più che di escludere i concorrenti; in altre parole meglio giorcarsi una quota piccola di un mercato grande che una quota grande di un mercato piccolo.

Eppure negli ultimi anni anche illy è passata alle capsule che funzione su macchine “brand specifiche” per cui una volta scelta la macchina Illy, il consumatore non potra utilizzare altre marche di caffè (stessa politica seguita da Lavazza, Nespresso, ecc..).

Cos’è successo? Partendo dal presupposto che le capsule permettono di ottenere un espresso migliore, i produttori di caffè hanno valutato che tra la coscenza ed il piacere, il consumatore sceglierà quest’ultimo. Tanti anni fa nel risolvere un caso aziendale che riguardava la catena di supermercati americani Giant Food ho detto che le persone vogliono essere trattati da cittadini, me quando si trovano nel momento dell’acquisto si comportano da consumatori.

Però era, appunto, tanti anni fa ed oggi mi chiedo: fino a quando?

Co-opetizione

Finalmente sono riuscito ad aggiustare (per l’ennesima volta biscomarketing). Per farmi perdonare dei danni, e quindi ritardi, che causa la mia poca destrezza con l’informatica, ecco un post piuttosto denso sulla co-opetizione (se non sapete cos’è, non preoccupatevi siete in ottima e numerosa compagnia).
In realtà si tratta della mia relazione al convegno “La crisi come opportunità: conoscenza e cooperazione per rilanciare il vino siciliano” tenutosi a Marsala il 4 dicembre scorso.

Buona lettura.

Lorenzo
sintesi coopetizione