Il marketing democratico

Durante il mese di giugno ho dedicato un po’ di tempo alla lettura dei numeri arretrati di Marketing Management e Marketing News (le riviste dell’American Marketing Asocciation).
Ovviamente non sono riuscito a portarmi in pari, ed e’ un peccato perche’, come sempre, ho trovato dei concetti che mi sarebbero stati di grande utilita’ per i progetti realizzati. Meno male che comunque sono riuscito in buina parte ad arrivarci da solo quando mi e’ servito ed ho trovato anche cose che mi verranno buone per i progetti futuri.
Ad ogni modo un numero particolarmente ricco di Marketing Management e’ stato quello del novembre-dicembre 2008, dove c’era un articolo su motivi del declino del marketing all’interno delle organizzazioni e relativi rimedi (argomento fondante di biscomarketing) ed uno sul marketing democratico. Oggi volevo riportare una seintesi di quest’ultimo.
L’analisi prende le mosse dal successo della campagna “Evolution” realizzata nel 2006 per il sapone DOVE dell’Unilever dall’agenzia Ogilvy & Mather, nella quale in un minuto si mostra l’evouzione di una normale ragazza in una modella da copertina attraverso il make-up e l’uso di photoshop per concludere con lo slogan “Non c’è da stupirsi se la nostra percezione della bellezza è distorta”.
Alla base della campagna c’era una nuova definzione della mission della marca: “la missione di DOVE è far sì che più donne si sentano belle ogni giorno allargando la ristretta definizione di bellezza ed inspirandole a prendersi cura di sè stesse”.
Detto in altre parole, quelle di Philippe Harousseau, Direttore dello sviluppo della marca: “Se tu non sei adamantino riguardo alla mission della marca non puoi controllare cosa succede quando le persone la amplificano. Tutti coloro che lavorano in Dove le conoscono a memoria. La nostra nozione di bellezza non è elitaria, è celebrativa, inclusiva e democratica.”
Con il termine democratico gli autori intendono il fatto che i consumatori giocano un ruolo maggiore nel mercato e di conseguenza l’aspettativa che il marketing porti benefici anche alla società in generale.
Si basa innanzitutto sul rispetto per il consumatore; come dice Leonard Marsh, uno dei fondatori della Snapple Beverage Company, “Noi non abbiamo mai pensato di essere meglio dei nostri consumatori”. Può sembrare una banalità, ma chi ha frequentato le aziende sa quanto spesso si propongano (e talvota si realizzino) strategie basate sul presupposto che tanto il consumatore è, in qualche misura, ignorante.
Gli autori quindi definiscono i 6 principi del marketing democratico:
Scambio: lo scambio tra un compratore ed un venditore può creare valore per ognuno ed anche aggiungere valore alla società. Gli scambi sono giusti, equi e socialmente responsabili.
Consumo: il marketing offre ai consumatori l’opportunità di consumare prodotti e servizi innovativi che migliorano la qualità della vita. Non promuove il consumo di beni e servizi che danneggiano i cosnumatori.
Scelta: la scelta segna un equilibrio tra diversità e confusione. Esistono significative differenza tra scelte e benefici, reali e percepiti, che nascono dalla disponibilità di scelte diverse.
Informazione: gli operatori del mercato informano i consumatori con la minima intrusione. Forniscono informazioni interessanti e rilevanti. Proteggono scrupolosamente le informazioni relative ai consumatori che raccolgono nella loro attività.
Partecipazione: gli operatori del mercato danno ai consumatori il potere di realizzarsi, li coinvolgono nello sviluppo dei beni e servizi, li sollecitano ed ascoltano e si comportano di conseguenza alle informazioni fornite dai consumatori.
Inclusione: gli operatori del mercato si rivolgono a tutti i consumatori, rispettando i diversi valori e le diverse culture.
Quest’ultimo punto può essere descritto anche come universitalità del marketing democratico, che tratta tutti gli individui come potenziali clienti.
Evidentemente si può vedere tutta questa analisi con gli occhi del cinismo e dire che si tratta solo di belle parole che hanno l’obiettivo di far apparire il marketing sotto una luce positiva, che in realtà non ha.
Io però, a parte l’esempio di DOVE riportato nell’articolo, se penso ad alcuni casi di successo negli ultimi anni (il primo che mi vien in mente è Diesel e prima ancora Benetton, per rimanere nel tessile) ritrovo questo tipo di approccio.
Leggendo poi ho anche ritrovato il concetto di lusso inclusivo sviluppato a suo tempo ed un supporto alla mia sparata sulla marginalizzazione del marketing come una delle concause della crisi economica mondiale.
Infine la scarsa diffusione del marketing democratico si può collegare anche al suo declino nelle aziende e nella società.
Il prossimo post quindi sarà dedicato all’articolo che analizza qesta situazione.