Peculiarità del marketing politico.

Federico dice che dovrei smettere di parlare di (marketing) politica perchè non ho credibilità e perchè sbaglio le previsioni, come dimostra quelle che ho fatto lo scorso 23 febbraio nel mio post “L’importanza dell’analisi di scenario per la scelta della strategia migliore: il caso del governo Renzi” dello scorso 23 febbraio.

Io gli contesto almeno il secondo punto perchè nel mio post sostenevo che, in base all’aplicazione di uno strumento per l’analisi di scenario che utilizzavo normalmente in azienda, Renzi aveva scelto la strategia, inutilmente, più difficile per raggiungere il suo obiettivo di cambiare il Paese. Non avevo quindi nè detto che avrebbe perso alle europee, nè che non ci sarebbe riuscito. Oggi, con Renzi che è passato dall’annuncio di realizzare una riforma al mese all’annuncio del programma dei 1.000 giorni, forse è presto per dire che avevo ragione, ma mi sembra un azzardo dire che avevo torto.

Quindi continuo a parlare di marketing applicato alla politica. Che è come dire una parolaccia. La cosa non mi sorprende, considerando che l’espressione “è solo marketing” ha una connotazione sostanzialmente negativa per la maggioranza delle persone, anche riferita ad organizzazioni che perseguono principalmente un interesse particolare, come le aziende. Addirittura “è solo marketing” significa qualcosa di finto, artificiale, ingannatorio per un gran numero di persone anche all’INTERNO delle aziende.

Figuriamoci quando si tratta di politica, ossia (teoricamente) del bene comune.

Ovvio invece che per questo blog/per me tutto è marketing, intesa come la disciplina inintegra tutte le attività di un’organizzazione con coerenza rispetto agli obiettivi.

Che si tratti di aziende, terzo settore o politica molti degli aspetti fondamentali del marketing non cambiano.

Si tratta sempre di definire e realizzare un concetto di “bene” (per l’azienda e per terzo settore il prodotto/servizio, per la politica la proposta politica), comunicarlo ad un determinato gruppo di persone (che si tratti di una nicchia o di tutta la popolazione, i principi non cambiano) e distribuirlo.

Il fatto che la proposta nasca da un’idea propria dell’organizzazione, come normalmente nel caso della politica e del terzo settore, oppure da un’analisi delle esigenze e desideri insoddisfatti delle persone (il mercato) è, nuovamente, un tecnicismo che non modifica i principi. Inoltre è una differenza sempre meno marcata, dal momento che il successo delle marche aziendali si basa sempre di più sulla loro autenticità.

A dimostrazione che i principi del marketing valgono sostanzialmente immutati per i diversi tipi di organizzazione riporto qui un’analisi di concept test per la definizione di una nuova formazione politica realizzata nel 1992 da Giulia Ceriani e riportata nel suo libro (che consiglio vivamente) Marketing Moving: l’approccio semiotico, Franco Angeli.

Analisi semiotica partiti 1992 - 1

Analisi semiotica partiti 1992002

Analisi semiotica partiti 1992-3

In questa analisi si può vedere l’obiettivo di creare una nuova formazione politica per rispondere alle domande lasciate senza risposta dalle attuali (del 1992) proposte politiche oppure per individuare cosa questi vogliono sentirsi dire così da raccontargliela meglio. La seconda opzione in politica si chiama demagogia e nell’attività aziendale si chiama scorrettezza (se la patologia raggiunge livelli più elevati, diventa delinquenza in entrambi i casi). Ognuno valuti secondo la propria coscienza, perchè la questione morale è una questione individuale che riguarda tutti, non è istituzionale e non può essere imposta per legge.

Dove il marketing politico si differenzia da quello aziendale è nel ruolo del consenso e nella scansione temporale dell’attività.

Per i beni e servizi il consenso, espresso con l’acquisto è il FINE che realizza gli obiettivi dell’organizzazione, mentre per la politica il consenso, espresso con il voto, è il MEZZO attraverso cui l’organizzazione viene messa nelle condizioni di realizzare i propri obiettivi.

Tanto per l’organizzazione aziendale come per quella politica un prodotto, dal punto di vista logico, è composto dalla promessa che fa alle persone e da come e quanto questa promessa viene mantenuta nella fruizione.

Nel caso dell’azienda però la progettazione e realizzazione del prodotto avvengono entrambe PRIMA della verifica del consenso, espresso dalle persone con l’acquisto,

Nel caso della politica invece le due fasi avvengono in due momenti distinti. La realizzazione e “consegna” ai cittadini della proposta politica infatti avviene solamente dopo che questi hanno validato la promessa (o progettazione) attraverso il consenso espresso con il voto.

Ecco quindi che la scansione temporale diventa l’altro elemento differenziante tra  il marketing politico e quello dei beni e servizi

L’azienda è sottoposta quotidianamente e continuamente al voto delle persone attraverso le loro scelte d’acquisto, senza possibilità di sapere con precisione in anticipo chi e quanti prevedono di acquistare un determinato tipo di prodotto.

La proposta politica invece è sottoposta la voto delle persone con una periodicità ben precisa, prevista e conosciuta (d’accordo nel caso italiano un po’ meno precisa ed un po’ meno prevedibile).

Questo implica che, mentre per l’azienda la necessità di ottenere il consenso è continua nel tempo, per l’organizzazione politica l’importanza dell’ottenimento del consenso varia nel tempo: è massima prima delle elezioni, diventa minima dopo le elezioni per riprendere a crescere man mano che si avvicina la data delle elezioni seguenti.

La conseguenza operativa per l’organizzazione politica è che concentrarsi nelle attività volte a raccogliere il consenso durante la fase iniziale di esercizio del potere, rischia di distogliere risorse, energie, attenzione e competenze alla effettiva realizzazione delle promesse elettorali e quindi al peggioramento del “prodotto” politico effettivamente consegnato ai cittadini.

Questo rischio è particolarmente elevato nel situazioni di forte spostamento del voto da parte dell’elettorato, perché implica una forte richiesta di cambiamento/innovazione da parte dei cittadini. In altre parole riforme strutturali, che però necessitano di molte energie fisiche, mentali e psicologiche ed implicano la realizzazione di un eterodossia.

Tutte cose difficili e che richiedono tempo prima di dare i loro frutti, tanto più quanto più complesse sono le organizzazioni (non mi dilungo, chi volesse approfondire cosa intendo può leggere i miei vecchi post Viva Felipe Gonzalez ed Eterodossia e Innovazione

Anche partendo dal presupposto (patologico) che l’obiettivo dell’organizzazione politica sia il mantenimento del potere, la strategie migliore sarà quella di realizzare la parte più difficile del programma tempestivamente e rapidamente all’inizio della legislatura, in modo che i risultati raggiunti (le promesse mantenute) nella sua parte finale forniscano una base solida su cui creare nuovamente il consenso.

Questa scansione temporale ha un’implicazione anche sulla comunicazione politica, che dovrebbe seguire il medesimo flusso.

La comunicazione durante la realizzazione della promesse è per definizione scarsamente rilevante.

Inoltre porta facilmente alla dispersione dei messaggi, perché la politica (di governo) non può concentrare la comunicazione sui pochi punti chiave della promessa, principio basilare per l’efficacia della comunicazione delle marche. Contrariamente alle aziende che mettono continuamente le loro promesse (i prodotti) sul mercato a disposizione del cittadino-consumatore, la politica nella fase iniziale di governo non può ancora offrire molto di tangibile.

Comunicare qualcosa che è ancora incompiuto rischia di sottolineare una carenza, condannando ad ulteriore irrilevanzac. Comunicare cose sempre diverse, dispersione dei messaggi, rischia però di creare confusione e quindi un indebolimento nella percezione della proposta, che peggiora nella misura in cui si verificano inevitabili incoerenze nella comunicazione e tra questa e le promesse originali.

C’è un ultima differenza tra il marketing politico ed il marketing aziendale ed è che il primo è molto meno competitivo del secondo.

il numero di proposte politiche è di gran lunga inferiore a quello di proposte di prodotto nella maggior parte dei mercati ed, in un certo senso, gli elettori non possono astenersi dal “consumare” politica.

Il giorno che il numero di acquirenti di musicassette (il link è per i miei più giovani lettori) non è stato più sufficente per sostenere i costi di produzione, chi le produceva ha chiuso. La politica invece appare, per così dire, ineluttabile ed indipendentemente dalla percentuale di astensione, il “mercato” viene ripartito tra le formazioni concorrenti sulla base dei votanti.

Ecco perchè le formazioni politiche riescono a “rimanere in affari” (espressione che uso solamente per parallelismo con l’attività aziendale, nevvero) anche nel caso di grandi differenze tra promesse ed effettiva esperienza di fruizione.

Federico, la prossima volta torno al marketing aziendale. Promesso.

 

L’importanza dell’analisi di scenario per la scelta della strategia migliore: il caso del governo Renzi.

Come avevo annunciato domenica scorsa, ecco le riflessioni sulle analisi di scenario basate sulla formazione del nuovo governo Renzi.

La mie intenzione era di dare centralità ai principi ed alle tecniche di analisi, da cui la scelta di parlarne oggi, a freddo rispetto alla formazione del governo. Questa in realtà non è stata nè così rapida nè così liscia come previsto, voglio sottolineare una volta di più che la scelta dell’argomento politico è solamente un personale divertissement.

Parto dall’analisi “Nella testa di Renzi” fatta da Francesco Costa su “Il Post”, che cerco di sintetizzare per stralci, in modo da definire la sua analisi dello scenario.

Renzi è segretario del PD da dicembre. Il suo grande consenso popolare, semplificando, si basa soprattutto sul suo essere diverso dalla grandissima parte di quelli che ha attorno. Diverso come toni, diverso come efficacia, diverso come curriculum e provenienza, diverso come passo.

Riformulo la domanda: Renzi è al governo o all’opposizione? Per quanto straordinario, il governo Letta è senza ombra di dubbio un governo del PD. Allo stesso modo però è un governo con cui Renzi non ha praticamente niente a che fare,

Renzi, per fare Renzi, doveva far correre il governo Letta e le sue riforme: non c’è riuscito. Mandare quattro dei suoi al governo avrebbe dato la sveglia al governo?

Le elezioni europee, storicamente, sono pesantissime per il governo in carica (….) Renzi ha detto più volte esplicitamente che il PD rischia una scoppola, se non si dà una mossa e quindi se non dà una sveglia al governo, “se non porta a casa qualcosa”. La legge elettorale e l’abolizione del Senato erano quel tentativo: arenato.

Scenario realistico, il più probabile: Renzi, per quanto tenti di fare il Renzi, non ci riesce. Il suo destino, la sua carriera politica, la possibilità di vincere un giorno le elezioni, si ritrovano legate a un Parlamento ingolfato, a un governo immobile e a un’elezione imminente che deve affrontare difendendo il governo immobile. Rischio concretissimo: il PD va male alle Europee. Migliora la sua percentuale di voti rispetto alle politiche, magari invece di prendere il 25 prende il 29 per cento. (…..) è così improbabile che il Movimento 5 Stelle prenda il 30? Pensate a questa ipotesi, piuttosto credibile: gli attacchi duri a un governo impopolare premiano l’opposizione e soffocano la maggioranza, quindi alle europee, magari per un pelo, il Movimento 5 Stelle diventa il primo partito. Il risultato è che Renzi è cotto. Una cosa doveva saper fare, prendere i voti, e non ci è riuscito.

…… soprattutto perché andare a votare con l’attuale legge elettorale, un proporzionale puro, garantisce matematicamente la necessità di dover ricorrere nuovamente a un governo di larghe intese.

Per cui, a un certo punto, Renzi pensa: sai che c’è? Se il mio destino dipende dal governo, tanto vale che il governo lo faccia io. Rischio? Certo che rischio. Ma rischio comunque. Almeno così dipende da me, mi gioco le mie carte, padrone del mio destino.

Immagino che Renzi si renda conto che questo passaggio è stato molto rozzo, per usare un eufemismo. Una manovra di palazzo, come dicono quelli: non ci piove. Ma Renzi sa anche che (…..) che in ultima istanza l’unica cosa che conterà per le sue sorti politiche sarà quello che farà quando sarà capo del governo: se farà cose buone e popolari tra sei mesi nessuno nemmeno si ricorderà come arrivò al governo.

Questo in sintesi lo scenario secondo Francesco Costa e da qui partiamo.

1° assunto teorico: il marketing è una scienza analitica e non deterministica (come tutte le scienze sociali suppongo). Questo significa che fornisce le tecniche per analizzare in modo completo ed efficace gli scenari.

2° assunto teorico: se nell’affrontare uno scenario avete una sola strategia siete morti (la vecchia storia degli oceani rossi ed oceani blu). In realtà ci sono sempre strategie alternative, quindi se nell’affrontare uno scenario avete una sola strategia, siete morti per perchè siete pigri (proverbio spagnolo: la pereza es la madre de la pobreza).

3° assunto teorico: confrontando diverse strategie bisognerà preferire quella minimizza le probabilità di rischio e/o massimizza le probabilità di risultato. Più gli scenari sono complessi e/o le strategie diverse e più è necessario scomporre i vari elementi per fare una valutazione completa.

Per questo è necessario un approfondimento dei punti di forza e debolezza della proposta politica di Renzi (attenzione che “proposta politica” va inteso come se fosse la “unique selling proposition” o “best selling proposition” di una marca/prodotto.

Questa è l’analisi che ho fatto io:
Renzi: punti di forza.
- È nuovo e diverso.
- E’ trasparente, chiaro, coerente.
- Rispetto per le regole vs. accordi di palazzo.
- E’ pragmatico e deciso (da sindaco ha dimostrato di saper fare, e bene). Non ha pregiudizi ideologici.
- Merito vs. casta.
- Ha un ideale di società più semplice e più giusta in termini di diritti, doveri e privilegi.

Renz: punti di debolezza.
- E’ come gli altri, mosso dall’ambizione (e dall’interesse) personale per il potere.
- La racconta bene, ma è solo facciata.
- Non ha né esperienza ne programma.
- Non è né di sinistra, né tanto meno progressista. La sua visione della società è allineata con quelle delle elites (caste) imprenditoriali e finanziarie.

Vanno poi definiti gli obiettivi strategici. Su questo riprendo l’analisi di Costa secondo cui l’obiettivo di Renzi era fare il Presidente del Consiglio per cambiare davvero l’Italia e non personale ambizione di potere. Questo perchè ci credo (credeveo?), ma soprattutto perchè è l’obiettivo dichiarato e quindi l’unico che è lecito prendere in considerazione. Evidente che l’ottenimento del potere è condizione necessaria, ma non sufficiente, per operare il cambiamento. Come sottolinea giustamente Costa … per cambiare l’Italia davvero, per trattare con alleati e sindacati e industriali da posizioni di forza, serve la spinta politica che può darti solo un netto successo elettorale.

Mettendo insieme lo scenario di Costa, la mia analisi dei punti di forza e debolezza e l’obiettivo di Renzi è possibile innanzitutto sviluppare strategie alternative e poi valutarle in modo rigoroso.

La strategia della “staffetta” seguita da Renzi la conosciamo tutti. La chiamerò “Strategia 1″. Per ragioni di brevità mi limiterò ad una sola alternativa (ripeto che lo scopo di questo post è principalmente quello di approfondire le riflessioni sulle tecniche di analisi) che chiamerò “Strategia 2″ (oggi fantasia al potere).

L’altra strategia per raggiungere l’obiettivo di diventare Primo Ministro e rinnovare il Paese poteva essere andare al voto con il sistema proporzionale, accorpando le politiche alle europee.

Di seguito trovate l’analisi delle due strategie, scomposte negli elementi che caratterizzano lo scenario tratteggiato da Costa, in base alla probabilità che si verifichi l’elemento, il suo effetto nel rafforzare la convinzione degli attuali simpatizzanti/elettori e nell’attirare nuovi simpatizzanti/elettori. Anche in questo caso la scelta di utilizzare solamente due parametri di analisi degli elementi risponde ad un principio di semplificazione dell’esposizione. Nulla vieterebbe, anzi nel caso reale sarebbe auspicabile, che la ponderazione della probabilità avvenisse sulla base delle intenzioni di voto (o della loro variazione) dei diversi segmenti dell’elettorato (intesi quelli che oggi voterebbero PD, M5S, NCD, FI, SEL, etc..) al verificarsi o meno dei diversi elementi.

Valutazione strategie Renzi

AVVERTENZA: l’uso dei numeri permette di scomporre e pesare con maggior rigore i diversi elementi del ragionamento, ma non li fanno diventare veri di per sè. Non bisogna quindi incorerre nell’errore di credere che l’analisi sia vera solo perchè formalizzata in termini quantitativi. I numeri aiutano ad analizzare i ragionamenti e capire se e quanto sono corretti. In questo caso le considerazioni sono state che nell’andare a breve alle elezioni con il sistema proporzionale Renzi comunque ci mette la faccia mantenendo iniziativa politica e dinamismo, non intraprende azioni incoerenti con il suo percorso e le sue dichiarazioni politiche e quindi non perde credibilità ed immagine di novità. Anzi la rafforza facendo una cosa di cui si è spesso parlato, ma non si è mai fatta malgrado permetta un risparmio di soldi pubblici (l’accorpamento di politiche ed europee). Riduce il rischio di un insuccesso alle europee del partito di governo, grazie all’effetto trascinamento delle politiche, che sarebbero diventate una sorta di plebiscito sul cambiamento/rinnovamento del paese (di cui è già l’emblema). Costringe gli avversari politici a prendere posizioni ed impegni chiari nei confronti dell’elettorato, mettendone in evidenza l’eventuale volontà di mantenere lo status quo (come aveva già fatto presentando tre proposte di riforma elettorale che evidenziavano l’effetiva volontà di non affrontare la questione, salvo poi virare sugli accordi ad personam con Berlusconi).
Anche nel caso, probabile, di dover fare un governo di coalizione, avrebbe avuto più libertà nella scelta della compagine di governo e del programma. Che la coalizione fosse più assurda dell’attuale sarebbe stato alquanto improbabile.
Oggi si gioca tutto sul miracolo di realizzare un programma di governo diverso senza cambiare nè la maggioranza, nè le persone.
La “Strategia 2″ risulta preferibile perchè permetteva di trovarsi, alla peggio, nella situazione attuale, senza perdita di credibilità, quindi di capitale politico/elettorale.

Vero che secondo Costa le elezioni erano un’opzione non prevista da Napolitano, ma alla base quali alternative poteva avere? Soprattutto non si può innovare senza eterodossia e per crescere bisogna “uccidere” il padre (in questo caso il nonno).

Concludo con due personali considerazioni politiche:
- In tempi non sospetti ho dichiarato che per il rinnovamento del Paese contavo su Renzi per convinzione, adesso spero su Renzi per necessità.
- Più ci penso è più mi convinco di quanto interessante sia l’opzione della sorteggiocrazia (scusate per il link all’articolo in inglese, ma quello all’Internazionale non c’è).

Carosello Zonin, McDonalds, PD.

C’è chi a pranzo/cena fotografa i piatti e chi guarda le pubblicità sui giornali.
Tutti abbiamo le nostre perversioni.
L’altro giorno pranzavo (come spesso mi succede) da solo e sfogliando il giornale 2 pubblicità hanno colpito la mia attenzione:

ZONIN: DO YOU SPEACK PROSECCO?

ADV prosecco Zonin

Da alcuni anni Zonin realizza campagne stampa con questo annuncio verticale sui quotidiani. Quello che mi ha colpito questa volta è il testo in inglese.
Escludendo che si tratti di una campagna internazionale utilizzata tal quale per risparmiare i soldi di un nuovo impianto (la teconolgia digitale ha ridotto tempi e costi rispetto ai vecchi tempi delle “lastre”) o per difficoltà di traduzione (“Condividilo con chi ami“), ritengo si tratti di una scelta precisa.
Constato quindi che prosegue e si diffonde questa scelta strategica di rafforzamento del percepito qualitativo dei prodotti (alimentari) attraverso la sottolineatura della loro diffusione a livello internazionale. Funziona? I miei dubbi li ho già esposti a fine 2012 e nel caso del vino sono ancora più perplesso. Ma si tratta di dubbi reali e sinceri, sarei curioso di sapere se qualcuno ha approfondito l’argomento. Zonin intanto continuerà a veder cresecere le vendite sfruttando il deserto concorrenziale, visto che è una delle poche cantine ad avere da anni una strategia pubblicitaria costante.

GREENWASHING MCDONALDS

Qui non mi interessa entrare nelle polemiche della sincerità o meno del messaggio etico/ecologista/qualitativo di mcdonalds (dopo che uno chef come Ferran Adrià ha detto che lui non sarebbe in grado di fare di meglio a quel prezzo, cosa potrei mai aggiungere io?).

Quello che mi ha colpito è la totale assenza del rosso di McDonalds in tutta la pagina. Lo so che il verde di sfondo (è verde fidatevi) è assolutamente coerente con il messaggio, ma questo non impediva di mattere il logo tradizionale in unriquadro con sfondo rosso. La cosa secondo più notevole è che la doppia M ad arco mantiene intatta tutta la riconoscibilità, quindi il logo si e ridotto alla M gialla. Adesso sembrerà ovvio, ma solo un paio di anni fa non ci avrei scommessodov’è il rosso. La considerazione magari sembrerà banale, ma immagino che ne saranno contenti alla McDonalds perchè altrimenti gestire un marchio globale su sfondo rosso nei paesi anglosassoni, verde in Europa (Germania esclusa) e bianco in sudamerica+Germania sarebbe un bel rompicapo. Complimenti!

POVERA ITALIA
L’ultima pubblictà che ha attirato la mia attenzione recentemente non è un annuncio stampa, ma l’affissione del PD per la campagna elettorale.
Non ho fatto la foto del manifesto “L’Italia giusta – Vota PD”, se non l’avete visto lo trovate qui con una breve analisi comunicativa.
Mi ha colpito perchè è, finalmente, una campagna di comunicazione ben pensata e ben fatta. Parte da un posizionamento chiaro, sintetico e quindi forte, che si legge sui due livelli “L’Italia giusta – vota PD” contenendo in sè anche la “call to action”. La grafica mi è sembrata perfetta per coerenza con il messaggio.
Una campagna in grado di cogliere la domanda di serietà ed equità che proviene da ampi segmenti (trasversali) dell’elettorato e che nessun altro partito sembra avere la credibilità per soddisfare (il Monti che carica tutto quello che si muove distribuendo fendenti a destra e a manca della campagna elettorale ha dilapidato tutto il patrimonio di serietà ed ironia accumulato durante i mesi al governo ed il movimento 5 Stelle ha per il momento un deficit di serietà).
Purtroppo però mi ero sbagliato. Non si tratta di un posizionamento che sintetizza il programma di un partito, ma di uno slogan pubblicitario fine a se stesso che viene smentito giorno per giorno dalla comunicazione fatta sugli altri media (nei quali comprendo anche la “comunicazione diretta” dei comizi e le “PR” rappresentate da apparizioni radio, TV ed interviste).
Renzi dove sei?

Renzi, che disdetta!

Questo post volevo scriverlo ieri, poi mi sono detto che rischio di diventare monotematico, poi però ho visto su facebook l’amaca di Michele Serra di oggi sulla dichiarazione del sottosegretario Polillo e allora ho voluto dire la mia. Almeno il post della scorsa settimana mi permette di non sembrare quello che parla con il senno di poi.

Rispettare ed accettare i risultati delle primarie del centro sinistra è doveroso, ma lasciatemi la libertà di non condividerli perchè:

- Bersani candidato Primo Ministro legittima, per quanto possibile, il ritorno di Berlusconi. Detta semplice: non è cambiato l’avversario e quindi è giusto che torni a confrontarmi.

- Soprattutto Bersani legittima la campagna, già iniziata, basata sul baratro a cui ci porterà un governo di estrema sinistra (il passato di Bersani+l’alleanza con Vendola bastano e avanzano). Aggiungeteci quello che permette di fare in termini di comunicazione un concetto malinconico come “l’usato sicuro” potete già immaginare cosa ci aspetta nei prossimi mesi.

- Al di là della propaganda berlusconiana Bersani, volente o nolente, è l’espressione di un establishment politico che non ha saputo (voluto) operare per rimediare all’esproprio della cosa pubblica operato dai partiti con tutte le patologie che ne conseguono. Quante persone conoscete che non hanno votato alle primarie del centrosinistra perchè troppo distanti dalla politica in generale e dall’”area” in particolare, ma che ritenevano Renzi l’opzione attualmente più credibile? Qualcuno vuole scommettere sulla percentuale di astenuti, bianche e nulle alle prosisme elezioni?

- Bersani prospetta una coalizione che va dall’UDC (per prendere i voti del centro in franchising, come diceva Renzi) a Vendola. Una volta di più la rappresentanza dei partiti in parlamento sarà decisa a priori a tavolino sul presunto seguito che hanno se non sulla loro capacità di pesare nella trattativa politica. Una volta di più l’azione del governo sarà determinata dal minimo comune multiplo tra posizioni (ideologiche) molto distanti invece che dal massimo comune denominatore di un piano programmatico.

Ok, l’ultima è una mia opinione squisitamente politica, però i primi tre punti riassumono il posizionamento in termini di marketing politico che ha attualmente il PD nei confronti degli elettori che alle scorse elezioni hanno votato altrimenti (o non hanno votato proprio).

Chissà se qualcuno nel partito si sta domandando come agire per modificarlo oppure se puntano a vincere con i soli voti dei fedeli simpatizzanti. L’ultima volta non sono bastati, ma adesso si può contare sull’autocombustione degli avversari.

Io spero solo che tra gli strateghi non ci sia Michele Serra.

Perchè, secondo me, Renzi ha ragione e torto allo stesso tempo.

Premessa doverosa: la settimana scorsa ho votato alle primarie del centrosinistra ed ho votato per Matteo Renzi. Completezza dell’informazione: turandomi un po’ il naso ho votato PD solamente alle ultime elezioni (pre – vedendo la sventura del governo Berlusconi), non ho mai votato Pdl e nemmeno, per chi ha l’età di ricordarseli, DC, PCI, PSI.

Al di là di quelli che siano stati i miei motivi, in nuce la proposta di Renzi si basa(va) su idee(ali) e strategie invece che su ideologie e tattiche.

Nello scenario competitivo della politica italiana si tratta di una proposta fortemente differenziante e che va a soddisfare la domanda di una ampia fascia di cittadini-elettori, probabilmente votanti alle passate elezioni sia della coalizione di centrodestra che di quella di centrosinistra e probabilmente delusi (la buona amministrazione, la meritocrazia vs. il clientelismo/nepotismo, ecc.. non sono nè di destra nè di sinistra).

Da qui, sintetizzando al massimo l’analisi, il bel risultato del primo turno (chi vuole approfondire la mia analisi del marketing politico può andare a leggere alcuni vecchi post qui, qui, qui e qui).

A quel punto però bisognava definire la strategia per cercare di recuperare lo svantaggio e la mia impressione è che la scelta sia stata tutta tattica.

Non so di che dati dispongano al comitato di Renzi per l’analisi dei flussi di voto, però è abbastanza presumibile la difficoltà di recuperare i voti mancanti sia da chi ha votato Vendola che da chi ha votato Bersani. Ecco quindi che la soluzione più logica, era far (ri)entrare nel voto elettori che non avevano votato al primo turno.

In questo senso Renzi ha ragione, ma ha contemporaneamente torto perchè con i macchiavellismi formali per riaprire le iscrizioni e la spegiudicatezza (violenza?) delle azioni per spingere a questa soluzione, snatura la distintività della propria proposta.

Soprattutto conferma le perplessità che poteva avere chi alle primarie aveva votato per altri candidati di essere un candidato costruito dal marketing, un “manipolatore di consenso” di cui diffidare.

Per vincere le elezioni partendo dalla minoranza bisogna convincere a votare per te anche parte degli elettori che prima avevano votato gli altri. Questo principio non è un obbrobrio etico, ma la base della democrazia. Renzi ha il grande merito di averlo capito chiaramente e non ha avuto paura a rivolgersi anche a chi votava Pdl, per convincerlo che la sua era la miglior proposta per il Paese.

Perchè non è andato fino in fondo, cercando di fare lo stesso nei confronti di chi alle primarie aveva votato Vendola o Bersani?

I suoi strateghi mi diranno che le analisi dimostravano la difficoltà (impossibilità) di spostare quei voti, eppure io sono convinto che se per Renzi c’era una possibilità di recuperare era in quel bacino, approfondendo ancora di più la discussione sui contenuti. Sindrome da Segolen Royal?
Potevo scrivere questo post lunedì, senza il rischio di essere smentito dai fatti, ma sarebbe stata disonestà intellettuale.

Comunque spero di sbagliarmi, non tanto perchè, come dice a ragione Renzi, con lui il Pd arriverebbe al 40%, ma perchè mi sembra l’unica possibilità per il necessario rinnovamento del sistema Paese.

E quindi domani torno a votare.