Come nasce un vino (innovativo)? Bosco Levada “Storie di Noir” Prosecco DOC Spumante Brut – 4° episodio: la presentazione di vendita.

Avvertenza: Bosco Levada “Storie di Noir” Prosecco DOC spumante brut è un vino che ho realizzato insieme alla Società Agricola Bosco Levada di Ceggia (VE).

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La presentazione di vendita è uno strumento fondamentale per rivolgersi ai potenziali nuovi clienti, intesi come i clienti nuovi tout court oppure quei clienti che già acquistano dalla cantina ed a cui vogliamo presentare un nuovo vino.

Al primo contatto infatti TUTTI chiedono l’invio per e-mail di questo documento.

Documento che viene utile anche per la presentazione di persona utilizzando il portatile o il pad.

Perché le persone la leggano è però necessario che aprano la mail, poi aprano anche l’allegato ed infine arrivino in fondo alla presentazione.

Nessuna di queste cose è scontata.

Per renderle più probabili ci vuole:

-          Un “Oggetto” della mail che attiri l’attenzione.

-          Un testo della mail che faccia capire chiaramente di cosa si tratta senza dilungarsi troppo.

-          Una presentazione allegata sintetica, in cui vengano indicati tutti gli elementi salienti della proposta / vino. Il che vuol dire soprattutto i benefits / vantaggi che la proposta/vino porta al cliente e non le semplici caratteristiche del vino.

L’idea non è che dopo aver ricevuto la mail e visto la presentazione i potenziali clienti vi chiamino per fare l’ordine, ma che vi chiamino per approfondire la questione (ovviamente qui non mi sto riferendo all’ e-commerce rivolto al consumatore finale).

Seguendo questo principio io anni fa ho teorizzato il “marketing all’osso” o “bare bone marketing”, che prevedeva l’eliminazione di tutto il superfluo. Quindi per contattare i potenziali clienti ho sviluppato una presentazione che consisteva in testo di una facciata, non troppo fitta.

Niente animazioni, niente immagini, niente video, niente hyperlink al web. Niente di niente.

Solamente un testo che cercava di dire chiaramente chi eravamo e cosa facevamo in modo che i potenziali clienti potessero capire se come fornitori eravamo in grado di portare più valore aggiunto al loro business rispetto a quelli che avevano già.

Tutto il lavoro si centrava su una bella carta intestata, anche per questo avevo da poco concluso il progetto del cambio del logo, un carattere tipografico piacevole da leggere e con una personalità propria (scelto tra quelli disponibili in word, ma cercandone uno meno comune del solito) ed un testo chiaro e saliente.

La salienza derivava da un’analisi della nostra personalità e competenze, incrociata con le tendenze e le richieste del mercato. Ossia far capire a chi leggeva che sapevamo di cosa stavamo parlando.

La cosa ha funzionato e sono riuscito così ad attivare 3 clienti. Forse vi sembreranno pochi, ma il mio target erano i buyers delle catene della GDO europea per fare contratti dalle 400.000 al milione di bottiglie ed oltre.

Sottolineo che il testo non conteneva alcuna indicazione di prezzo, anche perché con questo tipo di clienti i prezzi vanno fatti ad hoc sulla base delle specifiche del contratto di fornitura. Credo sia giusto segnalare anche che in diversi casi il nostro prezzo era qualche centesimo superiore a quello degli altri fornitori per vini simili o equivalenti.

Secondo me ha funzionato anche per il modo oltre che la sostanza, ovvero la modalità di presentazione si differenziava dalla solita presentazione in powerpoint. Quindi si differenziava dal resto e dimostrava anche che noi eravamo in grado di formulare un pensiero / strategia originale.

Per Bosco Levada “Storie di Noir” Prosecco DOC spumante brut però il target dei potenziali clienti è completamente diverso. Qui parliamo dei grossisti da un pallet alla volte, delle enoteche/ristoranti da qualche cartone ad ordine, dei piccoli importatori rivolti al canale specializzato.

Anche il posizionamento e la personalità del vino sono completamente diverse e più complesse rispetto ai vini a marchio della catena.

Un approccio all’osso non sarebbe visto come efficiente, ma come povero.

Quindi sono stato più classico ed ho preparato la presentazione powerpoint di 5 diapositive che apre questo post.

Questa è la quarta o quinta versione (dovrebbe essere l’ultima, ma mai dire mai).

La prima versione aveva due diapositive in meno, poi ho cominciato a mandarla in giro.

Un amico e potenziale cliente a mi ha detto che era perplesso perché vedeva “Storie di Noir” come un vino senza storia, frutto della mia fantasia e prodotto dal primo terzista che capitava.

Allora ho inserito le dichiarazioni di Maurizio Facchin e mie nella diapositiva di apertura ed aggiunto la diapositiva che descrive la Società Agricola Bosco Levada. Questo non per raccontare lee fiabe, ma per comunicare le cose come effettivamente stanno. Altrimenti sulla bottiglia non ci sarebbe il collarino con il logo “Bosco Levada”.

Un altro che l’ha vista, e che non c’entra niente con il settore del vino, mi ha detto che la trovava confusa/affollata. Mi sono ricordato della mia insegnante di comunicazione nel corso di Marketing Management all’Università di Guelph in Canada che diceva che in una diapositiva non dovevano esserci più di 4 righe, e scritte con un carattere bello grande.

Allora ho lavorato sui testi ed ho aggiunto una diapositiva sdoppiando i contenuti che riguardano le caratteristiche di posizionamento ed organolettiche del vino. In pratica le due diapositive con la bottiglia all’inizio erano una sola.

Quando si pensa alla sintesi bisogna sempre stare attenti che questa non dipende dal numero di diapositive, pagine, ecc… ma dalla quantità di contenuti. Come dico spesso quando parlo di comunicazione, bisogna evitare l’ansia di voler dire tutto e così di far la fine delle tute dei piloti di Formula 1 dove ci sono talmente tanti loghi, ovvero messaggi, che alla fine non se ne vede nessuno.

Nel mio caso dividere gli stessi contenuti in due diapositive non riduceva la sintesi, però aumentava la facilità di lettura e di comprensione.

Poi confrontandoci in cantina una persona ha detto che la presentazione era complessivamente buona, però non centrava al 100% le peculiarità del vino. Così mi sono messo a rivedere tutti i testi, accorciandoli.

Concludo con alcuni suggerimenti per migliorare l’efficacia delle presentazioni, derivati dagli esempi qui sopra.

1)      Focalizzatevi sugli elementi essenziali.

2)      Sottolineate quelli differenzianti.

3)      Cercate di farlo con modalità originali (ma evitate lo strano a tutti costi, se strani non siete)

4)      Ricordatevi del proverbio spagnolo “Lo bueno y breve, dos veces bueno”, ossia “Il buono breve/sintetico è buono due volte”. La buona comunicazione, come il buon design, funziona quasi sempre per sottrazione.

5)      Fate vedere la presentazione ad un numero ristretto di persone e correggetela in base alle loro indicazioni prima di usarla in lungo e in largo.

6)      Ricordatevi che purtroppo, o per fortuna, non viviamo nel mondo ideale ed il tempo comanda su tutto. Quindi a volte bisogna scendere a compromessi con le scadenze.

Nell’attuale presentazione di Bosco Levada “Storie di Noir” Prosecco DOC la bottiglia è una riproduzione grafica, perché non avevamo ancora imbottigliato e quindi non potevamo avere la foto della bottiglia vera. Però io dovevo contattare i potenziali clienti che contavo di incontrare al Prowein e quindi l’ho mandata lo stesso.

Poi il Prowein l’hanno rimandato, ma questa è un’altra storia.

Come nasce un vino (innovativo)? Bosco Levada “Storie di Noir” Prosecco DOC Spumante Brut – 3° episodio: l’assaggio del prodotto.

Avvertenza: Bosco Levada “Storie di Noir” Prosecco DOC spumante brut è un vino che ho realizzato insieme alla Società Agricola Bosco Levada di Ceggia (VE).

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Il primo progetto di sviluppo prodotto che ho seguito in una cantina era proprio un Prosecco, ai tempi DOC Conegliano-Valdobbiadene, oggi DOCG.

Fatta la nostra bella definizione di concetto di prodotto e definito il ruolo che il nuovo prodotto avrebbe avuto nell’architettura assortimentale (perché di Prosecchi in gamma ne avevamo già), come descritto nella prima puntata di questa serie, e definito il brief per l’immagine della bottiglia (la sessione creativa con gli enologi, vendite e marketing che girano intorno al tavolo della sala di degustazione è entrata a far parte delle leggende che si raccontano in Santa Margherita; non è colpa mia se le pareti erano di vetro), un bel giorno siamo finalmente arrivati a degustare il vino.

Sono sceso in cantina ed il mio amico Loris mi ha fatto assaggiare i 5 campioni. Ne abbiamo discusso un po’ ed alla fine io ho detto una cosa tipo “Seconde me i più interessanti sono il 2 ed il 5. A questo punto facciamo un test sul consumatore, vediamo qual è il preferito e partiamo con la produzione”. Loris mi ha guardato un po’ stranito e mi ha spiegato che nel vino non funziona così perché comunque la prossima autoclave non sarebbe mai stata al 100% uguale a quella di prova e che l’ulteriore fase di ricerca sul consumatore avrebbe allungato i tempi, impedendoci di essere pronti per presentare il nuovo spumante al Vinitaly (che ai tempi iniziava al giovedì e finiva il lunedì successivo).

E’ così che ho imparato l’unica vera differenza tra il vino e quasi tutti gli altri prodotti alimentari: il vino non si fa con una ricetta. Nemmeno lo spumante che è un vino tecnico per definizione.

Questo determina due corollari:

-          Se si vuole/deve fare un vino che abbia un profilo organolettico costante nelle varie annate, dovrà essere necessariamente un assemblaggio di uve/vini provenienti da vigneti diversi e/o un uvaggio di vitigni diversi. Detto in altro modo: il profilo sensoriale di un vino ottenuto da un singolo cru mostrerà sempre una certa variabilità in base all’andamento climatico dell’annata.

-          Se si vuole/deve fare un vino che abbia un profilo organolettico costante nelle varie annate, bisognerà farlo diverso ogni anno. Ovvero le proporzioni tra i vini dei vari vigneti/vitigni cambieranno per il diverso profilo che presentano i vini “base” conseguentemente all’andamento climatico dell’annata.

Detto in altre parole, una volta definito concettualmente il profilo sensoriale che deve avere un vino, per avere effettivamente quel profilo bisogna affidarsi all’abilità dell’enologo (e per me è in questo che risiede l’aura quasi magica che circonda questa professione).

La scorsa settimana abbiamo quindi assaggiato il Bosco Levada “Prosecco Noir” Prosecco DOC Spumante Brut con il titolare dell’azienda e con l’enologo.

Non che ci fosse molto da decidere, viste le riflessioni di cui sopra, però c’era la curiosità di se e come si sarebbe fatta sentire la presenza del pinot nero vinificato in bianco.

Queste le mie note di degustazione:

Colore: giallo paglierino carico.

Naso: delicato, elegante, complesso e lungo. La prima nota che si percepisce è quella di mela golden, poi appare un sottofondo di rosa canina e smalto che si mantiene costante mentre la mela evolve in pera matura e banana.

Palato: fresco, croccante ad ampio in bocca. Si ritrovano la mela e la pera su una base di frutti rossi (ribes) per concludere con un finale agrumato.

 

Noi siamo rimasti molto contenti del risultato perché il vino ha una sua personalità propria che gli deriva dalla presenza del pinot nero. Un Prosecco DOC unico, particolare che mantiene allo stesso tempo chiaramente l’impronta della denominazione.

Abbiamo anche ragionato se nella prossima produzione alzare leggermente la percentuale di Pinot Nero nella cuvée, ma ci siamo risposti che va bene così, anche per evitare il rischio che le commissioni di assaggio della DOC lo giudichino fuori dal profilo.

Ci siamo anche chiesti se sarebbe migliorato aumentando il dosaggio dello zucchero, visto che questo tende ad esaltare tutti i profumi e gli aromi (regola generale che vale anche per i liquori ed un po’ tutti i prodotti alimentari, se non si esagera).

Abbiamo quindi provato a portarlo da brut ad extra dry, ma siamo stati tutti concordi che rendendolo più dolce si coprivano le sfumature di profumi e sapori, rendendo Bosco Levada “Storie di Noir” Prosecco DOC più “piatto” e banale.

La settimana prossima si imbottiglia e poi arriva la prova più importante: quella del mercato. Prowein stiamo arrivando!

Come nasce un vino (innovativo)? Bosco Levada “Storie di Noir” Prosecco DOC Spumante Brut – 2° episodio: l’immagine della bottiglia.

Avvertenza: Bosco Levada “Storie di Noir” Prosecco DOC spumante brut è un vino che ho realizzato insieme alla Società Agricola Bosco Levada di Ceggia (VE).

Com’è fatta una bella etichetta?

Un’etichetta è bella nella misura in cui trasmette l’identità della marca. E’ perfetta se oltre a questo, fa anche allungare il braccio comprare la bottiglia.

Da questi assiomi derivano diversi corollari:

  1. Fare etichette, e più in generale fare identità di marca, NON è fare arti figurative. Un’etichetta non può essere giudicata bella o brutta in base al senso estetico, evidentemente soggettivo, di ognuno. Indifferentemente che si tratti di un campione di consumatori, del management/proprietà della cantina titolare della cantina o della zia, che ha tanto buon gusto.
  2. Per fare una bella etichetta è innanzitutto necessario definire l’identità / personalità /valori che dovrà trasmettere.
  3. Definita l’identità / personalità /valori che l’etichetta / bottiglia / confezione dovrà trasmettere, la valutazione dell’adeguatezza delle proposte non sarà più soggettiva, ma diventa oggettiva.
  4. Poi questa definizione va trasferita ad un’agenzia / designer / grafico-a professionista perché risolva creativamente il compito di trasferirli su un’etichetta / bottiglia / confezione. “Trasferirli” non significa mandare una mail e/o un documento, significa assicurarsi che chi deve fare l’etichetta abbia compreso qual è l’obiettivo di posizionamento / comunicazione.

Alcuni consigli per gestire con efficienza (senza perdite di tempo) ed efficacia (ottenendo i risultati attesi) questo processo.

Dopo un paio di decenni di esperienza nella realizzazione di identità di marca in aziende e settori diversi, mi sento di poter affermare che un processo creativo di successo passa attraverso queste, e solo queste fasi:

  1. Brief: il documento dove viene spiegato l’incarico al designer. E’ bene farlo anche a voce, di persona o per telefono/video/ ecc…, perché così si possono chiarire meglio le cose, ma non cadete nella tentazione di fare il brief solo a voce. Magari perché vi conoscete bene con il designer o valutate che il progetto sia semplice. Fate sempre un documento scritto, perché questo vi servirà da riferimento condiviso durante tutto il corso dello sviluppo del progetto.
  2. Il brief deve descrivere il contesto e gli obiettivi del progetto. Non fate un brief dove spiegate i dettagli dell’etichetta perché così sprecate le competenze del designer. Mettete però i paletti obbligatori per legge o per caratteristiche aziendali. Ad esempio il colore aziendale, oppure i vincoli tecnici: se il vostro impianto di imbottigliamento non è in grado di centrare collarino ed etichetta ditelo subito, eviterete di perdere, e far perdere, tempo dopo. Attenzione a non esagerare con i paletti, altrimenti ricadete nel problema di dire voi al designer come deve fare l’etichetta. Invece dovete spiegare al designer cosa deve dire l’etichetta, il come farglielo dire è il suo compito (e il suo mestiere).
  3. De-brief: è la spiegazione del brief che il designer fa al cliente. In questo modo si capisce effettivamente cosa è stato compreso dal designer e si possono correggere gli eventuali fraintendimenti. Come committente non siate rigidi, con il de-brief capita anche di rendersi conte che alcune cose sono confuse perché sono mal definite oppure perché sono semplicemente sbagliate. Ascoltate quello che vi dicono i professionisti di cui vi avvalete, d’altra parte li pagate per sfruttare le loro competenze. Nel brief stabilite una tempistica del progetto, partendo non da oggi, ma dal giorno in cui vi serve il progetto concluso ed andando a ritroso.
  4. Prime proposte del designer. Quanto tempo dopo il brief? Dipende dagli impegni di ognuno. Di base ne poco ne troppo. Se siete clienti, lasciate al designer il tempo necessario per ragionare sulla questione ed esplorare diverse strade. Se siete designer non chiedete troppo tempo solamente per sentirvi tranquilli perché ogni progetto aperto richiede attenzione, quindi meno dura e meglio è.
  5. Valutazione delle prime proposte. Se siete il cliente non fatevi mettere fretta dal designer. Lui ha avuto un mese per fare il lavoro, voi avete diritto ad una settimana per valutarlo.
  6. Scelta delle 2 proposte da sviluppare. Non 4 o 5, DUE. Dovete avere il coraggio di decidere, se non ce l’avete significa che qualcosa nella fase brief/de-brief è andato storto. E non lo risolverete facendo, e facendo fare, extra lavoro. Aumenterete solo la confusione.
  7. C’è una sola eccezione alla regola dello sviluppo delle 2 proposte. Tra le prime proposte presentate dall’agenzia ce ne può essere anche una fuori brief, totalmente o in parte. Secondo me una cosa positiva, che anzi stimolo chi lavora con me a fare perché dimostra che hanno interiorizzato la questione tanto da poter sviluppare una visione originale. Nel caso in cui questa proposta “fuori dal coro” sembri promettente, potete eccepire alla regola e proseguire con lo sviluppo di 3.
  8. Presentazione proposte sviluppate da parte del designer.
  9. Valutazione delle proposte sviluppate da parte del cliente e scelta della proposta da affinare. UNA proposta da affinare. Se a questo punto avete ancora dubbi su quale puntare, meglio che torniate indietro a vedere dov’è il problema.
  10. Affinamento proposta scelta da parte dell’agenzia.
  11. Verifica della proposta affinata da parte del cliente su aspetti legali ed ultimi dettagli.
  12. Correzioni da parte dell’agenzia, esecutivo, stampa.

 

Tre raccomandazioni a chi in cantina gestisce questi progetti:

-          Siate esigenti e non accontentatevi. Se non siete convinti delle proposte in qualsiasi fase del processo siate espliciti al riguardo ed esigete all’agenzia/designer di risolvere il problema.

L’inerzia, la pressione delle scadenze, il timore che creando tensione nel rapporto peggiorerà la qualità del lavoro (rischio reale) possono portare ad accettare soluzioni che non rispondono, o rispondono solo parzialmente, all’obiettivo di comunicazione posizionamento.

Non fatelo perché poi con quell’etichetta dovrete conviverci per i prossimi anni (il cambiamento / aggiustamento frequente dell’identità aziendale trasmette ai clienti un’immagine di confusione e rende più difficile il consolidamento della marca).

 

-          Siate sereni, soprattutto nelle fasi iniziali, perché normalmente il risultato finale è molto diverso dalle prime proposte, anche quelle scelte che al momento sembravano già belle così.

Non serve quindi disperarsi perché le prime proposte sembrano insoddisfacenti. Siate seri ed esigenti, ma sereni, nelle valutazioni e nelle indicazioni correttive. Partite da quanto di buono c’è nelle proposte, abbiate fiducia e lasciatevi sorprendere: un buon grafico trova soluzioni che voi non avreste nemmeno sognato.

 

-          Ho detto in apertura che fare identità di marca non è fare arti figurative, però non approvate proposte che vi sembrano istintivamente brutte, perché rischiate di essere i primi a non credere nella vostra proposta.

Per noi il frutto di tutti questi principi è stata la bottiglia che vedete qui sotto. Vi piace?

Moke up Prosecco DOC Storie di Noir

Come nasce un vino (innovativo)? Bosco Levada “Storie di Noir” Prosecco DOC Spumante Brut – 1 episodio.

autoclave Storie di Noir

In oltre dieci anni di attività nel mondo del vino ne ho fatte un po’ di tutti i colori, mi mancava però diventare (quasi) produttore. Nel 2020 proverò anche questa ebrezza.

E lo farò puntando sul NERO, perché insieme alla Società Agricola Bosco Levada di Ceggia abbiamo realizzato “Storie di Noir”, Prosecco DOC Spumante Brut che ha il Pinot Nero vinificato in bianco nella cuvée. Il “quasi produttore” significa che chi fa effettivamente il vino sono loro che sono bravi, però tutto il progetto l’abbiamo realizzato e lo gestiamo insieme (onori e oneri).

In questo post, ed in altri che seguiranno vi racconto il dietro le quinte di come nasce e cresce (speriamo) un nuovo vino.

BASTA QUESTO COME DISCLAIMER RIGUARDO ALLA MIA CO-INTERESSENZA SU TUTTO QUELLO CHE DIRO’?

Penso di sì e quindi proseguo serenamente.

Ogni prodotto, ed il vino non fa eccezione, nasce innanzitutto da un’idea. O, se preferite, da un concetto. O come dico io da un “perché”.

Nel caso del Prosecco DOC Spumante Brut “Storie di Noir” i “perché” sono diversi.

Il primo è viticolo ed enologico ed è quello di fare un Prosecco utilizzando il Pinot Nero nella cuvée. Il Pinot Nero vinificato in bianco è sempre stato tra i complementari ammessi nella produzione del Prosecco DOC, però non l’ha mai usato nessuno. Almeno dichiarandolo.
Probabilmente perché rispetto agli altri complementari ammessi, il Pinot Nero è più difficile da coltivare e da vinificare.

Quindi il Prosecco DOC con il Pinot Nero come complementare abbiamo dovuto immaginarlo, prima di farlo (tutte le cose che si fanno sono prima immaginate, a parte quelle che accadono per caso).

Come ce lo siamo immaginato, rispetto agli altri Prosecco DOC?
- Più avventuroso, d’altra parte già mettersi a fare una cosa sconosciuta è un’avventura.
- Più misterioso, vedi sopra.
- Più raffinato.
- Più ricco.
- Meno frivolo.

Definire bene l’idea fin dall’inizio è utile ed importante perchè così si crea una linea guida per tutte le scelte successive.

Brut o Extra Dry?
La maggior parte del Prosecco DOC Spumante che si beve oggi è Extra Dry, quindi dal punto di vista del mercato quindi questa sarebbe stata la scelta più logica.
Però sarebbe stata coerente con come ce lo siamo immaginato? A noi sembra di no, e quindi Bosco Levada “Storie di Noir” sarà Brut.

Quante settimane in autoclave?
La legge prevede per la spumantizzazione un periodo minimo di permanenza in autoclave di 4 settimane.
Secondo noi questo tempo però non era sufficienti per fare il vino che abbiamo immaginato e quindi il nostro minimo sarà di 8 settimane.
In più terremo le bottiglie ad affinarsi in cantina almeno un mese dopo l’imbottigliamento.

Arrivati a questo punto le domande sono due:
- Quanto somiglierà il vino che andremo ad imbottigliare a quello che ci siamo immaginati?

- Piacerà il Prosecco DOC Spumante Brut Bosco Levada “Storie di Noir” così come ce lo siamo immaginato?

Per rispondere alla prima domanda dobbiamo aspettare fino a metà febbraio.

Per rispondere alla seconda ci vorrà un po’ di più, ed un ruolo non secondario lo giocherà l’immagine della bottiglia, che sarà il tema della prossima puntata.

Non c’è crisi nei vini del Nordest.

Summer school 2019

Lo scorso 26 luglio alla Fondazione Campus di Portogruaro si è tenuta una tavola rotonda sulle prospettive dei vini del Triveneto.

Era anche la “lezione” conclusiva della Summer School “Marketing e Distribuzione dei Vini del Nordest”, organizzata dalla business school MIB di Trieste sotto la direzione di Pierpaolo Penco in collaborazione con la fondazione Campus. (disclaimer: ho partecipato al corso come docente della parte di marketing strategico)

Una tavola rotonda di altissimo livello a cominciare dal Direttore del Corriere Vinicolo Giulio Somma nel ruolo di moderatore e che prevedeva la presenza di:

  • Valerio Fuson, Vice Presidente del Consorzio Prosecco Conegliano Valdobbiadene.
  • Ettore Nicoletto, Presidente del Consorzio del Lugana.
  • Pietro Biscontin, Vice Presidente del Consorzio delle DOC del Friuli Venezia Giulia.
  • Stefano Zanette, Presidente del Consorzio del Prosecco DOC.
  • Albino Armani, Presidente del Consorzio del Pinot Grigio delle Venezie DOC.

Purtroppo all’ultimo momento Armani non è riuscito ad arrivare, comunque anche così al tavolo della Biblioteca Storica erano rappresentate poco meno di 1 miliardo di bottiglie.

La ragione per cui ci fossero solo una decina di persone tra il pubblico, allievi, docenti ed organizzatori del corso a parte, per me rimane un mistero, considerando la densità di operatori ed aziende viti-vinicole in zona.

Per quelli che avrebbero voluto esserci, ma non hanno potuto ecco la mia sintesi delle cose più salienti che sono emerse da una discussione che non è stata per nulla “politica”, ma fattiva, aperta e concreta.

Prima però un doveroso ringraziamento a Raffaele Foglia, che per primo ha fortemente voluto questo corso a Portogruaro e poi ha lavorato sodo perché si potesse realizzare.

 

I vini triveneti vanno bene e quindi è necessario gestirne il successo.

Il primo stimolo dato da Somma è stata l’analisi delle misure di controllo della produzione che tutti i Consorzi veneti hanno adottato nelle ultime settimane.

Tutti i presenti hanno smentito che si tratti di misure necessarie per affrontare una crisi di mercato.

Il Conegliano Valdobbiadene negli ultimi due anni ha rallentato sui mercati esteri, ma ha recuperato su quello nazionale.

Il Lugana continua a crescere a due cifre ed ha un prezzo a scaffale che supera gli 8 euro (oltre il doppio della media dei vini bianchi)

Il Friuli Venezia Giulia non ha adottato nessuna misura limitativa della produzione per le sue DOC storiche, mentre ovviamente è coinvolto in quelle del Prosecco DOC e del Pinot Grigio Delle Venezie per i vigneti che ricadono in queste denominazioni.

Il Prosecco DOC sta crescendo anche quest’anno del 6% e l’accantonamento del 16% della produzione (quindi meno del 20% che si accantonava solo pochi anni fa quando è nata la denominazione) risponde ad un approccio prudenziale legato alle turbolenze geopolitiche che si annunciano sullo scenario economico mondiale (leggi Brexit e dazi USA).

E comunque anche se il prezzo del vino sfuso andasse ad 1,50 euro/litro, anche con la resa ridotta a 112,5 hl/ha, si ottiene una Produzione Lorda Vendibile di 16.875 euro/ha, un valore che mi pare tutt’altro che critico (N.d.A.).

Gli interventi di controllo della produzione (accantonamento di parte della vendemmia e blocco degli impianti di nuovi vigneti) da parte dei Consorzi rispondono quindi alla necessità di gestire questo successo.

Il rischio che si vuole evitare è che un aumento incontrollato della produzione di questi vini che attualmente permettono ai produttori una redditività maggiore rispetto agli altri, per non parlare di attività agricole diverse dalla viticoltura, porti ad un eccesso di offerta, con conseguente calo dei prezzi.

Io condivido la diagnosi, ma la vedo in molto diverso riguardo alla terapia. Chi volesse approfondire può leggere il mio post uscito su Vinix la scorsa settimana.

 

Il Prosecco è diventato un grande marchio mondiale ed il comparto ne sta prendendo consapevolezza.

Spesso ci si rende conto del proprio valore attraverso la valutazione che gli altri fanno di noi.

Zanette raccontava che gli è successo due volte nel corso degli ultimi mesi.

La prima volta nell’incontro con la Dorna, la società spagnola che gestisce i diritti del MotoGP, in occasione della firma del contratto di sponsorizzazione che legherà il Prosecco DOC al MotoGP nel triennio 2019-2021.

Andare a trattare un accordo con chi gestisce uno dei grandi eventi dello sport mondiale metteva un po’ di soggezione, salvo poi scoprire come i dirigenti della Dorna considerassero già il Prosecco come un marchio di pari, sinergico a quello del moto GP (l’omissione della specifica “DOC” dopo “Prosecco” è voluta)

La seconda volta ad una cena (se ho capito bene) in cui partecipava il Presidente del Syndacat General de Vignerons de La Champagne Vignerons, quando chiaccherando è venuto fuori che la percezione complessiva del Prosecco era superiore a quella dello Champagne in tutti i mercati (meno uno) in cui avevano realizzato una ricerca che analizzava l’atteggiamento del consumatore.

La cosa può sembrare strana gurdata da un punto di vista enologico-produttivo, ma è assolutamente comprensibile, e perfino logica, se si ragiona in termini di servizi offerti (benefits) per il consumatore.

In tutte le ricerche che ho fatto o che mi è capitato di vedere risultava chiaramente come il Prosecco sia più “simpatico” dello Champagne (per dirlo in estremissima sintesi) e che per questo non si trovava sotto, ma di fianco. Mentre gli altri spumanti metodo classico si trovano nell’ambito dello Champagne, però al di sotto (anche perché consciamente o inconsciamente si posizionano sempre riferendosi allo Champagne), il Prosecco è una cosa diversa, che vive e si muove in un territorio proprio.

La relativa scelta del Syndacat General de Vignerons de La Champagne di lanciare in Francia nel 2018 una campagna pubblicitaria da 12 milioni di euro in tre anni per svecchiare e democratizzare lo spirito dello champagne, mi lascia personalmente abbastanza perplesso. Mi stupisce ancora di più il fatto che i Vignerons possano fare una campagna che cita lo champagne tout-court, e quindi incide sul posizionamento di tutta la denominazione, senza l’accordo delle altre componenti del sistema, come le grandi Maisons. Ma questi sono problemi dei francesi e possiamo tranquillamente lasciarli a loro.

Noi godiamoci la notizia della presa di coscienza da parte del comparto che il Prosecco (DOC) del valore raggiunto dal marchio, perché questa è la condizione necessaria perché tutti si convincano della necessità di gestirlo come il grande marchio mondiale che è.

L’altro bella notizia portata da Zanette è che gli Stati Uniti sono diventati il primo mercato a valore del Prosecco DOC, superando il Regno Unito. E speriamo che la minaccia dei dazi di Trump sia meno pericolosa del Brexit duro portato avanti da Johnson (cosa dite, saranno i capelli?).

 

Quale rapporto tra marchio consortile e marche aziendale?

La domanda di Somma è stata per me di grande interessa, poichè avevo specificatamente affronatato questo argomento durante la mia lezione.

Ettore Nicoletto ha aperto il giro di tavolo, esprimendo la propria convinzione di come la presenza di forti marche aziendali sia fondamentale per lo sviluppo di un marchio consortile.

Stefano Zanette ha auspicato maggiore impegno da parte delle cantine nel promuovere le proprie marche, così da non lasciare al solo Consorzio l’onere di diffondere e difendere la notorietà del Prosecco (DOC). Allo stesso tempo ha segnalato come marche aziendali troppo forti possano portare a strategie che le separano dal marchio della denominazione.

Una situazione che si osserva ad esempio in Friuli Venezia Giulia ed anche per questo Pietro Biscontin si è detto sempre più convinto della necessità che la DOC del Friuli Venezia Giulia debba intensificare le proprie azioni per affermarsi sui mercati. Magari sfruttando la popolarità di cui sta godendo negli ultimi anni la Ribolla Gialla facendolo diventare il vino emblematico della regione, capitalizzando il lavoro svolto da pionieri come Collavini o Gravner.

Aspetti sintetizzati dalla diapositiva tratta dalla mia presentazione dove sono messe a confronto tre diverse bottiglie di Pinot Grigio.

MIB Summer School vino del nordest 2019

Nella prima a sinistra si evidenzia solamente il marchio consortile. E’ il Pinot Grigio venduto nei punti vendita di ALDI. Non c’è bisogno nemmeno di un marchio di fantasia, che andrebbe inutilmente ad indebolire la forza comunicativa della DOC. Esigenze di differenziarsi dalla concorrenza non ce ne sono, perché la catena tiene in assortimento solamente i vini che fa produrre per sé. Il marchio dell’insegna guida la scelta del punto vendita, l’assortimento in termini di varietà, qualità intrinseca dei prodotti e prezzo determina la soddisfazione dei consumatori.

Quella al centro è il Pinot Grigio Valdadige DOC di Santa Margherita. Qui la marca aziendale prevale sul vitigno e sulla denominazione. Quest’ultima però rimane bene evidente e crea una sinergia per cui i tre elementi marca aziendale-vitigno-denominazione si rafforzano a vicenda.

L’ultima a destra è il Pinot Grigio di Livio Felluga. E’ un Colli Orientali DOC, ma questa indicazione viene riportata solamente in retro-etichetta. Su quella frontale, la principale per la comunicazione al consumatore si vedono solo la marca aziendale ed il vitigno. La marca aziendale prevale talmente tanto sulla denominazione, da farla sparire.

 

Due questioni irrisolte: le strategie di valorizzazione ed i livelli di prezzo dei vini sfusi.

In realtà la prima più che irrisolta, è una questione che non è stata affrontata. A parte ricordare come la maggior parte dei Consorzi dispongano di un budget limitato per questo tipo di attività.

Eppure è una questione cruciale nel momento in cui si adottano misure di limitazione della produzione. Se una cantina viene a trovarsi in una situazione in cui la produzione superano le vendite (o anche solo prevede che possa succedere) la prima cosa che fa è intensificare le proprie azioni per trovare nuovi sbocchi sul mercato.

Ricordo la dialettica che si instaurava sempre durante la preparazione del budget per l’anno successivo tra direzione generale, amministrazione, marketing e vendite in tutte le aziende dove ho lavorato . Le dinamiche aziendali portano le diverse funzioni a sviluppare il budget in contemporanea, ma i colleghi delle vendite chiedevano, giustamente, di conoscere prima gli investimenti e le strategie di marketing per poter fare delle previsioni accurate.

Quella del livello dei prezzi dei vini sfusi è stata invece affrontata in seguito ad una mia domanda che, confesso sinceramente, non volevo fare (ma poi non ho resistito).

Non volevo farla sia per evitare di fare la solita figura del rompi…scatole, sia perché immaginavo già la risposta che puntualmente è arrivata rendendo inutile la domanda.

La risposta unanime è stata che l’attuale regolamentazione sulla concorrenza impedisce ai Consorzi di dichiarare un obiettivo di prezzo, finanche un intervallo, del vino sfuso DOC.

Io per fortuna non faccio il Presidente di Consorzio e posso dire questa normativa mi sembra una grandiosa stupidaggine nel momento in cui si autorizzano i Consorzi ad adottare misure di controllo della produzione, che sono quanto di più limitante alla libera concorrenza si possa immaginare.

Attenzione: non sto discutendo la facoltà dei Consorzi di gestire l’offerta della Denominazione. Sto dicendo che farlo senza permettergli di indicare il prezzo del vino sfuso DOC a cui puntano con queste iniziative è nascondersi dietro un dito.

Evidentemente i Consorzi questo prezzo obiettivo ce l’hanno. Non poterlo indicare rende meno efficace la loro azione e più difficile il lavoro degli operatori coinvolti nella filiera. Dal viticoltore fino allo scaffale passando per imbottigliatori, agenti, grossisti, buyers della GDO, ristoratori, enotecari, ecc.

 

… e il Pinot Grigio DOC delle Venezie?

Vista purtroppo l’assenza di Albino Armani, il contributo di discussione relativo a questa Denominazione lo prendiamo dal lavoro svolto dagli allievi della Summer School.

Il corso infatti prevedeva una parte teorica ed una parte pratica, con la realizzazione di una strategie di sviluppo dei marchi su determinati mercati esteri.

I marchi scelti sono stati il Prosecco (con libertà ai partecipanti di scegliere se focalizzarsi su una specifica denominazione oppure sul “sistema della marca Prosecco”), la Ribolla Gialla, l’Amarone ed il Pinot Grigio.

La prima esercitazione pratica ha riguardato la definizione della personalità della marca, punto di partenza irrinunciabile per sviluppare strategie efficaci ed efficienti.

Per farlo gli allievi hanno utilizzato il modello che utilizzo per le mie consulenze (la struttura di base l’ho presa dallo studio Minale di Londra, un bravissimo designer con cui ho spesso lavorato in passato, affinandola poi in dieci anni di lavoro in azienda).

Questo è stato il risultato:

Personalità PG Venezie Summer School 2019

Un’ eccellente base di partenza per il successivo sviluppo delle strategie operative sui mercati realizzato sotto la guida di Andrea Carpi

Quali sono state? Non è che posso raccontarvi proprio tutto tutto …

L’importanza della gestione del prezzo dei prodotti “loss leader” della distribuzione da parte dei produttori.

Loss Leaders TagQuesto post si prospetta particolarmente tecnico, anche per gli standard di biscomarketing.

Quindi cercherò di essere particolarmente chiaro, in modo da renderlo comprensibile anche a quei lettori che non sono dei professionisti del marketing (so che ce ne sono, bontà loro).

Innanzitutto cos’è un prodotto “loss leader“.

Si definiscono “loss leader” quei prodotti che le catene della Grande Distribuzione Organizzata (super e ipermercati per capirsi) vendono a prezzi particolarmente bassi, riducendo o annullando il proprio margine di profitto.

L’estremo della strategia “loss leader” è la vendita sottocosto, quando il supermercato vende il prodotto ad un prezzo inferiore di quello a cui l’ha acquistato dal fornitore. In Italia, come in molti altri Paesi, la vendita sottocosto è regolamentata, quindi va dichiarata sul punto vendita e deve essere limitata ad un determinato periodo di tempo e/o determinato numero di pezzi.

I prodotti “loss leader” quindi non sono venduti a prezzi bassi perchè hanno un basso prezzo all’origine, ma per una decisione autonoma ed indipendente del negoziante (una catena di supermercati in essenza è un negoziante) che rinuncia in tutto o in parte al suo guadagno (se vende sottocosto sostiene addirittura una perdita).

Perchè una catena di supermercati decide di adottare questa strategia? Per attirare clienti. L’ipotesi di base infatti è che l’aumento di vendite complessive generato dal maggior numero di clienti generi un margine aggiuntivo superiore a quello perso sui singoli prodotti loss leader.

Quindi la catena di supermercati aumenta le proprie vendite e guadagni ed il produttore del prodotto loss leader pure, per cui tutti contenti. Non proprio.

Ci sono almeno 3 ragioni per cui un produttore deve preoccuparsi della gestione del prezzo a scaffale dei suoi prodotti che i supermercati usano come loss leader:

1. il posizionamento di prezzo influenza l’immagine (di qualità) percepita del prodotto. I prodotti scelti come loss leader sono normalmente prodotti di immagine medio alta all’interno della loro categoria merceologica perchè è proprio questa immagine superiore che crea “l’affare” per il consumatore. Trovare spesso il prodotto/marca ad un prezzo (più) basso sullo scaffale può indebolirne l’immagine nel medio lungo periodo.

2. il posizionamento di prezzo a scaffale come loss leader genera un aumento di vendite “anomalo”. Il rischio è che l’azienda si strutturi per produrre volumi di vendita “fragili” perchè basati sulla scelta dei supermercati di vendere ad un prezzo incoerente con il valore del prodotto (e con il suo costo di acquisto).

3. nel caso in cui a consuntivo la catena di supermercati abbia una marginalità inferiore a quella prevista, chiederà ai produttori di coprire (almeno in parte) i mancati guadagni. Le dinamiche commerciali sono fatte (anche) di rapporti di forza, quindi non mi metto neanche a discutere se la cosa sia giusta o meno: è un dato di fatto.

Ricordo il mio stupore quando per la prima volta in Stock ho visto i miei colleghi delle vendite calcolare la marginalità lorda che i vari clienti della GDO ottenevano ai diversi livelli di prezzo a scaffale del Limoncè (ai tempi tipico prodotto loss leader natalizio). Calcoli che poi condividevano con i loro interlocutori delle catene di supermercati. Per me era una questione che riguardava i buyers e category manager, in cui mi sembrava improprio ingerire.

In realtà però la cultura aziendale della distribuzione è spesso focalizzata sul fatturato, di cui la marginalità è conseguenza. Regola valida in termini generali, ma che può subire importanti eccezzioni quando il fatturato viene generato da prodotti loss leader.

Tutto questo mi è tornato in mente l’altro giorno, quando ho scritto su Vinix.it un post sulle vendite di Prosecco nel Regno Unito. In quel post segnalavo che il Prosecco DOC spumante in UK oggi è utilizzato come loss leader da quasi tutte le catene inglesi. Nei commenti c’è stato chi ha detto “…. che problema c’è se i supermercati vendono a prezzi bassi, se tanto il prezzo all’origine (in cantina) continua a crescere?”. Beh il problema è che la frenata potrebbe essere molto brusca. Tenete le cinture ben allacciate.

Grande e bella notizia: l’Assemblea dei soci del Consorzio del Prosecco DOC ha approvato l’impianto di nuovi vigneti per 3.000 ettari entro luglio 2017.

Primo maggio di lavoro (ed era pure domenica, meno male che faceva un tempo da lupi), quindi non sono riuscito a fare il mio usuale post domenicale anche perchè ho “dovuto” fare un post sulle novità del Prosecco DOC per stare sulla notizia.

La pubblicazione è avvenuta come oramai consuetidine per gli argomenti vinicoli su Vinix e lo trovate qui.

Buona lettura lettori di biscomarketing

Accendo la sfera di cristallo e faccio la mia previsione sul #prosecco 2015.

Oggi ci stava meglio un tranquillo post di bilancio di Prowein e Vinitaly, isa perchè argommento più attuale, sia perchè i tra tutte le cose giustissime riportate nei molti commenti che sono girati in questi giorni mancavano, a mio parere, un paio di punti importanti, sia perchè sarebbe stato più MOLTO semplice.

Invece torno a parlare di prosecco facendo una previsione dello scenario 2015/2016. Più che una previsione, un vaticinio, visto che si tratta di stimare la domanda del periodo ottobre 2015-settembre 2016.

Perchè lo faccio? Perchè sono un rompiscatole, dirà più d’uno. Forse, ma a me piace pensare che lo faccio per dare un contributo, almeno di discussione, su un argomento che è già caldo visto che al Vinitaly si parlava già dei prezzi dell’uva della prossima vendemmia e c’era persino chi chiedeva di fare già dei prezzi.

Parlare dei prezzi dell’uva del prosecco DOC oggi non ha alcun senso agronomico, però il mercato spinge e probabilmente gli operatori dovranno piegarsi alle sue esigenze. Quindi quaalche spunto analitico può aiutare.

Se da un lato quindi scrivere questo post è sostanzialmente una pazzia, dall’altro ho la serenità che mi viene dall’aver “indovinato” lo scenario 2014 nel mio post del giugno scorso. Se anche oggi sbaglio su tutta la linea, male che vada torno in pari.

Concludo questa premessa segnalando che l’analisi è stata fatta utilizzando i dati pubblicati da Valoritalia sul proprio sito e dal Consorzio del Prosecco DOC sul sito di Uniundustria Treviso

Cominciamo, mettetevi comodi perchè non credo che sarà breve.

Il primo dato da cui partire è il consumo di Prosecco DOC da ottobre 2014 a settembre 2015.

Questo in realtà è un dato abbastanza semplice da stimare perchè corrisponde alla produzione della vendemmia 2014. Considerando l’anno scorso la scarsità di prodotto ha portato il comparto a fare il cambio annata ad ottobre in una situazione di sostanziale assenza di scorte è assodato che la disponibilità di Prosecco DOC 2014 non basterà a soddisfare tutta la domanda che quindi si può ipotizzare uguale all’offerta.

Ecco i dati degli imbottigliamenti 2014 di Prosecco DOC riportati da Valoritalia.

Imbottigliamenti (hl) incremento vs 2013
gennaio-marzo 2014                                                470.157 22%
aprile – giugno 2014                                                539.228 28%
luglio – settembre 2014                                                554.325 8%
ottobre – dicembre 2014                                                708.774 39%
Totale 2014                                            2.272.484 24%

La produzione della vendemmia 2014 indicata dal Consorzio nella relazione del 3 febbraio è di 2.232.717 hl.

Ipotizzando che gli imbottigliamenti di ottobre-dicembre 2014 siano stati tutti realizzati con Prosecco della vendemmia 2014, con una semplice settrazione (2.232.717-708.774) otteniamo la quantità di Prosecco DOC disponibile fino alla prossima vendemmia: 1.523.943.

In realtà il Consorzio nella sua relazione fa una stima più precisa che tiene conto delle giacenze al 1 luglio, degli imbottigliamenti luglio-dicembre 2014 e della vendemmia 2014 e che porta ad una disponibilità al 1° gennaio di 1.647.00 hl.

Ballano 123.057 hl. Probabilmente hanno ragione loro che hanno dedicato sicuramente più tempo ad analizzare i dati e probabilmente dispongono di dati più dettagliati rispetto a quelli pubblicati.

Io non ho avuto il tempo di approfondire l’analisi e quindi descriverò gli scenari fino a settembre 2015 in base alle due stime.

A questo punto è necessaria una stima degli imbottigliamenti di Prosecco DOC fino a settembre 2015 (è quindi implicita l’assunzione vendite=imbottigliamenti).

I primi due mesi dell’anno hanno segnato +13% rispetto al 2014 (questo non è un dato pubblicato, me l’hanno detto in fiera). Ipotizzando tre scenari gli imbottigliamenti del periodo gennaio-settembre 2015 si stimano rispettivamente a:

- scenario 1, +10% vs. 2014: imbottigliamenti pari a 1.720.081 hl, carenza -196.138 hl (con disponibilità biscomarketing), -73.081 (con disponibilità Consorzio).

- scenario 2, +15% vs. 2014: imbottigliamenti pari a 1.798.267 hl, carenza -274.324 hl (con disponibilità biscomarketing), -151.267 (con disponibilità Consorzio).

- scenario 3, +20% vs. 2014: imbottigliamenti pari a 1.876.452 hl, carenza -352.509 hl (con disponibilità biscomarketing), -229.452 (con disponibilità Consorzio).

Come si nota la domanda non è SE ci sarà carenza di Prosecco DOC, ma quando.

Partendo dalla disponibilità al 1° gennaio stimata da me e considerando la media degli imbottigliamenti del trimestre luglio-settembre nel 2014, con il 1° scenario il Prosecco DOC 2014 finirà circa a fine agosto, con il 2° scenario finirà circa a metà agosto e con il 3° finirà circa ad inizio agosto.

Se invece si parte dal dato di disponibilità calcolato dal Consorzio l’esaurimento del Prosecco DOC 2014 avverrà rispettivamente circa a metà settembre, oppure circa ad inizio settembre o circa a metà agosto.

AVVERTENZA: diverse persone in fiera mi hanno detto “si, si, l’analisi potrà anche essere formalmente precisa e corretta, però il punto è che la disponibilità non è equamente ripartita e ci sono operatori che sono pieni di prodotto”. Questa situazione, reale, non cambia di una virgola il risultato dell’analisi.

Già in occasione del declassamento dei 200.000 hl effetuato l’anno scorso c’erano operatori convinti che “il vino si sistema sempre” e che la speculazione avrebbe dato la soluzione, bastava pagare un (bel) po’ di più.

NON E’ COSI’ perchè l’analisi riguarda l’intero comparto (tutto l’universo, per usare la terminologia scientifica). Quindi se qualcuno, e ce ne sono, ha prosecco sufficiente per arrivare fino ad ottobre, o anche oltre, significa senplicemente che per gli altri finirà prima rispetto alle date indicate sopra.

Quello che è indubbio è che il prosecco disponibile non basterà ad arrivare al cambio annata, anche anticipandolo nuovamente ad ottobre.

L’anno scorso con il comparto è arrivato in congiuntura per un pelo e ci sono state delle forti tensioni di mercato, quest’anno con la previsione di carenza vale tutto. Infatti i prezzi del Prosecco sfuso stanno andando alle stelle. Oggi a 2,50 euro/litro si vende ad occhi chiusi, a 2,70 euro/litro si tratta, 3 euro/litro lo si butta lì tra il serio ed il faceto e si guarda l’effetto che fa.

Ormai però la vendemmia 2014 è andata e resta solo da capire come ci si può fare meno male.

Cosa dire della vendemmia del Prosecco DOC 2015?

Partiamo dalla stima delle vendite nel periodo ottobre 2015-settembre 2016.

Come abbiamo visto però le quantità vendute nel periodo ottobre 2014-settembre 2015 non sono state determinate dalla domanda, ma dalla disponibilità del prodotto.

Bisogna quindi tenere conto della quantità necessaria per ricostituire le scorte dei clienti. La mia ipotesi, molto spannometrica, è che i clienti abbiano nei loro magazzini mediamente scorte pari ad 1,5 mesi delle vendite complessive del comparto.

Ho calcolato quindi la media mensile degli imbottigliamenti 2014, pari a 189.374 hl, l’ho moltiplicata per 1,5 e l’ho corretta per la percentuale dei tre scenari di vendita 2014 descritti sopra.

Si ottiene così una stima delle quantità necessarie a ricostituire le scorte pari a 312.467 hl per lo scenario 1, 326.760 hl per lo scenario 2 e 340.873 hl per lo scenario 3

A questo punto ho ipotizzato nuovamente tre scenari di vendite nel periodo ottobre 2015-settembre 2016 basati sugli incrementi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

La stima complessiva delle vendite quindi è ottenuta sommmando la quantità simata per ricostituire le scorte a quella ottenuta dal calcolo dell’incremento % sull’anno prima.

Ecco i risultati in sintesi:

- scenario A: ricostruzione scorte da scenario 1+ 15% vs. 2014: 312.467 + 2.567.625 = 2.880.091 hl

- scenario B: ricostruzione scorte da scenario 2 + 20% vs. 2014: 326.670 + 2.679.260 = 3.005.930 hl

- Scenario C: ricostruzione scorte da scenario 3 + 25% vs. 2014: 340.873 + 2.790.896 = 3.131.769 hl

Il Consorzio nella sua presentazione del 3 febbraio stima una produzione massima della vendemmia 2015 pari a 2.758.119 hl senza ricorrere alla riserva vendemmiale (la possibilità per esigenze di mercato o climatiche di destinare a DOC anche il 20% di produzione normalmente ammesso come supero) e 3.334.079 hl con la riserva vendemmiale.

Da notare che questa previsione si basa su una resa/ha pari a quella massima da disciplinare per tutta la superfice del vigneto e con il massimo utilizzo dei vitigni complementari (raggiungibile solo se viene ammesso anche in fase di vinificazione ed elaborazione e non solo in vigneto, come è attualmente).

Quindi?

Quindi io spero che il Consorzio porti avanti con chiarezza la strategia di far produrre la massima disponibilità, riserva vendemmiale compresa, per la vendemmia 2015.

Questo per calmierare le aspettative che ha oggi il mercato ed evitare le quotazioni partano con lo sfuso ad 1,60 – 1,80 euro al litro.

Sono quotazioni a cui le vendite di prosecco frizzante nei mercati del nord Europa si dimezzano; non è un’ipotesi: l’abbiamo già visto succedere con la vendemmia 2011.

Si tratta di 20/25 milioni di bottiglie da recuperare su altri mercati con il prosecco spumante.

E’ vero che c’è un “movimento di opinione” che crede si dovrebbe limitare la produzione e lasciar perdere il business del Prosecco DOC frizzante perchè è un prodotto più povero e di minor marginalità. Però è una posizione che io contesto, sia perchè la marginalità unitaria non è poi così diversa da quella del prosecco spumante per lo stessa tipologia di clientela e di contratti, ma soprattutto perchè non vedo la ragione per depauperare, nuovamente, valore del comparto.

L’obiettivo deve essere di consolidare l’esistente di aggiungere del nuovo (Prosecco spumante), e non di abbandonare vendite e quote di mercato. Tra l’altro dal punto del viticoltore la reddività (alta) di un ettaro di glera per Prosecco DOC è la stessa, sia che si tratti di spumante che di frizzante.

Il rischio di un eccesso di offerta perseguendo la massima produzione è remoto, sia tenuto conto che le aziende potranno tornare a sviluppare nuoa clientela si considerando che sarebbe opportuno tornare al cambio annata “fisiologico” nel mese di novembre e con le cantine con un corretto livello di scorte.

E comunque, c’è sempre lo strumento dello stoccaggio del 20%, che permette di adattarsi all’andamento del mercato durante l’anno.

Pubblicato il decreto n.34 del 19 giugno 2014 della Regione Veneto che svincola 100.000 hl di Prosecco DOC.

Per una volta biscomarketing è sulla notizia.

Ieri pomeriggio ho pubblicato la mia analisi dalla quale risulta che mancano almeno altri 100.000 hl di Prosecco DOC vendemmia 2013 per soddisfare la domanda ed oggi arriva la pubblicazione del decreto della Regione Veneto relativo allo svincolo dei primi 100.000 hl richiesto lo scorso 12/06/14 dal CdA del consorzio di tutela.

Per precisione e completezza, il decreto della Regione modifica leggermente lo scenario che ho delineato ieri, in quanto il prodotto non svincolato viene declassato a vino IGP senza varietale e non a vino bianco da tavola.

Prendendo il prezzo medio al litro di 0,45 euro/litro per il vino bianco IGT Veneto quotato alla borsa merci di Treviso lo scorso 17-06-14, la perdita netta di valore per il comparto conseguente al declassamento si riduce a 16.870.000 euro ed il prezzo medio annuo a cui si sarebbe dovuta vendere tutta la produzione disponibile di Prosecco DOC annata 2013 (quindi compreso quello stoccato) perche il comparto ottenesse lo stesso incasso complessivo è di 1,07 euro/litro, pari al 6,9% in meno rispetto al prezzo medio di 1,15 euro/litro che la borsa merci di Treviso ha quotato dall’inizio dell’anno fino ad oggi.

Tutte le altre considerazioni, calcoli e previsioni rimangono inalterate

Confesso la mia amarezza nel constatare come il decreto della Regione renda di fatto inutile la mia analisi per (quantomeno) valutare la validità delle scelte.

In questo comparto ci vivo e quindi spero di avere torto, ma temo di avere ragione.

Per soddisfare la domanda mancano almeno altri 100.000 hl di Prosecco DOC vendemmia 2013!

Sembra un destino che io mi ritrovi a scrivere di Prosecco ogni volta che smetto di lavorare per una cantina.
E’successo nel 2011 quando ho lasciato Santa Margherita e mi sono occupato (principalmente) del Prosecco Superiore DOCG Conegliano-Valdobbiane con questo post.

Succede oggi che sto per lasciare Bosco Viticultori e trattero (principalmente) del Prosecco DOC.
Quindi questo sarà un post totalmente enologico, ma con concetti che riguardano la gestione delle Denominazioni d’Origine in generale, sia quelle degli altri vini che quelle di altre categorie di prodotto.

Sarà anche un post veramente lungo (… e se lo dico io), però anche veramente interessante (fidatevi).

Per permettere a tutti i lettori di capire e seguire l’analisi e le considerazioni che seguono è necessario una minima descrizione dell’antefatto, se però sieta già dentro alle dinamiche del comparto potete passare direttamente al fatto. Buona lettura.

Nel 2010 viene istituita la DOC del Prosecco che copre le province di Treviso, Venezia, Vicenza, Padova e Belluno in Veneto e quelle di Pordenone, Udine, Gorizia e Trieste in Friuli Venezia Giulia. in questo modo la parola “Prosecco” non identifica più un’uva ma un territorio originato dal paese di Prosecco in provincia di Trieste. A chi non si occupa di vino o di prodotti DOC può sembrare una piccola cosa, che tra l’altro crea confusione, ma è un passaggio fondamentale che impedisce a chiunque produca vino utilizzando uve “glera” (nuovo nome dato alle uve utilizzate per produrre Prosecco DOC) ovunque nel mondo di chiamare il suo vino “Prosecco”. Detto in altri termini, protegge il consumatore che quando compra “Prosecco” si aspetta un vino con determinate caratteristiche di trovare proprio quelle caratteristiche e non altre.

Nel 2011, a fronte del forte incremento di nuovi impianti di vigenti di glera nell’area della DOC, le Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, su richiesta del Consorzio di Tutela, decretano il blocco di ulteriori nuovi vigneti, fissando il limite di 20.000 ettari complessivi piantati a glera (16.500 Ha in Veneto e 3.500 Ha in Friuli Venezia Giulia).
Sottolineo, per l’importanza che avrà nell’analisi successiva, che questa misura rende fissa l’offerta di Prosecco DOC non solo per ogni anno di vendemmia, ma anche per gli anni futuri. Di conseguenza il prezzo di mercato sarà determinato unicamente dalla domanda.

A fine agosto 2012, sempre giustamente su richiesta del Consorzio di Tutela, la Regione Veneto di concerto con la Regione Friuli Venezia Giulia, dispone lo stoccaggio del 10% del Prosecco dell’imminente vendemmia 2012, in modo da “tener sotto controllo la gestione dei volumi di prodotto messi in commercio, mantenendo un livello dei prezzi accettabile e stabilizzando così il funzionamento del mercato dei vini rispetto ad un prodotto che ha dimostrato di essere abbondantemente apprezzato in Italia e all’estero.” (il virgolettato riporta la dichiarazione dell’assessore veneto all’agricoltura Franco Manzato indicata nel comunicato stampa n.1461 emesso dalla Regione Veneto il 27-08-2012). Non entrerò nell’interessante tema dell’impostazione sostanzialmente da commodity ottocentesca per la gestione di mercato (marketing non è proprio un sinonimo) di un grande marchio collettivo di diffusione mondiale, perchè sarebbe una parentesi troppo lunga e complessa (però mi piacerebbe molto).

A febbraio 2013 l’andamento positivo delle vendite di Prosecco DOC portano allo sblocco del 10% di Prosecco DOC precedentemente stoccato. Un precedente interessante nell’ottica dell’analisi che seguirà.

A fine agosto 2013, sempre giustamente su richiesta del Consorzio di Tutela, la Regione Veneto di concerto con la Regione Friuli Venezia Giulia, dispone lo stoccaggio del 20% del Prosecco dell’imminente vendemmia 2013, con l’esclusione dei vigneti a conduzione biolgica.

A gennaio 2014 la Regione Veneto comunica i dati consuntivi della vendemmia 2013 che indicano per il Prosecco DOC una produzione di 2.591.831,68 q.li, pari ad un incremento del 14,43% rispetto alla vendemmia 2012. Al netto del prodotto stoccato la disponibilità di Prosecco DOC della vendemmia 2013 è quindi sostanzialmente la stessa di quella dell’anno precedente (lo so che è spannometrico, ma non preoccupatevi poi arrivano i numeri precisi).

Ad aprile 2014 Valoritalia, l’ente incaricato di certificare la produzione e gli imbottigliamenti di numerosi vini DOC, tra cui il Prosecco, pubblica sul suo sito che gli imbottigliamenti del primo trimestre del 2014 sono del 22% superiori a quelli dello stesso periodo del 2013. Anche qui a spanne si può intuire che, se questa tendenza si dovesse mantenere anche nei mesi successivi, per soddisfare la domanda bisognerà sbloccare TUTTO il Prosecco stoccato (come si è già verificato nel 2013).

Il 7-05-2014 diverse testate pubblicano la notizia che durante la prossima assemblea generale dei soci del Consorzio del Prosecco DOC, il Consiglio di Amministrazione proporrà di estendere il blocco degli impianti di nuovi vigneti fino almeno al 2017 e di stoccare il 20% della produzione della vendemmia 2014 (ricordo che il 20% è la quantità massima stoccabile secondo l’attuale legislazione). Negli articoli si aggiungeva che non sivedeva necessità di calmierare il mercato sbloccando parte del Prosecco 2013 stoccato e che l’attuale aumento del 30% delle richieste di certificazione dimostrava la bontà della strategia adottata dal consorzio per stabilizzare i prezzi.

Il 9-05-14 durante l’assemblea generale dei soci del consorzio del Prosecco DOC vengono presentati i dati a sostegno della richiesta di mantenimento del blocco di tutti i 341.000 hl di prodotto stoccato. Sostanzialmente si considera che il Prosecco della vendemmia 2014 potrà essere già disponibile per l’imbottigliamento a partire dal 1 ottobre 2014 (mentre nel 2013 gli imbottigliamenti della nuova annata sono iniziati a novembre) quindi, prevedendo i volumi necessari da aprile a settembre 2014 sulla base della media dei 12 mesi da aprile 2013 a a marzo 2014 (quindi facendo previsioni basate sui dati consolidati del passato e non sulla tendenza in atto), l’attuale disponibilità di 1.800.000 hl totali di Prosecco DOC vendemmia 2013 viene ritenuta sufficiente.

Nel settore cominciano a manifestarsi situazioni paradossali di aziende vitivinicole, che svolgono l’intero ciclo produzione del vino sfuso-spumantizzazione-imbottigliamento, pur disponendo di prodotto stoccato non possono utlizzarlo e sono costrette a comprarlo sul mercato, con difficoltà a reperirlo (senza contare dell’aggravio dei costi per lo stoccaggio, l’acquisto del prodotto da terzi e l’impossibilità di garantire la medesima qualità rispetto al vino prodotto dai propri vigneti). Direi un chiaro segnale di carenza di Prosecco DOC rispetto alla domanda.

Dal 20-05 al 10-06, per quattro sedute consecutive, la borsa merci di Treviso non ha quotato il prezzo del Prosecco DOC. Segno inequivocabile della carenza di Prosecco DOC e del blocco del mercato causato dalle decisioni del Consorzio.

Il 12-06-2014 il Consorzio di Tutela pressato ha richiesto alle regioni competenti lo sblocco di oltre 100.000 hl di Prosecco DOC precedentemente stoccati. Dal comunicato stampa emesso in seguito: “Parte oggi dal Consorzio di tutela Prosecco doc la richiesta ufficiale di destoccaggio diretta alle Regioni del Veneto e del Friuli Venezia Giulia sulla scorta della decisione assunta lo scorso giovedì 12 giugno dal proprio Consiglio di Amministrazione che ha deliberato lo svincolo di oltre 100.000 ettolitri di vino atto a divenire Prosecco DOC. La quota così liberata, pari al 5,1 % della produzione totale, in parte prudenzialmente stoccata con la vendemmia 2013, va a soddisfare la crescente domanda di prodotto e consentirà ai produttori di immetterla nel mercato come Prosecco doc con miglior remunerazione”.
Il presidente Stefano Zanette commenta così: “Si tratta di un’ulteriore conferma del trend positivo di vendita del Prosecco doc che spicca in un contesto di contrazione generalizzata dei consumi. Alla vigilia della vendemmia 2013 il pronostico più ottimistico auspicava l’assorbimento, da parte del mercato, dell’intera nuova produzione, tenendo conto che si prevedeva aumentasse nella misura di almeno il 10% rispetto all’annata precedente. Oggi possiamo dire che non solo l’obiettivo è stato raggiunto ma addirittura superato. Quindi circa un terzo (29,3%) del prodotto stoccato nella logica di gestire il delicato equilibrio tra domanda e offerta che determina il valore dei beni, viene svincolato a significare che le politiche di governance attuate dal Consorzio vanno nella giusta direzione”.

. Ora vorrei sottolineare come sia lo stesso Direttore del Consorzio ad indicare come la domanda di Prosecco DOC stia aumentando oltre il 10%, intuitivamente quindi sorgono già dei dubbi su come possa essere soddisfatta liberando solo il 5% (a meno che non entrino in gioco le scorte, ma, come già detto, tra un po’ metto in fila tutti i numeri).

Il 19-06-14 durante un convegno dedicato al comparto del Prosecco (DOC e DOCG) nell’am ito della manifestazione “Enovitis” a Ca’ Tron” viene presentato il dato tendenziale di +27% degli imbottigliamenti di Prosecco DOC nel 2014 rispetto al 2013.

FINE DELL’ANTEFATTO ED INIZIO DEL FATTO
Il fatto, dimostrato dai numeri, è molto semplice: sul mercato c’è carenza di Prosecco DOC rispetto alla domanda, quindi mantenre lo stoccaggio (di parte) del Prosecco DOC della vendemmia 2013 è una misura, inutilmente costosa, distorsiva del mercato e strategicamente rischiosa per l’affermazione e lo sviluppo del prodotto sui mercati.

Ecco il calcolo della disponibilità e dei fabbisogni di Prosecco DOC a partire da novembre 2013 (inizio degli imbottigliamenti con la nuova annata) fatto sulla base dei numeri forniti dal Consorzio di Tutela:

DISPONIBILITA’ PROSECCO DOC A NOVEMBRE 2013 (dati in hl)
giacenza Prosecco DOC vendemmia 2012 al 31-10-2013 (dati Consorzio) 85.000
produzione vino atto a prosecco DOC vendemmia 2013 (dati Consorzio) 2.141.000
vino stoccato decreto Regione Veneto n.35 del 22-08-2013 (dati Consorzio) -341.000
vino liberato con decisione Consorzio del 12-06-14 100.000
disponibilità vino atto a prosecco DOC vendemmia 2013 1.900.000
TOTALE DISPONIBILITA’ PROSECCO DOC A NOVEMBRE 2013 1.985.000

PREVISIONE FABBISOGNI PROSECCO DOC IMBOTTIGLIAMENTI NOVEMBRE 2013 – SETTEMBRE 2014 (dati in hl)
imbottigliamenti novembre 2013 -marzo 2014 (dati Consorzio) 801.000
tendenza imbottigliamenti 2014 su 2013 (convegno Enovitis 19/06/14) 27%
imbottigliamenti aprile-settembre 2013 (dato Valoritalia) 933.560
stima imbottigliamenti aprile-settembre 2014 1.185.621
TOTALE PREVISIONE FABBISOGNI FINO A SETTEMBRE 2014 1.986.621

DIFFERENZA DISPONIBILITA’ – FABBISOGNI FINO A SETTEMBRE 2014 (dati in hl) -1.621

I conteggi non sono niente di sofisticato (aritmetica elementare: “+”,”-”, “/”, “x” e “%”). L’unica differenza rispetto all’analisi fatta dal Consorzio è che i fabbisogni aprile-settembre 2014 sono stati calcolati secondo un approccio da “aspettative razionali”, incrementando il dato dello stesso periodo del 2013 in base alla tendenza attuale e non applicando in modo lineare la media del passato.

A prima vista il risultato dell’analisi può dare l’impressione che il comparto sia in sostanziale equilibrio, come l’ha data a me la settimana scorsa. Ma effettivamente una disponibilità di 1.621 hl inferiore alla domanda (sempre che questa non accelleri ulteriormente durante l’estate) in un comparto come quello del Prosecco DOC significa una grandissima tensione sul mercato. Nessuno penserebbe di portare la propria cantina a scorta zero; immaginare di portarci l’intero comparto è … impensabile.

Innazitutto bisogna considerare che non stiamo parlando di mercato di prodotti finanziari ma di un prodotto fisico, quindi per incontrare domanda ed offerta bisogna che effettivamente tutto il vino disponibile nelle oltre 1.000 cantine vinificatrici si sposti nelle oltre 300 cantine di frizzantatura/spumantizzazione.

Questo non succederà perchè i 100.000 hl liberati sono frammentati nella varie cantine vinificatrici nell’ordine del 5,1% della loro produzione 2013. Considerato che un’autocisterna trasporta 300 hl, non sarà nè tecnicamente possibile nè economicamente conveniente ritirare i 10, 15, 20 hl che si sono liberati. Inoltre le cantine che realizzano entrambe le fasi potranno decidere di non vendere il vino sfuso eccedente ai loro immediati fabbisogni per evitare il rischio di non poter fronteggiare un aumento della domanda da parte dei loro specifici clienti oppure per sfruttare il vantaggio competitivo, artificiosamente creato, di poter disporre del prodotto.

Ma anche se succedesse, chi vorrà essere la cantina che dovrà dire ai propri clienti che gli mancano 1.621 hl (ossia 216.000 bottiglie). Nessuno. Ecco quindi che il prezzo del Prosecco DOC sfuso crescerà man mano che ci si avvicinerà al 30 settembre, o all’esaurimento della disponibilità di prodotto (si tratta di una modifica dell’utilità marginale del prodotto per il produttore, ma non voglio diventare troppo teorico).

Se lo scenario descritto fin qui vi sembra abbastanza fosco, io vedo un rischio ancora maggiore: è tecnicamente impossibile imbottigliare Prosecco DOC spumante annata 2014 a partire dal 1 ottobre 2014!

La vendemmia del prosecco è prevista per fine agosto, per produrre un prosecco spumante sono necessarie almeno 4 settimane a cui ne va aggiunta un’altra per le procedure di certificazione. Di conseguenza, anche facendo partire la spumantizzazione da mosto (su questo punto torno tra un attimo) non si potrà avere il prodotto pronto per l’imbottigliamento prima del 6 di ottobre. Tenuto conto che una cantina organizzata efficentemente programma gli imbottigliamenti con un certo anticipo, quindi dei vini che è sicura di poter imbottigliare, quest’anno le cantine di spumantizzazione dovranno decidere se trovarsi senza Prosecco per due settimane oppure programmare l’imbottigliamento “alla cieca” con l’eventualità di trovarsi senza vino da imbottigliare se la fermentazione o la certificazione richiedono qualche giorno in più del previsto.

“… anche facendo partire la spumantizzazione da mosto”: frizzantare o spumantizzare Prosecco DOC da mosto anzichè da vino è previsto dal disciplinare di produzione, ma è l’eccezione piuttosto che la norma tra le cantine produttrici. Di conseguenza le politiche di stoccaggio adottato dal Consorzio stanno forzando le cantine ad adottare una pratica non tradizionale, su cui possono avere esperienza e competenza limitate. Meno male che in Italia vige l’economia di mercato basata sulla libera concorrenza, perchè nei fatti a me questa situazione ricorda tanto il dirigismo dei piani quinquiennali sovietici. E non voglio nemmeno considerare la teorica forzatura ad accorciare i tempi di spumantizzazione, con relativo impatto sulla qualità del prodotto finito, perchè mi fido della serietà delle cantine produttrici.

Aggiungo che tutti questi ragionamenti, i miei come quelli del Consorzio, sono fatti partendo dal presupposto di anticipare il cambio annata di un mese rispetto a quanto avvenuto nel 2013. Questo anticipo non è giustificato da un anticipo della venedemmia, che sarà realizzata sostanzialmente nello stesso periodo dell’anno scorso, e crea una carenza di Prosecco DOC nel periodo più critico dell’anno. Nel 2013 settembre ed ottobre sono stati i mesi con i maggiori volumi di imbottigliamento dopo luglio, quando le cantine imbottigliano le scorte per le spedizioni del mese di agosto, con circa oltre 180.000 hl al mese. Oltre al rientro dalle vacanze, per il mese di settembre, questo è dovuto al fatto che sono i mesi in cui si realizzano le spedizioni sui mercati esteri per le vendite di fine anno (ricordo che il Giorno del Ringraziamento quest’anno cade il 13 ottobre in Canada ed il 27 novembre negli U.S.A.).

Canada, USA, Cina o Regno Unito non sono mercati dove si possa operare con la stessa flessibilità logistica dell’Italia.

Invito a riflettere sulle conseguenze nell’affermazione del Prosecco l’effetto che può avere costringere una catena di supermercati americana a cancellare la promozione del Prosecco prevista per il Giorno del Ringraziamento (non voglio nemmeno considerare la pazzia di pianificare la promozione e poi non avere il prodotto sugli scaffali) o un importatore cinese a non avere il prodotto disponibile per fine anno.

Segnalo che stimando un volume di imbottigliamento di Prosecco DOC in ottobre 2013 di 185.000 hl e applicando l’attuale trend di +27% si può prevedere un volume di imbottigliamento per ottobre 2014 di circa 235.000 hl, pari al 97,5% dell’attuale stock di Prosecco DOC annata 2013. La mia stima dell’imbottigliamento complessivo di Prosecco DOC da novembre 2013 ad ottobre 2014, periodo fisilogicamente corretto di imbottigliemento dell’annata, sarebbe quindi di 2.200.000 hl.

Dalle voci di mercato pare la decisione di anticipare il cambio annata risponda all’obiettivo di “consumare” una quota maggiore di Prosecco vendemmia 2014 nell’anno in corso, in modo da equilibrare la maggior produzione prevista quest’anno. Anno in cui anche i vigneti piantati per ultimi raggiungeranno il massimo produttivo consentito dal disciplinare.

Vediamo quindi quant’è la produzione MASSIMA 2014 prevista dal Consorzio, utilizzando sempre i dati presentati durante l’assemblea generale dei soci dello scorso 9 maggio:

Totale Prosecco DOC: ettari: 20.000 ettolitri: 2.720.000

Veneto+ superi DOCG: ettari: 16.500 ettolitri: 2.088.000 produzione media per ettaro: 126,5 hl

Friuli Venezia Giulia: ettari: 3.500 ettolitri: 466.000 produzione media per ettaro: 133,1 hl

Complementari: ettari: 1.400 ettolitri: 166.000

Ora, tralasciando il fatto che non mi spiego la differenza di produzione media/ettaro tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, applicando alla produzione MASSIMA prevista per il 2014 lo stoccaggio del 20% già deciso si ottiene una disponibilità di Prosecco DOC pari a 2.176.000 hl.

Si tratta di una quantità inferiore alla mia previsione di 2.200.000 hl imbottigliati tra novembre 2013 ed ottobre 2014 spiegata in precedenza. Ecco quindi che un semplice MANTENIMENTO degli attuali volumi di vendita sarebbe sufficiente ad assorbire tutta la produzione 2014, al netto dello stoccaggio.

Ricordo che la produzione massima rimane per definizione un valore teorico che non può mai essere effettivamente raggiunto, quantomeno per le fallanze di piante in vigneto e per la superfice coltivata a biologico che non raggiunge i livelli produttivi massimi previsti dal disciplinare.

Se poi qualcuno mi spiega i motivi della differenza di resa per ettaro tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, mi toglie un tarlo che da qualche parte in tutta la mia analisi ci sia una falla che non riesco a vedere.

Basta? No non basta, perchè quando si adottano misure così drastiche e distorsive della concorrenza come lo stoccaggio del prodotto bisogna misurarne anche i costi e gli svantaggi.

Il declassamento a vino bianco da tavola dei 214.000 hl di Prosecco DOC 2013 ancora stoccati implica un costo per il comparto di oltre 19.000.000 di euro. Ecco il conteggio:

Prezzo medio 2014 euro/litro Prosecco DOC Borsa Merci Treviso: 1,15
Stima prezzo euro/litro vino bianco da tavola: 0,35
Perdita euro/litro vendita vino atto Prosecco DOC come bianco tavola: -0,80
Hl vino atto Prosecco DOC 2013 stoccati: 241.000
Perdita complessiva vendita vino atto Prosecco DOC 2013 come bianco tavola (euro):-19.280.000

Con i dati a disposizione si può anche calcolare qual’è il prezzo medio a cui si sarebbe dovuta vendere tutta la produzione della vendemmia 2013 per ottenere lo stesso incasso totale per il comparto. Per brevità vi risparmio il conteggio: il prezzo medio è di 1,06 euro/litro, ossia il 7,8% in meno rispetto al prezzo che siè verificato durante il 2014 (ho anche calcolato il valore di elasticità del prezzo all’offerta che porta al verifivarsi di questo prezzo, ma questo lo spiego solo se me lo chiedete).

Oltre alla perdita netta, il declassamento a vino bianco da tavola di 241.000 hl di vino atto a Prosecco DOC ha un’altra importante implicazione strategica: crea la base produttiva per 32.133.333 bottiglie di vino spumante/frizzante con un costo di produzione inferiore di circa il 35% rispetto al Prosecco DOC, ma con le stesse caratteristiche organolettiche.

Si tratta di un volume pari al 12,6% del Prosecco DOC 2013 totale che qualche turbativa di prezzo in qualche mercato la creeranno sicuramente.

QUINDI, CHE FARE?
Non sarebbe serio avervi tenuto tutto questo tempo a seguire un’analisi critica delle strategie di governo del comparto del Prosecco DOC senza proporre SINTETICAMENTE delle soluzioni.

Secondo me bisogna:

1) liberare subito almeno altri 100.000 hl di vino atto a Prosecco DOC per calmierare effettivamente il mercato (io personalmente libererei tutto per dimostrare la forza del comparto). Fino ad oggi il Consorzio si è preoccupato che il prezzo del vino sfuso non scendesse troppo, ma adesso c’è il rischio che salga rapidamente. Consideriamo anche il ritardo di 3/4 settimane con cui il mercato recepisce le variazioni di disponibilità del prodotto e rischiamo di trovarci a ridosso della vendemmia con prezzi elevati. Ricordo che nel 2011 prezzi intorno ad 1,40 – 1,50 eruo/litro hanno portato il prezzo a scaffale del Prosecco DOC frizzante nei discount tedeschi oltre il prezzo psicologico di 1,99 euro/bottiglia, causando un crollo delle rotazioni perchè i consumatori, oltre un certo differenziale di prezzo, hanno sostituito il Prosecco DOC con vini frizzanti generici/IGT.

2) realizzare delle ricerche che determinino il comportamento e gli atteggaimenti dei consumatori nei confronti del Prosecco DOC nei principali mercati di sbocco. Nell’ottobre 2011 ho pubblicato un post con il link alla ricerca svolta da Bosco Viticultori sull’atteggiamento del consumatore USA nei confronti del Prosecco DOC. Ad oggi è l’unica ricerca quantitativa sul consumatore riguardante il Prosecco DOC che abbia mai visto (il che non è positivo). Tra le indicazioni più significative risultava che oltre il 50% dei consumatori che conosceva il Prosecco anche solo per nome lo consumava. E’ una % elevatissima rispetto ad altri vini che conferma il grande appeal del prodotto. Risultava anche che solo il 50% dei cosnumatori di vino americani conosceva, anche solo per nome, il Prosecco, prefigurando un grande potenziale per le attività di comunicazione.

3) sulla base delle ricerche del precedente punto 2, concentrare le risorse consortili in un piano di comunicazione al consumatore in uno o pochi mercati obiettivo alla volta, per creare le basi che permettano di collocare l’intera produzione degli anni a venire e ne rafforzino il posizionamento d’immagine, sia per slegarne la percezione dall’eventuale basso prezzo di vendita che per ridurne la sostituibilità con prodotti concorrenti. Grazie ai fondi europei 700.000 euro negli USA diventano 1.400.000 ed è già una cifra che permette di fare un sacco di cose.

4) prevedere di valutare lo sblocco di una parte, anche solo il 2-3%, del prodotto stoccato nel primo trimestre del 2015 in modo da poter valutare le valutazioni sulla reazione del mercato ed intervenire in modo più graduale.

Questo in due parole il cosa, per il come io non ho più forse e, credo, neanche voi. Però dal 1 di settembre io sono disponibile come consulente.

Grazie, davvero, dell’attenzione.

Peculiarità del marketing dei prodotti con denominazione d’origine.

Questo fine settimana ho passato un po’ di tempo ad analizzare i dati pubblici relativi al Prosecco DOC perchè nella realtà del mercato non mi pare di vedere quell’equilibrio di mercato, riscontrato invece da tutte le istituzioni coinvolte nella gestione del comparto dopo la richiesta di sblocco di 100.000 hl di vino che erano stati stoccati al momento della vendemmia 2013. Ricordo che la borsa merci di Treviso non ha quotato il prezzo del Prosecco DOC nelle 4 sedute dal 20/05 al 10/06 2014.

Ammetto che la mia analisi mi porta a risultati simili (mancherebbero per arrivare ad ottobre circa 1.600 hl di vino, una bazzecola pari allo 0,08% della produzione totale), però durante i miei anni da ricercatore ho sempre seguito il principio che se c’è una discrepanza tra la realtà e la teoria (analitica), è quest’ultima che probabilmente sarà sbagliata o parziale.

Voglio quindi prendermi dell’altro tempo per verificare se non c’è qualche buco nei miei ragionamenti e/o nei dati.

Lo voglio fare anche perchè non credo che l’appriccio migliore per tutelare ed incrementare il valore generato da quello che è un marchio di rilevanza mondiale sia trattarlo come una commodity ottocentesca focalizzandosi sul sostegno dei prezzi del vino sfuso attraverso la riduzione dell’offerta (misura che determina sempre una perdita oggettiva del valore complessivo).

Per questo facendo queste considerazioni ho sentito il bisogno di tornare alle basi e sono andato a rileggermi un articolo che pubblicai sulla rivista Medit nel lontanissimo 1996. Qui trovate il link a “Peculiarità del marketing dei prodotti con denominazione d’origine”. Lo so che è lungo, ma vi consiglio veramente di leggerlo perchè dimostra come il massimo delle capacità si raggiunga intorno ai trent’anni (nel 1996 io ne compivo 33). Tutto quello che ho fatto e scritto fino ad oggi non è che la brutta copia di quanto sono stato capace di sviluppare allora.