Il posizionamento della vostra marca è davvero così stretto?

Uno degli effetti delle difficoltà di mercato causate dalla crisi economica è la rinnovata attenzione delle aziende per il marketing. La domanda principale per capire “cosa fare” non è più “Come?”, ma “Perchè?”.
Il problema però è che non si ricostruiscono visioni e competenze di punto in bianco e così le aziende si stanno ritirando nei territori più consolidati dei propri posizionamenti. Però se è vero che non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume è altrettanto vero che non si possono comunicare due volte gli stessi valori allo stesso consumatore perchè i consumatori cambiano.
Quindi, anche ammettendo che il consumatori in questa fase siano alla ricerca di sicurezze per compensare le ansie causate da una situazione di generale incertezza, dubito che possano ritrovarle nella ripetizione di vecchi concetti che sono alla base delle varie “operazioni nostalgia” viste in pubblicità recentemente.
Credo che un esempio quasi archetipico sia l’ultima pubblicità di Barilla, che definirei la versione banale dello spot firmato Baricco-Wenders del 2002.
Inutile dire che non condivido il giudizio positivo sullo spot del 2009 di Scarmarcio. A me sembra solamente una ripetizione patinata di concetti e valori che i consumatori di una certa età (diciamo dai 40 in su, ma forse anche un po’ più giovani), hanno ben chiari, che non aggiunge niente nè in termini di sostanza nè di emozione. Meno che meno dice qualcosa di rilevante ai consumatori più giovani.
Almeno quello del 2002 aveva un contenuto onirico che aggiungeve qualcosa (non molto, ma qualcosa) al percepito di Barilla. Credo in sintesi che Barilla non avesse bisogno di comuncare di essere una storica, solida e seria azienda perchè mi stuperei che gli italiani pensassero il contrario (magari loro hanno delle ricerche che lo dimostrano) ed ancor meno che per farlo avesse bisogno di spendere milioni di euro di produzione (se uno spot di buona qualità da due giorni di riprese in studio tre anni fa costava 300.000 euro, la stima del costo di uno spot girato in location in tre continenti diversi è presto fatta) ed i molti milioni di pianificazione che implica uno spot di 132 secondi. Poi magari i consumi vanno anche bene, potrebbe essere grazie alla pubblicità oppure ad altri fattori, magari quelli ipotizzati in un mio post precedente .
Direi che sarebbe stato meglio alimentare la marca con nuovo valore per stringere ancora di più il rapporto costo/beneficio. Chiudo con una piccola nota tecnica (agraria): una cosa che hanno in comune lo spot del 2002 e quello del 2009 il taglio del grano con una scenografica falce da fieno. Ora lo so che sono un pignolo è che sono vecchio abbastanza da essere cresciuto comunque ancora in una cultura (malgrado sia nato e crescito a Marghera), quindi non pretendo che i creativi sappiano che falciare il grano con quella falce significa perdere gran parte dei chicchi con la caduta della spiga. Mi spiace però notare che, soprattutto in questo fase in cui si tornano a valorizzare gli sforzi concreti, non abbiano pensato alla bellezza dell’estetica dei contadini chinati a mietere il grano con la falce messoria. Poi che opinione mi possa fare dell’effettiva competenza e serietà della Barilla, quando nel raccontarmi la loro storia mi sbagliano una cosa tanto essenziale è un problema che per loro fortuna ho io e, credo, pochi altri.
Torno però alla domanda iniziale, davvero i consumatori vedono il posizionamento di Barilla in un orizzonte così ristretto? Attenzione che il posizionamento di una marca non è quello che questa comunica, bensì l’opinione che i di questa hanno i consumatori nella loro mente. D’altra parte nelle società economicamente avanzate il consumatore esposto sempre di più non solo ai media ma ai sondaggi di opinione e di mercato, fa sempre più fatica a dare delle risposte pregnanti alle aziende che cercano di capirne i desideri.
Allora non sarebbe forse il caso di esplorare i territori limitrofi, per cercare di espanderli.
Infatti, se escludiamo una crescita delle quantità consumate per occasione, le vendite di una marca possono aumentare solo per espansione in nuovi territori geografici, demografici (nuovi consumatori) o psicografici (nuove occasioni di consumo).
L’esplorazione implica però il rischio dello sconosciuto, però il rischio è davvero così grande? Il consumatore è un guidice veramente così severo rispetto ai tentativi sbagliati di un’azienda? Le persone multitasking, volenti o nolenti, che compongono la nostra società hanno una visione davvero così limitata delle marche?
Dopo averlo chiesto un po’ troppe volte è chiaro che credo che la risposta sia più no che sì e l’esempio che mi rincuora è Ferrero (ancora loro).
Sotto lo stesso marchio ombrello stanno tranquillamente insieme prodotti rivolti a target ed occasioni di consumo così diverse come il Mon Cherì e il Kinder Pnguì o l’Happy Hippo. Un successo con il Gran Soleil è stato pubblicizzato per anni solo su TV locali tipo “7 Gold”, una scelta che molti marchi meno importanti non avrebbero mai fatto, considerando l’utilizzo di quell’emittente uno svilimento della marca. Qualcuno sa dirmi che fine hanno fatto i Choco Bons Kinder pubblicizzati qualche anno fa?
Eppure non ho segnali che il posizionamento di Ferrero, anzi proprio questa ubiquità credo sia uno degli elementi che rafforza la marca nella mente dei consumatori, tanto da permettergli di vendere confezioni regalo di Ferrero Rocher (se avete bisogno che questa ve la spieghi significa che potete continuare a mangiare Lindor come cioccolato di qualità).
La sintesi è che il consumatore è probabilmente molto più aperto, volente o nolente, di quanto gli uomini di marketing ed i creativi delle agenzie chiusi da anni nel loro mondo credano ed il rischio che esplorando territori limitrofi o sconosciuti si finisca in pasto ai cannibali è molto più basso di quanto sembri.
Concludo con un concetto che ho cercato di far capire ad un mio charmain: io posso fare risultati o superiori facende le stesse cose fatte in passato se ho più soldi per farne di più oppure spendendo meno soldi facendo cose diverse, ma se faccio le stesse cose con meno soldi sto semplicemente pianificando il mio declino.
Confesso che non sono riuscito a convincerlo, ma non è che quei marchi abbiano fatto una bella fine.

Tra due giorni inizia il Vinitaly e posso già prevedere che biscomarketing starà zitto per un po’.

4 thoughts on “Il posizionamento della vostra marca è davvero così stretto?

  1. Thank you very very much for your nice words. I am only surprised about the English: how can you read the posts (besides “AMA quotes of the day”)?

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