Cosa bolle nelle pentole dei dipartimenti marketing USA.

L’American Marketing Association ha pubblicato i dati dell’edizione 2017 della ricerca sul Marketers’ Confidence Index dei professionisti di marketing negli USA, realizzata in collaborazione con l’istituto Kantar Vermeer.

La ricerca viene realizzata con cadenza biennale e quindi permette anche di avere individuare le tendenze dei vari indicatori.

Pur non essendoci una corrispondenza esatta che quello che succede negli USA poi si trasferisce da noi, è pur vero che guardare a quello che succede negli USA permette di avere una visione su quali saranno le tendenze che influiranno anche su quello che succede da noi.

Credo quindi che sia utile ed interessante riportare qui una sintesi dei risultati della ricerca.

Prima però un’avvertenza di tipo metodologico: poiché il campione è di sole 304 persone (ci potrebbe essere un problema di rappresentatività?) l’errore campionario è del 4,7%, questo significa che due numeri sono statisticamente diversi tra loro solo se la differenza è di 9,4 punti percentuali.

Esempio: statisticamente non c’è differenza tra il 38% di professionisti di marketing che non hanno fiducia nella consapevolezza del proprio dipartimento riguardo al ROI dei piani marketing ed il 32% che ce l’ha. Il 38% infatti si colloca nell’intervallo statistico tra 33,3% e 42,7% (ossia 38+/- 4,7), mentre il 32% si colloca nell’intervallo statistico tra 27,3% e 36,7% (ossia 32+/- 4,7). Come si può notare i due intervalli si sovrappongono. Ciò non toglie che in base ai risultati della ricerca almeno 1/3 degli intervistati ritiene che il proprio dipartimento non sia consapevole del ROI di quello che fanno.

Il Marketers’ Confidence Index per il 2017 era di 69 punti su un massimo possibile di 100. Si tratta del valore più alto da quando viene condotta la ricerca, quindi l’indicazione è di un sostanziale ottimismo da parte dei professionisti di marketing americani. Questo ottimismo è confermato anche dall’aspettativa di un aumento del budget marketing rispetto al passato.

L’attuale distribuzione del budget marketing per area di attività è sintetizzata nel grafico a torta.

Diapositiva1

Non avendo dettagli su come è stata condotta la ricerca mi restano dei dubbi sul peso elevato delle sponsorizzazioni, che forse vanno più correttamente lette insieme all’acquisto degli spazi pubblicitari.

Mi stupisce anche non trovare una voce per il social media management e la creazione di contenuti, che magari potrebbero essere comprese nella creatività (più la seconda della prima). Comunque tra le aree citate di maggior interesse per il futuro ci sono i social media, la personalizzazione, l’automazione di marketing e la realtà aumentata.

Rispetto alla situazione italiana, vado a sensazioni, appare elevata anche la quota destinata all’analisi dei dati (analytics nell’originale). Qui però potrebbe giocare l’approccio più quantitativo che caratterizza il marketing nelle aziende americane, indicato anche dal peso che rivestono le ricerche di marketing. Dai partecipanti viene anche indicata l’importanza della capacità del marketing di dimostrare il valore aggiunto che le proprie attività portano all’azienda, da cui la crescente importanza appunto per l’analisi dei dati raccolti dall’azienda nei diversi canali di interazione con i propri consumatori e le proprie audiences (Big Data).

Questa necessità, ed al tempo stesso difficoltà, di determinare il ROI delle attività di marketing si ritrova anche nelle risposte relative alla fiducia che la propria struttura di marketing abbia le capacità per affrontare con successo i vari aspetti (grafico a barre).

Diapositiva2

I dati i sembrano sufficientemente autoesplicativi per non doverli spiegare. Segnalo solo che la fiducia nella capacità della propria struttura è in calo per tutti gli indicatori, forse un segnale delle difficoltà per adattarsi ai rapidi e continui cambiamenti degli scenari competitivi nella società digitale.

Concludo con un ultimo dato riportato nella ricerca: pur con aspettative di budget marketing stabili (almeno) o crescenti, il 24% dei professionisti di marketing prevede una riduzione nell’acquisto di spazi pubblicitari mentre solo il 4% prevede una riduzione del budget per l’analisi dei dati.

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