Gestione del personale ed etologia 2

Io ho due cani, per la precisione un maschio ed una femmina, per maggior precisione Fly e Kali (abbreviativo di Kalimera o Kalimocho, a piacere). Fly è quello marrone, Kali è quella bianca.

Fly l’abbiamo preso dal canile che aveva circa 6 anni, mentre Kali l’abbiamo comprata in allevamento che aveva 5 mesi, un po’ perchè un cane così da adottare non riuscivamo a trovarlo ed un po’ per fare compagnia a Fly, che aveva crisi di ansia di abbandono piuttosto forti. La cosa aveva in parte funzionato, ma, comunque, sei mesi dopo all’arrivo della primavera abbiamo deciso di fare una serie di lezioni di addestramento/comportamento (tanti anni fa per un periodo giravo con in tasca biglietti da visita di un centro di addestramento per cani di un amico e quando avevo a che fare con persone particolarmente maleducate gliene davo uno dicendo “non pretendo l’educazione, ma magari almeno un minimo di addestramento”).
Le lezioni sono state utili ed istruttive per trattare meglio i cani e stimolanti per riflettere sui paralleli con il comportamento tra gli umani. La cosa non è per niente nuova, tanto che è stata persino utilizzata nella sceneggiatura di una piacevolissima commedia con Sandra Dee: “Una sposa per due”.
Ma veniamo alle lezioni.
- Prima lezione: prova di affezione. In un spazio aperto il cane viene trattenuto dall’addestratore mentre il padrone si allontana e si nasconde, in modo che il cane non possa più vederlo. Quando il padrone è nascosto il cane viene rilasciato, libero di fare quello che vuole. Se esiste un rapporto forte, il cane andrà dritto alla ricerca del padrone annusando il terreno, se è debole girerà intorno per il prato, se è conflittuale andrà in giro tranquillamente per il prato a quando trova il padrone gli farà la pipì sui pantaloni (se maschio). Poichè tutti siamo convinti di essere amati dal nostro cane, consiglio di fare la prova solamente se ci si sente moralmente pronti ad accettare il peggio. E’ me è andata così-così nel senso che ho dovuto chiamarli un paio di volte prima che decidessero di venire a cercarmi invece di inseguire le farfalle. A detta dell’addestratore non malissimo, considerando che avevamo i cani da 6-8 mesi. E qui ho imparato la mia prima lezione: per stabilire un rapporto con un essere vivente ci vuole del tempo ed è necessario aver condiviso una serie di esperienze insieme. Ovvio direte voi, certamente rispondo io. Ed in effetti tutto quello che scriverò in questo post è ovvio a posteriori, a voi il compito di riflettere su quante volte questi ovvi comportamenti si manifestano nei vostri rapporti quotidiani con le persone (sul luogo di lavoro e non).
Seconda lezione: il cane è un animale gerarchico nel senso che si colloca in un ordine ben preciso all’interno del branco e per gestire il cane con tranquillità nostra e sua, il padrone/i padroni devono essere in cima alla scala gerarchica perchè gli ordini del capobranco riconosciuto vengono seguiti con serenità. Il punto è come fare ad essere riconosciuti come capobranco. Fra le varie cose da fare c’è anche quella di premiare i comportamenti positivi e condannare quelli negativi, senza mai usare punizioni fisiche perchè in questo caso il cane temerà il padrone e quindi ubbidirà solo perchè “costretto”, ma, soprattutto, sarà sempre in ansia. in altre parole invece della serenità che gli viene dalla consapevolezza di avere una guida da seguire, sarà in ansia per la necessità di ubbidire. Aggiungo, cosa importante, che il cane in ansia fa più fatica a capire cosa gli viene richiesto e quindi cosa ha sbagliato e quindi a correggersi.
In sentesi la buona vecchia differenza tra autorità ed autorevolezza.
E qui è stato divertente, perchè l’addestratore si era raccomandato di portare qualcosa di buono con cui premiare i cani e noi avevamo portato un confezione di wurstel, che Fly e Kali snobbavano alla grande. E’ che rispetto alla cena di crocchette mescolate con la carne macinata che mangiavano tutti i giorni, non è che fossero particolarmente appetitosi. Ricordo però che la cena succulenta non li rendeva comunque particolarmente affezionati ai loro padroni (vedi sopra). Decisione dell’addestratore: da quel giorno, per tutto il periodo di addestramento, solo crocchette nella ciotola e le leccornie esclusivamente come premio.
Altra attività che rafforza il rapporto cane.padrone è il gioco, che ha anche una forte funzione premiante, tanto più quanta più voglia di giocare ha il cane. Quindi nell’addestramento è importante non giocare ad oltranza, ma smettere quando il cane ha ancora voglia. E qui credevo di aver imparato la mia seconda lezione, nel senso che se io sono quello che decide quando si mangiano le cose buone e quando ci si diverte, è ovvio che sono il capo, ma non c’è un gran merito.
Credevo, perchè in realtà vanno evitati gli automatismi, il cane infatti non è mona (come si direbbe a casa mia) ed il confine che passa tra il rinforzo positivo della e farsi addestrare dal cane che è estremamente piccolo.
Ecco perchè si comincia con le più facili ricompense tangibili (leccornie) per arrivare poi a quelle intangibili (carezze, complimenti, ecc) raggiungendo, quanto meno, una “moral suasion”. Vi assicuro che dopo 6/7 lezioni la prova di affezione era un’altra cosa.
Come dicevo all’inizio, il parallelo tra l’addestramento cinofilo ed i rapporti tra le persone non sono niente di nuovo e mentre facevo questo ciclo di addestramento mi è tornata in mente la considerazione di una mia collega in Stock (era entrata nel 1972 e quindi ne aveva viste di tutti i colori) quando si parlava di corsi di formazione del middle e top management per la gestione del personale “Mi ricordo quando qualche anno fa anno mandato i direttori in “collegio” allo studio Ambrosetti”. io chiesi “In che senso in collegio?” “Nel senso che sostanzialmente quello che gli hanno insegnato al corso è stato chiedere per piacere e a dire grazie. Peccato che tempo un mese se ne erano già dimenticati”.
Come dicevo all’inizio: se non educazione, almeno un minimo di addestramento.

One thought on “Gestione del personale ed etologia 2

  1. Bellissimo report, Lorenzo! io l’ho letto anche in chiave di social media management. Soprattutto la prima lezione: per stabilire un rapporto con un essere vivente ci vuole del tempo ed è necessario aver condiviso una serie di esperienze insieme. Questo significa che non basta aprire un blog aziendale o una pg su facebook per vedere le vendite schizzare alle stelle (gira e rigira, sempre lì si casca! dimenticando che di social media si parla, non di social selling). Ci vuole tempo. E condivisione di esperienze. Prima dare, poi (forse) ricevere. Ma soprattutto dare. Gary Vainerchuck (e non solo lui) parlerebbe di “thank you economy”. Forse è per questo che l’Italia continua a perdere colpi in tanti campi: ha dimenticato i fondamentali, le ovvietà.

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