Le ricerche bisogna saperle scrivere 5

Lo so che sono un po’ in ritardo con questo post, ma, come mi ha detto qualcuno tempo fa, è un periodo di cambiamenti e di conseguenza un po’ complesso.
Stavolta prometto che concludo l’argomento ricerche di mercato.
I punti che mi sono rimasti nella penna (tastiera) l’altro giorno sono sostanzialmente due.

I database generati dalle ricerche contengono molte più informazioni delle semplici dati, basta saperli organizzare.
Tempo fa ho commissionato una (tipica) analisi nuovi-persi-stabili basata sui dati scanner delle carte fedeltà riferiti ad uno specifico prodotto (singolo codice EAN). Mi sono arrivati tutti gli indicatori demografici ed i panieri dei relativi gruppi. Cose sicuramente utili, alle quali però io ho aggiunto un’informazione che ritengo particolarmente interessante per la definizione delle strategie: le sovrapposizioni e le NON sovrapposzioni dei panieri di acquisto dei diversi gruppi. In altre parole, partendo dal database grezzo, ho evidenziato quali prodotti sono esclusivi di ogni singolo gruppo, quali sono comuni a tutti e tre, quali sono comuni solo a nuovi+persi, quali a persi+stabili e quali a nuovi+stabili. Ho aggiunto anche il peso sul valore totale del paniere acquistato dei prodotti comuni e di quelli esclusivi,l nonchè il prezzo medio unitario del paniere. Il tutto con le relative variazioni rispetto all’anno precedente.
Tutto questo per dire che nei dati di una ricerca ci sono risposte a più domande di quelle di partenza, risposte che nascono dall’associazione tra risposte a diverse domande, secondo ipotesi di comportamento dell’universo analizzato che siano rilevanti per la definizione dell strategie. Con questo intendo che ipotizzato un certo processo comportamentale, verificare o meno la significatività dell’associazione tra risposte diverse permette di ottenere informazioni importanti, senza che ci sia la necessità di chiederle esplicitamente, e così di allungare il questionario inutilmente.
Anche in questo caso un esempio chiarisce le cose: confrontando la frequenza di acquisto di una categoria di prodotto con il prezzo medio pagato (o con lacquisto o meno di una certa marca) posso individuare eventualio comportamenti diversi delle diverse cluster (gruppi) definiti dalla frequenza di acquisto rispetto alla distribuzione media del campione. Questo senza necessità di domandare il prezzo medio ad ogni singola cluster di frequenza d’acquisto. Sto parlando dei classici indici di concentrazione che vanno a dinviduare se la combinazione di due variabili è diversa dalla distribuzione normale in modo statisticamente significativo. Anche in questo caso non si tratta di fisica nucleare ba di un normalissimo test del Chi quadrato per misurare la distribuzione di frequenza delle risposte del campione incrociando due variabili (domande).
La raccomandazione quindi è: prima di ampliare i vostro progetto di ricerca o, peggio ancora, allungare e complicare il questionario, assicuratevi di aver strizzato tutte le informazioni disponibili nel database sulla base delle vostre ipotesi strategice. Anche perchè le ipotesi strategiche sono quelle sulla base delle quali avreste dovuto già disegnare il questionario e quindi sono quelle che organizzano i dati in informazioni. Se vi mancano le ipotesi strategiche, aumentare la quantità di dati disponibili vi porterà solamente ad una maggior confusione.

La scienza statistica dispone di tutto un ventaglio di strumenti di analisi:usateli!
Avendo passato un po’ di anni in università ad occuparmi di analisi statistica, rimango sempre stupito della distanza tra la raffinatezza e capacità interpretativo/informativa degli strumenti disponibili (e mi limito a quelli consolidati, tralasciando la frontiera della ricerca, che oramai non conosco più) e la pochezza di quelli effettivamente utilizzati nelle ricerche di marketing realizzate da e per conto delle aziende. Succede ancora che la media, l’indicatore dei poveretti, non sia uno dei parametri di partenza per individuare gli scostamenti (le veri informazioni strategiche), ma l’indicatore di arrivo.
Non voglio fare qui un trattato di statistica multivariata, anche perchè è pieno di persone molto più qualificate di me al riguardo, però almeno ricordare che ci sono tecniche quantitative che permettono di circostanziare/predire il comportamento dei consumatori, quello sì. E’ vero che per essere applicate queste analisi richiedono di partire da un datbase con determinate cratteristiche, e quindi da questionari strutturati in un certo modo, ma non è che questo sia antitetico rispetto all’amalisi monovariata e, soprattutto, i vantaggi che ne derivano compensano ampiamente il, pivvolo, sfrozo.
Io personalmente sono sempre stato un fan dell’analisi fattoriale, perchè i fattori si generano in ordine decrescente di varianza spiegata e quindi permettono di costruire matrici bidimensionali “pesate”. Altra tecnica che mi è sempre piaciuta, ma che ho utilizzato solamente un paio di volte, è la conjoint analysis per il potenziale informativo che offre riguardo alle scelte del consumatore.
Qui mi fermo, perchè lo scopo di un post su questi temi non può essere evidentemente essere quello di approfondire/esaurire la materia, ma solamente di dare degli stimoli per spingere chi realizza ed utilizza le ricerche di mercato di andare oltre il solito. Se le cose appaiono troppo complesse non spaventatevi, ma sforzatevi invece di andarci dentro per comprenderle. Poi non è detto che sia possibile semplificarle, ma le vostre strategie saranno comunque migliori di quelle basate su analisi semplicistiche.
Concludo con una frase che ho trovato recentemente in un articolo su Marketing Management del dicembre 2008: Marketers must learn to lead with imagination driven by consumer insight and not rely on marketing research for predictions.
Cominciando oggi si è indietro solo di due anni e mezzo (ma mi sto mettendo in pari). E qui chiudo per davvero la serie dei post sulle ricerche di marketing.

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