Ritmo e melodia del marketing

Citazione 1: “…. troppo spesso la saggezza è solamente la prudenza più stagnante…. ” (Mogol-Battisti).
Citazione 2: “Specificità del marketing moderno è la (parziale) perdita dei controllo (del contesto) della marca” (io, forse o forse l’ho letto/sentito da qualche parte).

Storiella di spunto del post.
Lunedì 6 dicembre sono partito da Venezia via Francoforte per andare ad incontrarmi con il nostro agente in Canada. Arrivo previsto a Toronto ore 19:45 locali di lunedì 6/12, partenza prevista da Toronto ore 17:30 locali di mercoledì 8/12 (è per quello che si chiamano viaggi di lavoro).
Purtroppo però il volo da Venezia è partito con ritardo, causa ritardato arrivo dell’aeromobile, quel tanto che è bastato per farmi correre all’imbarco arrivando 5 minuti prima della partenza prevista del volo e scoprire che non avevano aspettato i passeggeri in transito. Alle mie lamentele sul fatto che non mi era mai capitata una cosa così idiota in tanti anni in giro per gli aeroporti, l’hostess Lufthansa che mi prenotava sul primo volo del mattino dopo mi ha risposto seriamente che non potevano aspettare perchè per la loro compagnia la puntualità è la prima cosa. Almeno quando gli ho riso in faccia non se l’è presa, forse perchè il passeggero allo sportello di fianco con il mio stesso problema stava trattando la sua collega con dei toni ben peggiori del sarcasmo.
Qual’è il punto? Il punto è che sempre più spesso noto negli approcci delle aziende alla gestione delle marche un’eccessiva fissità, che in buona parte riconduco alla solita marginalizzazione del marketing.
Mi spiego meglio: si è passati da un concetto secondo il quale il marketing era troppo importante per lasciarlo in mano agli uffici marketing (verissimo) intendendo con questo che la cultura di marketing doveva essere patrimonio di tutti, ad un concetto secondo il quale il marketing deve rispondere alle esigenze che provengono dai clienti compatibilmente con quelle della redditività attesa.
Peccato che le esigenze dei clienti abbiano poco a vedere con la gestione del valore di una marca nel medio periodo e che le funzioni vendite vendite e finanza (oltre ahimè sempre più spesso alla funzione marketing) non abbiano l’approccio è le competenze per identificare i tratti essenziali e caratterizzanti del posizionamento. Il risultato quindi è che ci si immobilizza sulle forme enunciate e non sui valori sottostanti, come è successo alla hostess Lufthansa.
Faccio un esempio (noto che mi esprimo sempre più per metafore, la volta che comincio con le parabole qualcuno mi fermi per cortesia): chiunque sia stato almeno 5 minuti al timone di una barca a vela sa che per andare dritti la barra del timone non può stare ferma, ma va continuamente regolata per compensare i movimenti imposti alla barca dalle onde e dal vento. Il marketing ha (dovrebbe avere) le competenze per far andare il più velocemente (efficacemente) possibile la barca lungo la rotta decisa dal capitano, ma sempre più spesso nella gestione democratica del marketing viene deciso di fissare il timone in un punto, confondendo l’immobilismo con la coerenza. Il risultato è che poi non si arriva dove previsto.

Perchè il titolo? Perchè in un primo tempo pensavo di usare la metafora del ritmo e della melodia, dicendo che l’importante per la coerenza della marca è che si riconosca la seconda anche cambiando il primo. Però la mia conoscenza della musica, tanto teorica come pratica, è talmente scadente che non sono riuscito ad essere convinto del paragone neanche dopo aver studiato Wikipedia. Ho quindi preferito evitare di dire castronerie.
Se però c’è qualche musicista tra il pubblico, mi piacerebbe mi spiegasse meglio i due concetti.

Saranno famosi?

Chissà se nell’era del web e dei social media Saint Exupery (sì quello del Piccolo Principe) giudicherebbe ancora “metafisica da portinaie” la questione pirandelliana dell’identità. Io una tempo avevo trovato illuminante la definizione del primo, ma oggi ho qualche dubbio sull’attualità del secondo.
Perchè questo incipit da tema del liceo? Perchè domani alle 8:30 di mattina, con replica alle 18:30 per i meno mattinieri, va in onda nel programma Casa Alice del canale Alice di SKY (il numero del canale non lo so) l’intervista che mi hanno fatto sul premio “Santa Margherita Esploratori del Gusto” nel ruolo di Direttore Marketing di Santa Margherita, appunto.
Massimo del narcisismo: siccome domani parto per il Canada ed alle 8:30 sarò eccezionalmente ancora a casa, mi guarderò. Speriamo bene perchè dopo la foto su Gente a fianco di Al Bano, punto a sfondare nel target delle massaie (che secondo la direzione commerciale di SKY esistono ancora con mio sommo stupore).

Oscar Farinetti: stupor mundi

L’altro giorno ho ricevuto una risposta personale al mio post sulla campagna radio fatta dall PAM. Anche se l’intenzione di scrivermi personalmente invece di postare un commento mi pare fosse quella di non sparare sulla croce rossa, credo (spero) non se ne abbia a male se riporto parte della sua mail: .…. ma c’è una situazione in questo settore (della distribuzione N.d.A.) che definire drammatica è dir poco.
C’è una battaglia sul prezzo pazzesca, c’è il problema della terza settimana, ci sono competitor che entrano da un giorno all’altro.
E ti assicuro che di fronte ad una situazione del genere non si riesce più a farli ragionare: sono come impazziti, rapiti nel vortice di promozioni, sconti e buoni spesa, pronti a tradire posizionamenti e format pur di far quadrare i fatturati.
Il risultato sarà che qualcuno alla fine salterà e che si apriranno nuove opportunità per chi le saprà cogliere, mettendo in crisi le “vecchie” insegne.

Tutto vero, tutto giusto, tutto condivisibile, P E R O’ poi viene fuori Oscar Farinetti che apre Eatily con posizionamento forte basato su una chiara promessa di valore per un determinato target (che in questo caso è tutti i segmenti di consumo) e tutti rimangono a bocca aperta. E poi tutti i concorrenti lì a trovare scuse, …. è amico di Petrini, …. è proprietario delle cantine, ecc…, per giustificarsi di non averlo fatto (anche) loro.

Ma la cosa interessante è capire cosa ha in più Farinetti per ottenere i successi che ottiene.

Secondo me Farinetti ha più testa e più cuore (manca solo la coda e poi abbiamo rifatto il Carosello della grappa Piave).
Più testa nel senso che ha l’acume, le conoscenze e la creatività per pernsare e formulare della proposte di valore inovvative e rilevanti per ampie fasce di persone. Il buon vecchio marketing strategico. Il bello è che l’innovatività della proposta non sta tanto nei singoli elementi che la compongono, che in buona parte sono già presenti in modo sparso sul mercato, ma nel fatto di metterli e nel modo in cui vengono collegati. In parole povere nel pensiero che ci sta dietro, cosicchè il valore per i consumatori sta innanzitutto nel pensiero di base, di cui i servizi che gli vengono offerti (ribadisco una volta di più che nessuno compra mai prodotti, ma sempre servizi) sono la “semplice” concretizzazione. Il buon vecchio marketing strategico
Coem scrivevo in un mio vecchio post il concetto di “unique selling proposition” è spesso sopravvalutato perchè nella maggioranza dei settori è talmente difficile da rischiare di portare l’azienda ad inseguire chimere irragiungibili. Quello che fa Farinetti è sviluppare una “best selling proposition”, inserendo alcuni elementi di novità in quella che è sostanzialmente una nuova, e più ampia, combinazione di elementi esistenti.
Il pensiero però non basta senza l’azione e qui Farinetti dimostra più cuore della maggioranza dei suoi concorrenti perchè ha il coraggio di credere nella bontà della sua proposta, anche se questa esce dai canoni classici dei settori in cui opera. Crederci davvero significa alimentarla con le risorse necessarie avendo la fiducia che queste verranno ripagate e realizzarla con disciplina, coerenza e costanza, in modo da far crescere sempre di più nel tempo la propria credibilità. in altre parole rifuggire i compromessi che potrebbero (dare l’impressione di) prendere in giro le persone.

Non è niente di complicato, ma la realtà di tutti i giorni dimostra quanto sia difficile.

Ecco perchè quando l’ho visto alla presentazione delle Guide de L’Espresso a Firenze lo scorso ottobre, mi sono tolto il cappello e sono andato a fargli i miei più sinceri complimenti.

PAM PAM! Bersaglio mancato?

Qualche settimana fa un mio amico mi citava la campagna radio della PAM. Sul momento avevo altro da fare ma, per motivi miei, la cosa mi incuriosiva e quindi oggi sono andato sul sito ad ascoltarli.

A parte il fatto che in programmazione non li ho mai sentiti perchè (pare) siano stati pianificati su una sola emittente.

A parte che non capisco che senso abbia con una pressione così limitata investire tempo e soldi a fare quattro soggetti: anche se gli speacker si pagano a chiamata, una certa confusione è assicurata.

A parte il fatto che la musica tipo Guerre Stellari è, ad essere buoni, un po’ vintage (deve essere una caratteristica delle catene distributive, oltre che dei detersivi, perchè anche Interdis con Bugs Bunny gioca la carta retrò, di quando eravamo giovani e felici).

A parte che ho sempre bene in mente un decalogo di Lintas visto più di 20 anni fa che diceva che la pubblicità deve concentrarsi su una sola idea, quella individua come più rilevante per il target dalle ricerche di mercato.

A parte tutti i discorsi su benefit e reason why (confesso che non ho mai capito bene la differenza tra le due cose e se c’è un pubblicitario all’ascolto sarei curioso di scoprirla dopo 16 anni che faccio questo lavoro).

A parte tutto, perchè non c’è nemmeno un briciolo di tentativo di costruire/rafforzare un minimo di posizionamento per dare dei motivi alle persone di andare a fare la spesa alla PAM? E non venitemi a dire che l’obiettivo della campagna è tattico, perchè non comunica una promozione/offerta/concorso ma comunica una concetto (leggi posizionamento) di convenienza.

A parte tutto, uno slogan/pay off/claim finale ci stava non solo per dichiarare e rendere più facile da ricordare il concetto di convenienza, ma anche solo per rendere meno monco lo spot.

Oggi mi sento generoso, come dimostrano due post nello stesso giorno, ne suggerisco uno io che esrpime al 100% il concetto della campagna: PAM: Più a Meno.

Strano che non ci abbiano pensato loro? Forse vi sembrerà ancora più strano sapendo che, a quanto mi risulta, “Più a Meno” è esattamente lo slogan da cui i fondatori del gruppo hanno creato l’acronimo PAM e che a capo dell’azienda ci sono i loro discendenti (che quindi dovrebbero conoscerne storia ed anima).

Ogni tanto la marginalizzazione del marketing non porta solo dei risparmi espliciti (di personale di investimenti), ma anche degli (elevati) costi impliciti.

Viva Felipe Gonzalez

L’altro giorno leggevo sul supplemento domenicale di “El Pais” un intervista a Felipe Gonzalez. Al di là dell’evidente ed ovvio tono amichevole (un po’ stile vite dei Santi), l’articolo conteneva una serie di fatti e considerazioni estremamente interessanti, anche perchè lo spessore della persona è tanto, molto di più di quanto non si percepisca dal profilo su wikipedia (lo sottolineo solo per chi magari non conoscesse più di tanto quello che ha realizzato Felipe Gonzalez, non sono certo io che posso dare patenti di competenza/importanza a personaggi di questo calibro).
Comunque quello che voglio riportare qui oggi sono le sue considerazioni sulla leadership e prima che si pensi che la cosa riguardi solo chi ricopre posizioni gerarchicamente rilevanti, ricordo che chiunque si trovi nella situazione di dover gestire l’attività di altre persone (anche una sola) è in una posizione di leadership. Non importa se sia stato messo dall’alto (dall’ dall’organizzazione), dal basso (dalle persone che deve gestire) o se ci si è voluto mettere da solo. Una volta che ci trova ad avere la responsabilità di altre persone ci si trova in una posizione di leadership, che piaccia o meno, che la si voglia esercitare o meno (creando in questo caso difficoltà per tutti). Se non si vuole questa responsabilità l’unica alternativa è quella di chiamarsi fuori in modo chiaro e palese, sempre che si possa. In sintesi si tratta di considerazioni che, in misura maggiore o minore, prima o poi, riguardano tutti.
Ecco quello che ha detto Don Felipe Gonzalez (tra parentesi la mie note del traduttore, quando ho aggiunto qualcosa per rendere meglio il concetto):
Nell’ (esercizio) della leadership ci sono alcune regole fondamentali:
Uno: non può essere un leader chi non ha la capacità e/o la sensibilità per farsi carico dello stato d’animo degli altri. Se non ci si fa carico dello stato d’animo dell’altro, l’altro non ti sente vicino, sente che non lo capisci e non ti accetta come leader.
Due: non c’è leadership se non cambi lo stato d’animo degli altri, da negativo a positivo oppure da positivo a più positivo, il che implica credere veramente nel progetto che proponi (come leader), credere nel modo meno mercenario possibile, perchè (questo) ti dà più forza.
(Tre): la capacità di trasmettere quel progetto come un progetto che (attragga e) leghi gli altri, che implichi (impegni) gli altri, cambiandogli quello stato d’animo di cui prima ti sei fatto carico. Però deve essere un progetto che permetta alla gente di pensare che, malgrado tu gli richieda degli sforzi, questi sforzi hanno un senso e li convinci perchè vedono che ci credi (tu per primo). E che ci credi davvero, non in modo mercenario. Uno deve credere in quello che sta facendo.
(Quattro): un’ (altra) delle caratteristiche fondamentali della leadership, alla quale per di più ci si può allenare, è la forza/saldezza emotiva. Non l’intelligenza emotiva di cui parlano i nord americani, quanto la capacità di mantenere la centralità tanto quando le cose vanno molte bene come quando vanno molto male.

Nell’ultima frase mi sarebbe sembrato di dare più correttamente il senso traducendo “centralidad” con “serenità” e non letteralmente, però siccome è anni che dico che la principale qualità di un leader è quella di trasmettere serenità, non vorrei far dire a Felipe Gonzalez quello che ho in testa io. Traduttore – traditore.

Magic Italy!

Il giorno dopo che il Ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla ha affermato che il recente crollo di Pompei non avrà ripercussioni sul turismo, ho visto questa foto di un pezzo di una “falla” di Valencia di quest’anno (specie di carri mascherati che vengono fatti per festa del patrono San Giuseppe. (da notare la posizione della pupazza in basso a destra di cui si vedono solo i capelli perchè la testa e sott’acqua).

La mia mente perversa ha fatto 1+1 e, pensando che l’affermazione della Brambilla possa essere dovuta anche allo splendido spot di quest’anno in cui Berlusconi faceva da speaker, non ho potuto fare a meno di pensare: MAGIC ITALY!

Conegliano Valdobbiadene: dove il prosecco è superiore

Lo slogan/pay off/claim (chiamatelo come più vi piace) che dà il titolo a questo post l’ho fatto io (ho prove e testimoni) alla fine del primo dei tre seminari organizzati all’inizio dell’anno dal Consorzio per confrontarsi con le aziende su come comunicare la nuova DOCG.

Non è che chiedo niente e mi fa molto piacere che il Consorzio e l’agenzia di pubblicità abbiano deciso di utilizzarlo.

E’ solo che vedendolo utilizzato in più occasioni dal Vinitaly 2010 in poi mi sembrava giusto dirlo (e chissenefrega se chi si loda si imbroda).