Demographics is a bunch of crap!

bimbo che si nasconde la faccia

Ovvero basare le strategie di marketing sulle classi demografiche è una stupidaggine.

Cinque minuti di applausi per Elizabeth Schneider, autrice del podcast e del libro “Wine for normal people” per aver espresso in modo chiaro, forte ed inequivocabile un pensiero che mi frullava in testa da anni, ma che resistevo ad ammettere perché contrario alla narrazione prevalente.

Davvero non mi spiego l’involuzione nella gestione aziendale e nel marketing verificatasi durante gli ultimi 15 anni che ha portato ad un approccio sempre più semplicistico e muscolare. Poca strategia, poca visione di medio-lungo periodo, poco approfondimento; grande enfasi nell’oggi e palla lunga e pedalare.

Fino a metà degli anni 2000 l’approccio psicografico nell’analisi dei segmenti di mercato e la Grande Mappa degli stili di vita di Eurisko finiva anche sui giornali. Secondo complice anche il fascino semantico del nome dato ad alcuni segmenti, tipo i “delfini”.

L’utilizzo delle semplici variabili demografiche veniva considerato, giustamente, superato perché limitato nella comprensione dei comportamenti.

Poi questo approccio oramai consolidato si è via via affievolito fino a sparire. Cercando in google il primo risultato riporta la Grande Mappa del 2004, l’ultimo aggiornamento di Eurisko che si trova è del 2008 e nella prima schermata di risultati il documento più recente sono delle lezioni di un corso di marketing di un’università di Roma dove viene citata una versione della Grande Mappa datatissima perché riporta ancora, appunto, i “delfini”.

Probabilmente ha contribuito al crisi del 2008 con la sua accelerazione verso una visione tattica e finanziaria della gestione aziendale.

E quindi tutti di corsa a rivolgersi al target dei millennials, ancora oggi considerati la fascia giovane del mercato malgrado abbiano oggi tra i 39 ed i 24 anni.

Anche qui sospetto c’entri la semiotica sia nell’interesse suscitato da questo gruppo demografico, sia per l’immagine di eterna gioventù. Prima c’era la “generazione X” e sinceramente si fa fatica ad appassionarsi ad un gruppo demografico che si chiama così. “Millennials” invece suona bene, sa di futuro e spiega anche perché in un sacco di mezzi di comunicazione venda utilizzato per indicare i nati dopo il 2000.

Ora è evidente che impostare le proprie strategie aziendali sulla base di un gruppo demografico che copre i nati dal 1981 al 1996 (definizione dei millennials adottata dal Pew Research Center) non ha molto senso.

Ma è tutto l’approccio demografico che non ha senso per il posizionamento delle marche perché presuppone che i nati in un determinato periodo condividano gli stessi valori, attitudini, aspirazioni, desideri, idiosincrasie. Non è così dai tempi del lancio della Ford Mustang nel 1964, pensata per i neopatentati e comprata invece dai 40 enni per sentirsi giovani.

Una marca sarà tanto più forte quanto più si posizionerà su valori essenziali per le persone, che quindi non dipendono specificatamente dall’età.

Io quando affronto la segmentazione nelle mie lezioni sul marketing raccomando di segmentare il mercato sulla base dei bisogni/desideri a cui la marca può/vuole rispondere.

Quindi sto sostenendo che le caratteristiche demografiche, in cui rientrano anche la situazione famigliare, la localizzazione e dimensione del paese/città/quartiere/metropoli, ecc… in cui vivono le persone, non servono a niente?

Non proprio. Le caratteristiche demografiche non servono per definire/scegliere il posizionamento della marca, però servono per definire come raggiungere le mie audiences obiettivo soprattutto in termini di distribuzione e promo-comunicazione, ovvero rispettivamente presenza e percezione nel mio approccio di marketing totale.

Come dice il proverbio: c’è sempre una soluzione semplice ad un problema complesso, ma spesso è sbagliata.

Perchè i consumi di vino in Italia continueranno a calare (e di quanto): un’analisi degli ultimi dati ISTAT.

Lo scorso 16 aprile l’ISTAT ha pubblicato la consueta indagine “Uso e abuso di alcol in Italia” relativa ai dati del 2014.

In sintesi l’indagine evidenzia che i consumatori di vino continuano a calare sia come numero assoluto che come penetrazione sul totale della popolazione. Inoltre continua lo spostamento da comportamenti di consumo elevato a quelli di consumo sporadico e si conferma (ovviamente) che i consumatori alto consumanti si concentrano nelle fasce di età più avanzate (“più vecchie” mi pareva brutto, sarà perchè mi ci sto avvicinando.

I dati Istat sono già stati ampiamente ripresi e commentati su numerose testate on line ed off line. Questi i link agli articoli di Carlo Flamini sul “Corriere Vinicolo” e di Marco Baccaglio su “I numeri del Vino”

Io però oggi voglio spremere al meglio i dati ISTAT ed utilizzarli per fare un’analisi previsionale, che ritengo utile e non ho trovato nella letteratura esistente.

Un’analisi di questi tipo prevede di articolare l’esame dei dati e di fare alcune ipotesi per integrare le informazioni mancanti. Vi chiedo quindi un po’ di attenzione per seguire i ragionamenti (niente di difficile comunque: mi limito all’aritmetica elementare delle 4 operazioni + la %).

La mia analisi si basa sulla tavola 24 SEGUE dell’indagine ISTAT, che riporta il numero assoluto di consumatori di vino e birra, suddivisi per classi di età e per modalità di consumo (le tavole sono scaricabili dal sito dell’ISTAT al link di cui sopra e poi metterò il link al file con le mie elaborazioni).

Questo perchè la suddivsione per classi di età permette di fare previsioni nel tempo affidabili, secondo il principio a me caro che i dati demografici descrivono un futuro che è già successo. In parole più semplici, ad esempio, i consumatori che nel 2014 erano nella fascia 45-54 anni saranno sostanzialmente quelli che nel 2024 costituiranno la fascia 55-64 anni  (al netto di mortalità, flussi migratori e cambiamenti di comportamenti di consumo, ed è qui che entrano in gioco le ipotesi).

La combinazione delle fasce di età con le modalità di consumo permette di “pesare” il numero dei consumatori rispetto ai loro consumi pro-capite (ed anche qui bisognerà fare delle ipotesi).

Vado nel concreto evidenziando alcune rilevanti informazioni di base:

- Il totale dei consumatori di BIRRA supera il totale dei consumatori di VINO in tutte le fasce di età 11-15 anni, 16-17 anni, 18-19 anni, 20-24 anni, 25-34 anni, 35-44 anni (se vi sembra strana la presenza di consumatori sotto i 18 anni, ricordate che l’indagine riguarda l’uso e l’abuso di alcol).

- I consumatori quotidiani di BIRRA superano quelli di VINO delle fasce di età 11-15, 16-17, 18-19 e sono molto vicini (168.00 persone vs. 170.000) nella fascia 20-24.

- I consumatori totali di VINO superano quelli di BIRRA in tutte le altre fasce, ossia: 45-54, 55-59, 60-64, 65-74, oltre 75 anni.

- Medesimo ragionamento vale per il confronto VINO-BIRRA nel consumo quotidiano per fasce di età rispetto a quanto evidenziato poco sopra.

- E’ quindi evidente una polarizzazione del consumo di BIRRA nelle fasce di età più giovani e di VINO in quelle più anziane, che già fa capire qualitativamente le tendenze che ci attendono.

- Le modalità di consumo pro-capite di VINO riportate nella tavola sono 3, ma la somma dei consumatori delle 3 modalità non dà il totale. L’arcano mi è stato chiarito dalla dottoressa Bologna dell’ISTAT, che ringrazio per la tempestività della risposta, segnalandomi la tavola non comprende la modalità “consumo solo stagionalmente. Le modalità di consumo di vino quindi di fatto sono 4, le prime tre indicate nelle tavola, mentre la quarta l’ho calcolata io per differenza rispetto al totale.

  • oltre 0,5 litri al giorno,
  • 1-2 bicchieri al giorno,
  • più raramente,
  • solo stagionalmente (calcolata per differenza rispetto al totale).

- L’indicatore “consumo vino solo stagionalmente” che ho calcolato è quindi un indicatore inedito e particolarmente interessante, anche perchè è l’unica modalità di consumo in complessivamente in crescita nel 2014 rispetto al 2013 (sarebbe poi interessante capire qual’è la stagione del consumo del vino e quanto dura. A logica si può suppore che sia la stagione invernale, ma ho la sensazione che sia una realtà su cui le supposizioni rischiano di trasformarsi in cantonate).

A questo punto per creare una base su cui fare le ipotesi di scenario dei consumi a 10 anni sono necessari altri due dati: la stima del numero di consumatori per classi di età e modalità di consumo al 2024 e la stima del consumo annuo pro capite per le diverse modalità di consumo.

Stima del numero di consumatori di vino per classe di età e modalità di consumo al 2024.

Questa stima è relativamente semplice:

- Le attuali classi di età da “25-34″ a “oltre 75″consumatori vengono spostate linearmente in avanti di 10 anni e diventano quindi le classi di età dai “35-44″ a “oltre 85 anni” (segnalo che in base alle tavole ISTAT di mortalità per l’anno 2013 la speranza di vita degli uomini a 75 anni era di 11,25 anni, mentre per quelli di 85 anni era di 5,69 anni).

- Si vengono così a definire tre nuove classi: “70-74″, “75-84″ e “oltre 85″.

- Le classi di età da “11-15″ a “25-34″ sono state ricostruite partendo dalla popolazione residente al 1 gennaio 2014 da 1 a 24 anni ed applicando l’attuale penetrazione di consumo di vino sulla popolazione totale. Questo per tener conto dell’entrata nel consumo del vino con il crescere dell’età.

- La scelta di posizionare la “frontiera” tra la classe “25-34″ è quella “35-44″ è stata fatta in base all’osservazione della penetrazione del consumo del vino per le diverse classi di età, dove tra “20-24″ e “25-34″ si nota un salto dal 40,4% al 52,1%, mentre per la “35-44″ la penetrazione è 54,6%. Una variazione limitata, riconducibile a diversi stili di consumo piuttosto che alla variabile dell’età.

 

Stima del consumo anno procapite per le diverse modalità di consumo.

In questo caso le ipotesi si basano su ragionamenti più arbitrari rispetto alle classi di età.

Innazitutto si è stimato che un bicchiere contiene 0,125 litri (6 bicchieri a bottiglia).

Poi ho fatto un’ipotesi sui consumi pro-capite per le diverse modalità di consumo, che chiamerò “Consumo pro-capite A”, pari a:

- consumo dichiarato “oltre 0,5 litri/giorno: 6 bicchieri/giorno, pari 0,75 l.

- consumo dichiarato “1-2 bicchieri giorno”: 1,8 bicchieri/giorno, pari a 0.23 l.

- consumo dichiarato “più raramente”: 0,86 bicchieri/giorno (6 bicchieri a settimana, ipotizzando consumo prevalente nel fine settimana), pari a 0,11 l

- consumo dichiarato “Consuma solo stagionalmente”: 0.86 bicchieri/giorno, pari a 0,11 l, limitatamente a 6 mesi all’anno.

Utilizzando queste ipotesi di cosnumo pro-capite per le diverse modalità di consumo si può stimare il consumo complessivo moltiplicando i valori di cui sopra per il numero totale di consumatori nelle diverse classi di età/diverse modalità di consumo rilevate dall’ISTAT nel 2014, senza necessità di separare gli uomini dalle donne (questo implica ipotizzare che il consumo di uomini e donne sia il medesimo all’interno della stessa modalità di consumo, o, detto in altro modo, che il consumo pro-capite ipotizzato rappresenti la media ponderata degli uomini e e delle donne compresi nella stessa modalità di consumo).

Dalla moltiplicazione si ottiene un valore del totale dei consumi di vino in Italia per il 2014 pari a 17.332.755 hl.

Si tratta di un valore molto distante dalla stima dei consumi interni italiani per l’anno 2013 fatta dall’OIV pari a 21.700.00 ed ancora più bassa rispetto alla previsione dei consumi interni italiano per il 2014 fatta da Vinexpo a 26.800.000 hl (da notare l’ampia differenza del dato fornito da due fonti, comunque autorevoli, che dimostra la difficoltà nel misurare il fenomeno).

Sia per questa differenza che per l’ampia letteratura che dimostra come le persone tendano a sottostimare i propri comportamenti quando devono rispondere a domande eticamente controverse come il consumo di vino ed alcolici in generale, ho quindi realizzato un’altra ipotesi di consumo procapite, che chiamerò “Consumo procapite B”, modificando i parametri come segue:

- consumo dichiarato “oltre 0,5 litri/giorno: 7 bicchieri/giorno, pari 0,88 l.

- consumo dichiarato “1-2 bicchieri giorno”: 2 bicchieri/giorno, pari a 0.25 l.

- consumo dichiarato “più raramente”: 1.29 bicchieri/giorno (9 bicchieri a settimana, ipotizzando consumo prevalente nel fine settimana), pari a 0,16 l

- consumo dichiarato “Consuma solo stagionalmente”: 1.29 bicchieri/giorno, pari a 0,16 l, limitatamente a 6 mesi all’anno.

Con questa nuova ipotesi il consumo complessivo stimato per l’anno 2014 è pari a 21.794.834 hl, in linea con la stima OIV. Di conseguenza questa è l’ipotesi di consumo pro capite che utilizzerò per stimare i consumi nel 2024.

 

Valutazione delle distorsioni insite nelle ipotesi di base e, soprattutto, della loro direzioni.

Moltiplicando i dati ricavati dalle ipotesi di base sul numero dei consumatori e sul loro consumo pro capite si può stimare il consumo complessivo italiano annuo nel 2024. Questa stima lineare sarà la base per definire degli scenari previsionali.

Prima di entrare nei numeri però è utile evidenziare quali sono le distorsioni che le ipotesi portano alla stima e la loro direzione.

Cominciamo col dire che le ipotesi sono state costruite in modo che il modello SOVRASTIMI i consumi al 2024. Di conseguenza in caso scenari previsionali che prevedano un aumento dei consumi, questo aumento sarà massimo, mentre nel caso in cui gli scenari prevedano un calo, questo calo sarà quello MINIMO.

L’applicazione delle attuali penetrazioni di consumo di vino per le diverse modalità di consumo nelle classi di età da “11-15″ a “25-34″ porta ad una sovrastima perchè le rilevazioni degli ultimi anni rilevano un costante calo di penetrazione di consumo ed uno spostamento dalle modalità di consumo quantitativamente più elevate a quelle più basse.

Il trasferimento lineare nel tempo di 10 anni delle altri classi di età in numero di consumatori e loro distribuzione per modalità di consumo porta ad una sovrastima per due ragioni:

- le rilevazioni degli ultimi anni rilevano un costante spostamento dei consumatori all’interno delle clasi età verso le modalità di consumo più sporadico.

- non considera riduzione di numero dei consumatori (per morte, motivi di salute legai all’età/cambiamento degli stili di consumo).

Questa doppia distorsione si può apprezzare considerando che la previsioni del numero dei consumatori al 2024 applicando le ipotesi descritte prima risulta di superiorie a quello del 2014 di  3.039.000 persone, malgrado il numero di consumatori nelle classi da “11-15″ a “35-44″ cali di 2.300.000 di persone.

Il modello di stima lineare ha un’altra importante caratteristica che va sottolineata: l’utilizzo dei medesimi parametri fa si che le distorsioni insite nelle ipotesi di base si trasferiscano dalla stima dei consumi italiani complessivi nel 2014 a quella nel 2024 come delle costanti.

Di conseguenza non vanno ad influenzare l’entità delle differenze che si calcolano confrontando i consumi complessivi al 2024 derivati dall’applicazione dei diversi scenari alla stima lineare con la stima di consumi complessivi al 2014.

In questo senso la stima lineare costituisec una base solida e chiara nelle sue caratteristiche su cui applicare le diverse ipotesi di scenario, che saranno le uniche responsabili delle variazioni.

Questo permette sia di ragionare con più trasparenza sugli scenari che si andranno ad ipotizzare e di mantenere la direzione SOVRASTIMANTE del modello, di cui si dovrà tener conto qualitativamente nell’analisi dei risultati previsionali.

Ecco i motivi per cui si è scelto di non inserire correttivi alla stima lineare.

 

Gli scenari previsionali e le stime di consumo di vino in Italia nel 2024.

La stima lineare di consumo complessivo di vino in Italia nel 2024 che si ottiene applicando l’ipotesi di “consumo pro-capite B” alla stima del numero di consumatori descritta in precedenza è pari a 23.765.100 hl, a dimostrazione della tendenza sovrastimante del modello.

Rispetto a questa stima lineare ho applicato 3 diversi scenari:

Scenario 1:

-10% nella classe di età “65-69″

- 15% nella classe di età “70-74″

- 20% nella classe di età “75-84″

- 30% nella classe di età “oltre 85 anni”

 

Scenario 2:

-10% nella classe di età “65-69″

- 15% nella classe di età “70-74″

- 30% nella classe di età “75-84″

- 40% nella classe di età “oltre 85 anni”

 

Scenario 3:

-15% nella classe di età “65-69″

- 20% nella classe di età “70-74″

- 40% nella classe di età “75-84″

- 50% nella classe di età “oltre 85 anni”

 

La previsione dei consumi complessivi in Italia nel 2024 in base ai 3 scenari sono le seguenti:

- Scenario 1: 21.650.559 hl, pari a - 144.276 hl.

- Scenario 2: 20.996.834 hl, pari a - 798.00 hl

- Scenario 3: 20.136.775 hl, pari a - 1.658.059 hl

Ricordo una volta di più che il modello tende a sovrastimare i consumi al 2024, quindi a SOTTOSTIMARE la perdita, soprattutto considerando che gli scenari ipotizzati intervengono solo nelle classi di età da “65-69″ in avanti.

La perdita stimata è quindi largamente MINIMA.

Sottolineo poi che si tratta della perdita puntuale della stima dei consumi nel 2024 confrontata con la stima dei cosumi nel 2014, quindi anno su anno. Non della perdita cumulata che si verificherebbe nel decennio, ma mano che le ipotesi descritte sopra andranno  a verificarsi.

Perchè trattandosi di ipotesi demografiche, ANDRANNO  a verificarsi, nel senso che i bambini da 1 a 14 anni residenti in Italia sono già nati (concedetemi in quest analisi di aver tralasciare i flussi migratori) ed i 35 – 44 enni invecchieranno. Ahimè non è un’ipotesi.

A questo punto ci vorrebbe il paragrafo delle conclusioni e delle raccomandazioni sulle azioni da intraprendere per invertire questa tendenza (di consumo, non demografica; che su quella c’è poco da fare). Però io sono stanco e voi lettori credo che pure.

Vi lascio digerire l’analisi e torno con le conclusioni e raccomandazioni la prossima settimana. Così magari qualcuno mi segnalerà delle sviste nei numeri che cambiano tutto e rendono lo scenario più roseo.

Perchè adesso come adesso la perdita prevista dal mio scenario 2 supera le esportazioni italiane del 2014 verso il Canada (4° mercato di esportazione del vino italiano a volume) e quella dello scenario 3 supera le esportazioni verso Canada+Svizzera+Giappone+Danimarca (rispettivamente 4°, 5°, 6° e 7° mercato di esportazione del vino italiano nel 2014).

Questo il link alle tavole dello studio ISTAT:  l’uso e l’abuso di alcol in italia 2014 – ISTAT

(La gran parte) dei dati utilizzati per questa mia analisi e l’analisi stessa la trovate nelle tavole “tavola 24″ “tavola 24 segue” e “stima consumi 2014 ip 2″.

Buonanotte.