Il marketing totale ed il villaggio globale (più gli auguri di Natale).

Il concetto di marketing totale è figlio, inconsapevole, di quello di villaggio globale.

Ricordo che “marketing totale” è il termine che ho coniato qualche mese fa per indicare il nuovo ambiente competitivo in cui le marche sono sotto lo scrutinio del mercato sempre, ovunque e continuamente. E’ un concetto nato da riflessioni diverse (qui il primo post di febbraio a cui ne sono seguiti altri), però a posteriori mi sono reso conto della sua riconducibilità al concetto di “villaggio globale”.

Ma cos’è il concetto di “villaggio globale”? E’ un concetto esposto per la prima volta da Marshall McLuhan nel 1962, divenuto di grandissima popolarità anche grazie alla sua comprensibilità intuitiva.

Copio e incollo da Wikipedia (si, l’ho fatta la donazione):

Per villaggio globale si intende un mondo piccolo, delle dimensioni di un villaggio, all’interno del quale si annullano le distanze fisiche e culturali e dove stili di vita, tradizioni, lingue, etnie sono rese sempre più internazionali.

Il mondo nuovo apertosi nel Novecento è per McLuhan caratterizzato da una decentralizzazione, che sposta il punto primario di interesse e di osservazione (e di finalizzazione) dalla soggettiva visione nella dimensione di villaggio, alla spersonalizzata visione globale, concetto che ampliò in “War and Peace in the Global Village” (1968), segnalando come la globalizzazione del villaggio “elettrico” apportasse e stimolasse più “discontinuità, e diversità, e divisione” di quanto non accadesse nel precedente mondo meccanico.

Non è quindi un caso che quando si parla di “villaggio globale”, quasi tutti mettono l’attenzione sul “globale” e tralasciano il “villaggio”.

Dai tempi di MaLuhan però si è verificato un cambiamento importante: si è realizzata la rivoluzione digitale (per sintetizzare).

Se i mezzi di comunicazione di massa (di McLuhan) hanno creato la globalizzazione geografica, la rivoluzione digitale ha creato la “villaggizzazione” sociale. In altre parole la rivoluzione digitale permette alle persone di agire attivamente da abitanti (villici) di quel villaggio globale che prima potevano solo vedere.

Considerando che secondo il rapporto Unicef del 2012 il 50% della popolazione mondiale vive in città e che le popolazioni dell’Europa Occidentale e delle Americhe sono quasi completamente urbane, è facile dimenticare (o non aver mai saputo, nel caso dei più giovani) quali sono i meccanismi della vita di paese con il rischio di focalizzarsi sempre di più sul “globale” e dimenticarsi del “villaggio”.

Senza voler fare qui dell’antropologia d’accatto il villaggio/paese è un posto dove tutti sanno tutto di tutti, non solo riguardo al presente, ma anche al passato, che gioca un ruolo più rilevante nel definire le persone di quanto non succeda in città (“Se tu vuoi farti una vita, devi venire in città” cantava Giorgio Gaber).

“Tu di chi sei?” chiedevano ad uno scrittore spagnolo di Madrid quando tornava al paese natale dei genitori in Estremadura. Più o meno quello che mi chiedevano i vecchi quando entravo in osteria a Budoia  a chiamare il nonno.

“E tu chi sei?”

“Biscontin”

“Biscontin quale?”

“Mio nonno è Cristiano”

“Ah, Biscontin Mastela”.

Uscendo dall’anedottica, in un paese quello che abbiamo fatto in passato, continuerà in una certa misura a definirci per sempre (Aroldo per tutta la vita è rimasto quello che da bambino è salito sul motocarro dello zio, ha tolto la marcia e l’ahho tyrovato ribaltato in fondo alla discesa).

E quello che facciamo nel presente sarà sotto gli occhi e nei commenti di tutti. “Il paese è piccolo e la gente mormora” diceva Giorgio Faletti. Una battuta, ma anche un’espressione che esprime sinteticamente l’ineluttabilità del chiacchericcio dei social networks.

In sintesi nel villaggio si è sotto scrutinio (chiaccherati) da sempre, sempre e continuamente. E dal villaggio globale non si può nemmeno andare via per rifarsi una vita da un’altra parte.

Sono questi i presupposti concettuali per capire come sviluppare strategie efficaci (di successo) nell’era digitale, riscoprendo alcuni fondamentali ed abbandonandone altri.

Auguri a tutti un Natele di serenità e di speranza: chiudete gli occhi ed aprite i cuori.

Ci ritroviamo dopo l’Epifania.