Dopo i giornali, i prossimi suicidi saranno quelli di (alcune) catene di super e ipermercati?

Che i giornali si stavano suicidando l’ho scritto in un post del lontano 30 agosto del 2008. Evito di aggiungere e/o riprendere cose già scritte a suo tempo. Se volete capire l’introduzione di questo post, ecco qui il link a “Perchè i giornali si stanno suicidando”

Sottolineo solamente che la scelta del termine “suicidarsi” era per sottolineare come la morte dei giornali non fosse conseguenza inevitabile per il cambiamento della domanda del mercato, bensì conseguenza delle scelte (coscienti o meno) dei giornali stessi.

Mi chiedo se la stessa cosa non stia avvenendo per alcune catene della grande distribuzione italiana, dopo aver passato una settimana ad analizzarne i dati di andamento ed aver frequentato un po’ di punti vendita.

In estrema sintesi lo sviluppo della grande distribuzione commerciale in Italia è avvenuto principalmente a scapito dei negozi tradizionali fino ad almento metà degli anni ’90, con una redditività basata in buona parte sui contributi richiesti, ed ottenuti, dai fornitori e dalla rendita finanziaria creata dall’incassare immediatamente per la vendita di prodotti pagati a 90/120 giorni.

Questo scenario è andato annullandosi nel corso degli ultimi anni con le nuove aperture di super ed ipermercati, la riduzione delle risorse che i fornitori possono destinare a finanziarie la propria presenza sugli scaffali e l’annullamento della redditività finanziaria.

Tutto questo significa che oggi le catene della grande distribuzione devono costruire il successo di vendita e di reddività grazie a quello che avrebbe dovuto essere stato sempre il loro business principale: soddisfare in modo più efficace ed efficiente i desideri/bisogni dei loro clienti attuali e potenziali.

Lo stanno facendo?

La settimana scorsa ero a Milano accompagnando una missione commerciale di produttori alimentari tedeschi che cercavano importatori distributori in Italia. Ho quindi approfittato per andare a vedere un punto vendita Esselunga, come faccio sempre ogni volta che sono a Milano. Esselunga infatti è la catena distributiva più innovativa nei diversi aspetti della proposta e quindi, quando me ne capita l’occasione vado a vedere la “frontiera” della distribuzione in Italia. (i punti vendita Esselunga si trovano sostanzialmente solo in Lombardia, Toscana e Lazio).

Sarà forse perchè venivo da aver visitato du supermercati biologici dove regnava un’atmosfera rilassata, ma è stata una delusione.

Confusione, musica alta, questi scaffali lunghi ed alti che davano una sensazione industriale e leggermente claustrofobica e rendevano difficile orientarsi tra l’assortimento ed individuare i prodotti/marche. I prodotti biologici erano collocati insieme a quelli non biologici della stessa categoria merceologica (meglio così o meglio creare il reparto biologico all’interno del punto vendita?), ma in modo così confusi che si faceva fatica trovarli.

Per la cronaca sono sto parlando dell’Esselunga di Via Losanna a Milano

Ieri invece sono dovuto andare in un supermercato PAM a Trieste, perchè le Coop Essepiù dove vado di solito erano chiuse in occasione del 25 aprile (non esprimo opinioni sulla scelta). Credo sia il supermercato più scomodo del mondo, uno dei più user UNfriendly che abbi mai visto in termini di disposizione, assortimento, prezzi, organizzazione. Direi che rispecchia la cultura di business aziendale, che nelle mia esperienza di fornitore della catena si basa sul massimo sfruttamento della propria posizione.

Già scrivendo di marketing totale ho modificato la P di “Place” (distribuzione) in “Presenza”.

La domanda quindi è: cosa vogliono, e cosa vorranno in futuro, le persone riguardo all’approvvigionamento dei prodotti che usano per vivere (ossia riguardo a quello che oggi è rappresentato dal “fare la spesa”)? Sarà qualcosa di profondamente diverso da oggi nella sua essenza o solo nella forma? Come fare a soddisfarli?

Butto lì una dritta agli amici e colleghi della GDO: è almeno dal 2008 (ma ho ricordi di ricerche che risalivano al 2004 e riportavano gli stessi dati) che la quota di mercato dei negozi con licenza ambulante (i mercati rionali) si mantiene costante intorno all’11% del totale delle vendite di prodotti alimentari. Mentre i piccoli negozi tradizionali continuano a chiudere, gli ambulanti si mantengono costanti.

Forse per capire come soddisfare i consumatori nel futuro conviene analizzare in profondità cosa gli spinge a continuare a fare la spesa presso la forma di commercio più arcaica che c’è.

Ready for the GET-UP-AND-GO generation? Il marketing totale di easyJet.

Oggi ultimo post prima della pausa estiva. Lo so che sembra un po’ presto, ma ho l’impressione che parecchia gente sia già in vacanza o sia sul punto di partire.

Quindi un post in qualche modo legato ai viaggi.

Credo non ci siano dubbi che i voli low cost sono una delle cose che ha plasmato (sta plasmando) la società nel terzo millennio ed è evidente fin dal nome della categoria di prodotto che il principale criterio di scelta di una compagnia piuttosto di un’altra da parte del consumatore è il costo del biglietto.

Però è altrettanto evidente che con il proliferare delle compagnie low cost che servono le medesime tratte si viene a creare una competizione dove il prezzo riduce di molto, o perde del tutto, la sua forza di vantaggio competitivo differenziante. Dato il basso costo del biglietto come MUST, serve quindi una proposta di marca più articolata come PLUS.

Visto nell’arco di poco di un anno mi sono trovato due volte a fotografare pagine della loro rivista di bordo, direi che easyJet lo sta facendo ed anche piuttosto bene.

Questa è la copertina del numero di giungo di “Traveller” fotografata da me in volo, qui se volete trovate l’edizione on-line sfogliabile.
Traveller June 2014
Permettetemi di sottolineare alcune cose:
- La qualità della grafica non dice “rivista di bordo”, dice “rivista pubblicata da easyJet”. Intendo dire che l’impressione è di una rivista che ha una scopo “per sè”, indipendentemente dal fatto di essere distribuita su un aereo. Non siamo tutti nel business dei contenuti (ossia dell’editoria)? . In sintesi quando prendete in mano la vostra copia di “Traveller” il messaggio che ne ricevete è di un livello superiore rispetto alle altre compagnie aeree (non solo low cost, direi).
- La rivista (e quindi per estensione la compagnia aerea) ha un posizionamento riportato chiaro e forte sopra la testata: “A MAGAZINE FOR THE GET-UP-AND-GO GENERATION”. Le due passeggere anglo-mitteleuropee che avevo di fianco hanno sorriso sarcastiche nel leggerlo, forse perchè è una dichiarazione troppo esplicita, troppo autocelebrativa, perchè alle persone non piace la sensazione di essere oggetto di marketing (la miglior traduzione che mi è venuta dell’espressione inglese “to be marketd to” o semplicemente perchè non appartengono alla get-up-and-go generation.
Però , indipendentemente dall’esplicitarlo o meno, la definizione del posizionamento è la precondizione per dare una linea editoriale chiara e coerente alla rivista in termini di contenuti e di art direction. In sintesi è la guida che permette di dare personalità propria alla rivista. Personalità che dà significato e valore alla dichiarazione, più che un invito, “free to take home”. Nuovamente valore superiore.

Per avere successo però le promesse (di copertina) vanno almeno mantenute. Sfogliando Traveller, secondo i migliori principi del buon marketing, le aspettative del consumatore vengono superate.

Questo è l’indice:
Traveller indice.

Ora mi domando: quanti editori che piangono sulla perdita di lettori sono stati capaci di rinnovare il modo di presentare il contenuto delle loro riviste interpretando i nuovi/attuali meccanismi di fruizione delle informazioni?

La faccio breve: “Traveller” è un prodotto editoriale di avanguardia e di elevata qualità in termini di grafica e di contenuti.

Che sia un caso o il risultato di una precisa scelta strategica, easyJet ha colto l’importanza della rivista di bordo come elemento della complessiva esperienza di volo del cliente e ne sta sfruttando al massimo il potenziale per il proprio posizionamento competitivo.

Scoperta dell’acqua calda direte voi, considerando che è evidente che (quasi) tutti i passeggeri durante il volo sfogliano la rivista di bordo.

Vero, rispondo io. Però è anche vero che le riviste di bordo delle compagnie aeree sono tutte uguali come impostazione grafica e contenuti, indistinguibili se non dal logo di copertina. E tutte con articoli tendenzialmente banali. E tutte che dedicano troppo spazio alla compagnia aerea che le pubblica, per essere davvero un valore aggiunto (lo so che è un concetto contro-intuitivo, ma lo lascio così).

Dal positioning deriva il targeting. Ecco a pagina 11 la rubrica dell’Amministratore Delegato di easyJet Carolyn McCall (mentre l’editoriale del direttore di Traveller è in apertura di giornale a pagina 3, coerentemente l’autonomia della rivista)
Carolyn MacCall.

Il target dichiarato è …. tutti, grazie ad una promessa inclusiva: rendere viaggiare più facile. Mi ricorda l’intervento di Farinetti al nostro convegno sul quadrato semiotico dei wine lovers al Vinitaly 2014 .
Nel concreto lo scorso giugno questa promessa si realizzava con il lancio delle applicazioni che permettono ai passeggeri easyJet di ricevere le informazioni rilevanti relative al loro viaggio (nuovamente la visione complessiva dell’esperienza del prodotto, ossia il volo) e del programma “Family Promise” con servizi dedicati a facilitare chi viaggia con bambini. Questo mi ha colpito particolarmente perchè noto come i bambini vengano di fatto considerati un disturbo in un numero sempre più ampio di situazioni. Si è perso, o fortemente affievolito, il (ovvio?) sentimento di attenzione che portava comunque a naturalmente a trattare benevolmente i bambini e non si sono diffuse procedure/strutture che tengano conto delle loro esigenze.
Il risultato è che, anche con l’attuale invecchiamento della popolazione, l’offerta di servizi specifici per i bambini ed i loro genitori diventa un vantaggio competitivo fortissimo.

Prima di concludere il mio escursus sul numero di giugno 2014 di “Traveller” con la foto di questa pubblicità di servizi finanziari preentati quasi come un’agenzia di incontri. Non so se significa qualcosa, ma mi è sembrato curioso.
Puck3r up

Per finire, se proprio non sapete cosa leggere nel prossimo mese, questi sono gli ultimi libri che ho letto/sto leggendo:
- Acemoglu e Robinson: Perchè le nazioni falliscono, il Saggiatore.
- Alberta Basaglia: Le nuvole di Picasso, Feltrinelli.
- I.J. Singer: Yoshe Kalb, Adelphi.
- Paul Dirac: La bellezza come metodo, Indiana.

Passate una buona estate.