(Anche) Gucci ha scoperto il lusso inclusivo.

L’altro giorno stavo leggendo un interessante articolo de “Il Post” sul successo di Gucci da quando alla guida c’è il nuovo A.D. Marco Bizzarri.

In pratica le vendite sono raddoppiate in pochi anni e nell’articolo sono descritte per sommi capi le strategie che hanno permesso di raggiungere questi eccellenti risultati. Gli spunti sono parecchi e quindi vi consiglio di leggere il pezzo, che trovate qui.

La parte chè però mi ha fatto sobbalzare è questa (il grassetto è mio):

Bizzarri stesso ha spiegato che, scrive il sito Business of Fashion, «la grossa tendenza di oggi non è l’esclusività. Un prodotto può essere esclusivo ma l’esclusività di un marchio è qualcosa di molto diverso. Oggi è l’inclusività la carta vincente di un marchio, in tutti i suoi aspetti: nei negozi, nella pubblicità, nella comunicazione e soprattutto nelle persone. […] Le cosa assolutamente importante è che non ci rivolgiamo a una fascia d’età. Non abbiamo mai voluto rivolgerci solo ai Millennials [quelli nati dai primi anni Ottanta alla metà degli anni Novanta, n.d.r.]. Abbiamo sempre cercato di rivolgerci a uno stato mentale»

Il sobbalzo è dovuto al fatto che io, oramai più di dieci anni fa, avevo provato a teorizzare il lusso inclusivo.

Ho sempre avuto la sensazione che fosse una delle idee più balzane ed interessanti (le due cose sono collegate) che abbia mai elaborato e confesso che fa piacere scoprire che un grande marchio ha pensato e realizzato strategie vincenti basate su qualcosa di simile.

Rassicura vedere che era un concetto strano, ma non così assurdo.

Se siete curiosi di leggere cosa avevo pensato, qui trovate il post del novembre 2008.