(Anche) Gucci ha scoperto il lusso inclusivo.

L’altro giorno stavo leggendo un interessante articolo de “Il Post” sul successo di Gucci da quando alla guida c’è il nuovo A.D. Marco Bizzarri.

In pratica le vendite sono raddoppiate in pochi anni e nell’articolo sono descritte per sommi capi le strategie che hanno permesso di raggiungere questi eccellenti risultati. Gli spunti sono parecchi e quindi vi consiglio di leggere il pezzo, che trovate qui.

La parte chè però mi ha fatto sobbalzare è questa (il grassetto è mio):

Bizzarri stesso ha spiegato che, scrive il sito Business of Fashion, «la grossa tendenza di oggi non è l’esclusività. Un prodotto può essere esclusivo ma l’esclusività di un marchio è qualcosa di molto diverso. Oggi è l’inclusività la carta vincente di un marchio, in tutti i suoi aspetti: nei negozi, nella pubblicità, nella comunicazione e soprattutto nelle persone. […] Le cosa assolutamente importante è che non ci rivolgiamo a una fascia d’età. Non abbiamo mai voluto rivolgerci solo ai Millennials [quelli nati dai primi anni Ottanta alla metà degli anni Novanta, n.d.r.]. Abbiamo sempre cercato di rivolgerci a uno stato mentale»

Il sobbalzo è dovuto al fatto che io, oramai più di dieci anni fa, avevo provato a teorizzare il lusso inclusivo.

Ho sempre avuto la sensazione che fosse una delle idee più balzane ed interessanti (le due cose sono collegate) che abbia mai elaborato e confesso che fa piacere scoprire che un grande marchio ha pensato e realizzato strategie vincenti basate su qualcosa di simile.

Rassicura vedere che era un concetto strano, ma non così assurdo.

Se siete curiosi di leggere cosa avevo pensato, qui trovate il post del novembre 2008.

 

 

Marketing di Natale: 1880, el turron mas caro del mundo

Per le feste appena trascorse, conoscendo le mie passioni, mi hanno portato del torrone dalla Spagna.
Il torrone in Spagna è IL dolce di Natale ed è quindi un settore su cui, soprattutto durante le feste c’è una fortissima concorrenza.
In teoria il torrone spagnolo non è molto diverso da quello italiano, in pratica è tutto altro perchè le proporzioni degli ingredienti vedono la netta predominanza delle mandorle (circa il 65% dell’impasto) e del miele sullo zucchero. Leggete la lista degli ingredienti, elencati per legge in ordine decrescente, su una confezione di torrone italiano e capirete cosa intendo. Poi in Spagna si produce un tipo particolare denominato di Jijona, dal nome della località che gli dà la denominazione d’origine, che è una specie di crema/pasta friabile fatta con gli stessi ingredienti del torrone “duro” macinati molto, molto finemente.
Prima di andare in Spagna e scoprire il torrone spagnolo, portato comunque, anche lì come da noi, dagli arabi, compravo lo Sperlari “Antica Ricetta”, ma non lo trovo da anni. Il mandorlato di cologna Veneta invece, non so perchè, non mi ha mai entusiasmato, malgrado le elevate percentuali di ingredienti “nobili”.

Ad ogni modo apro la sulla scatola della marca 1880 (una delle aziende storiche del settore) e sul film alluminato nero che avvolge il prodotto trovo il claim “1880, el turron mas caro del mundo” ossia “1880, il torrone più costose del mondo”.
Questa affermazione così ostentativa mi ha colpito visto che da diversi mesi a questa parte il sentiment è tutto basato sui concetti di convenienza e understatement. Mi mi ha anche colpito perchè mi ha dato immediatamente l’idea che avrei mangiato un prodotto di altissima qualità.
Attenzione si tratta di una marca e di prodotti che si comprano normalmente nei supermercati e, tra l’altro, non era nemmeno la mia marca preferita (io normalmente compravo El Almendro). Però quel claim inaspettato, anche perchè non era sulla confezione esterna, ma solo su quella interna, ha modificato il mio percepito.
Andando poi a vedere il sito ho scoperto che si tratta del posizionamento strategico della marca, su cui si basa tutta la comunicazione (spot TV compreso).
Ho ripensato quindi al razionale che ci può essere dietro a questa strategia:
- il consumo di torrone a Natale è sempre condiviso nel senso che è un prodotto che si regala oppure che si mangia insieme in famiglia e/o si offre a chi viene a casa
- il posizionamento come “più costoso del mondo” differenzia la marca rispetto ai concorrenti, anzi la stacca portandola nell’eccellenza assoluta;
- gratifica chi lo compra per il proprio consumo o chi lo riceve come regalo;
- rassicura chi lo utilizza come regalo, perchè gli garantisce di fare bella figura (che il prodotto piaccia o meno, io per te non ho badato a spese comprando il torrone più costoso del mondo);
- il prezzo oscilla tra i 7 e gli 8,5 euro (a seconda della pezzatura e del punto vendita) ed è quindi in assoluto accessibile alla stragrande maggiornaza dei consumatori. In media il torrone 1880 costa circa il 20% in più rispetto ai concorrenti, ossia 2 euro in più a pezzo. Non è poco, ma quanto vale la sensazione di sapere di aver dato il meglio a noi stessi ed ai nostri cari, almeno a Natale? Ancora di più in un periodo di incertezza e sacrifici.

Come sempre le strategie di marketing sembrano tutte ovvie a posteriori, ma a me questa sembra una delle strategie di “lusso accessibile” più brillanti che abbia visto ultimamente e probabilmente è quella che più si avvicina al concetto di “lusso inclusivo” di cui fantasticavo oramai più di tre anni fa.

E se vi sembrano considerazioni un po’ autoincensatorie provate a pensare alle strategie di posizionamento delle marche italiane da ricorrenza (Bauli, Motta, Melegatti, Paluani e compagnia).

Buon lavoro a tutti per domani.