Sono usciti i dati di #winebynumbers sul commercio internazionale di vino gennaio-marzo 2015: ecco qui alcuni miei approfondimenti.

E’ stato pubblicato ieri l’ultimo “Wine by Numbers” con i dati relativi al commercio internazionale del vino relativi al primo trimestre 2015 (grazie ad UIV, Corriere Vinicolo e Carlo Flamini).

Ho fatto una breve analisi, ricavando alcuni approfondimenti che credo possano essere interessanti. Eccoli di seguito.

    1. Le vendite di vini italiani in bottiglia aggregando vini fermi e spumanti in UK crescono di 2 milioni di litri rispetto allo stesso periodo del 2014. Questo dato importante non appare chiaramente, perchè le statistiche rilevano separatamente vini fermi e spumanti, indicando la variazione rispetto all’anno prima. Però non si vive di % ed il -12% dei vini fermi significa poco, come il +81% degli spumanti, slegato dal contesto dei valori assoluti.
    2. Le esportazioni francesi sono polarizzate dall’aggregato champagne+bordeaux+borgogna. La somma di queste tre denominazioni rappresenta il 28% delle esportazioni vini fermi+spumanti in volume ed il 63% in valore. Si evidenzia quindi la scarsa rappresentativa del dato del prezzo medio delle esportazioni francesi (se di % non si vive, di sola media si rischia di morire).
    3. Il prezzo medio al litro dei vini esportati dall’Italia SUPERA quello dei vini francesi per i vini IGT, varietali e da tavola. Più precisamente i vini italiani esportati rispetto ai francesi sono più cari di 0,46 euro/litro per gli IGT, 0,45 euro/litro per i varietali e 0,03 euro/litro per i vini da tavola. Questo dato non è una novità, ma si riscontra regolarmente da tempo ed è conseguenza della polarizzazione di cui al punto 2. Dove si dimostra che la verifica dei fatti (fact checking per parlare come i veri) permette di sfatare anche i miti più consolidati, come quello che i francesi siano più bravi a valorizzare tutti i loro vini. I francesi sfruttano il vantaggio del pioniere nella tutela e valorizzazioni dei terroir, definiti anche dalla componente socio-economica mi raccomando,soprattutto quelli più antichi. Poi, volendo, anche sulla differenza di 0,29 euro/litro a favore dei doc francesi escluso l’aggregato champagne+bordeaux+borgogna, si potrebbe approfondire il confronto dei costi detrminato dalle rese per ettaro e tecniche di viticoltura.

Peculiarità del marketing dei prodotti con denominazione d’origine.

Questo fine settimana ho passato un po’ di tempo ad analizzare i dati pubblici relativi al Prosecco DOC perchè nella realtà del mercato non mi pare di vedere quell’equilibrio di mercato, riscontrato invece da tutte le istituzioni coinvolte nella gestione del comparto dopo la richiesta di sblocco di 100.000 hl di vino che erano stati stoccati al momento della vendemmia 2013. Ricordo che la borsa merci di Treviso non ha quotato il prezzo del Prosecco DOC nelle 4 sedute dal 20/05 al 10/06 2014.

Ammetto che la mia analisi mi porta a risultati simili (mancherebbero per arrivare ad ottobre circa 1.600 hl di vino, una bazzecola pari allo 0,08% della produzione totale), però durante i miei anni da ricercatore ho sempre seguito il principio che se c’è una discrepanza tra la realtà e la teoria (analitica), è quest’ultima che probabilmente sarà sbagliata o parziale.

Voglio quindi prendermi dell’altro tempo per verificare se non c’è qualche buco nei miei ragionamenti e/o nei dati.

Lo voglio fare anche perchè non credo che l’appriccio migliore per tutelare ed incrementare il valore generato da quello che è un marchio di rilevanza mondiale sia trattarlo come una commodity ottocentesca focalizzandosi sul sostegno dei prezzi del vino sfuso attraverso la riduzione dell’offerta (misura che determina sempre una perdita oggettiva del valore complessivo).

Per questo facendo queste considerazioni ho sentito il bisogno di tornare alle basi e sono andato a rileggermi un articolo che pubblicai sulla rivista Medit nel lontanissimo 1996. Qui trovate il link a “Peculiarità del marketing dei prodotti con denominazione d’origine”. Lo so che è lungo, ma vi consiglio veramente di leggerlo perchè dimostra come il massimo delle capacità si raggiunga intorno ai trent’anni (nel 1996 io ne compivo 33). Tutto quello che ho fatto e scritto fino ad oggi non è che la brutta copia di quanto sono stato capace di sviluppare allora.