L’evoluzione del (bisco)marketing: la P di Place diventa PRESENZA e quella di Promotion diventa PERCEZIONE.

In apertura di questo post voglio innanzitutto reiterate la mia assoluta e totale deferenza a Philip Kotler ed al suo testo fondante Marketing Management.

E’ una cosa che ho affertamo e spiegato più volte in questo blog, quindi non mi dilungo oltre, limitandomi a linkare l’ultimo della serie dei post fatti a suo tempo dopo aver partecipato al suo seminario a Milano nel 2007 (tempus fugit). Oppure cercate Kotler all’interno del blog e vedete quanti post vengono fuori.

Fatta questa doverosa premessa per evitare di essere arruolato nelle schiere di coloro che dicono che Kotler oramai è superato solo per darsi un po’ di visibilità, devo anche confessare che la definizione di 2 delle “4P” mi è sempre sembrata risolta in modo non eccezionale.

Mi riferisco alla P di “Place” per definire la distribuzione e, soprattutto, a quella di “Promotion” per definire il complesso delle strategie e tattiche di pubblicità, pubbliche relazioni, promozioni di vendita (sia di prezzo che concorsi ecc…) e vendita diretta.

Se nel caso di “Place” si tratta solo di un termine un po’/molto lato rispetto a quello che descrive, ma nel caso di “Promotion” il termine mi sembra veramente limitato per rappresentare tutto quello che dovrebbe concettualmente comprendere. Tra l’altro le promozioni alla vendita confinano con le strategie di prezzo (che d’altra è una delle caratteristiche con il più forte potere di comunicazione nel posizionamento complessivo di una marca) e le vendite dirette (Personal Selling nella terminologia kotleriana) sono più tattiche di push che strategie di pull. in altre parole, mi sembrano quasi estranee al marketing se non fosse che esistono (eccome se esistono) e quindi non si possono ignorare se si vuole descrivere ed applicare il concetto di marketing nella sua completezza.

Ad ogni modo peccati tutto sommato veniali rispetto alla globalità della teorizzazione del marketing management, sostanzialmente delle licenze poetiche al servizio della forza didattica ed analitica del concetto delle “4P”.

In italiano le cose cambiano perchè le”4P” si perdono. Io ho il vezzo di non utilizzare i termini inglesi se non è strettamente necessario (per dire, uso “mercato obiettivo” e non “target market”) e quindi per Promotion ho spesso usato nella didattica e nelle pubblicazioni il termine “strategie promo-pubblicitarie”. Soluzione didascalica talmente brutta e scomoda che sul lavoro credo di non averla usata mai.

Per la “Place” però non c’è trucco che tenga, si finisce sempre su “Distribuzione” e quindi le “4P” vengono inquinate e quindi indebolite.

Confesso che non essere riuscito a trovare un modo di replicare l’eleganza del concetto di Kotler in italiano è sempre stato un mio piccolo cruccio e così quando l’altro giorno mi sono messo a scrivere la presentazione sull’ABC del marketing del vino per la Vinix Unplagged Unconference (se volete potete votare le presentazioni che saranno discusse il 17 a Genova fino al 31 maggio, però solo se siete iscritti a Vinix. Iscriversi a Vinix solo per votare una presentazione è tecnicamente possibile, ma moralmente censurabile, un po’ come fare il consigliere regionale grazie alle proprie doti come ballerina di burlesque (parenti nella parentesi: ma se quelle erano le cene eleganti, quando la buttavano un po’ in vacca cosa facevano?)), l’altro giorno dicevo mi sono detto che dovevo trovare un modo almeno decente di mantenere intatte le “4P” anche in italiano.

L’ispirazione mi è venuta dall’evoluzione del contesto determinato dall’affermarsi del web nella nostra vita (alla VUU modererò la sessione sull’e-commerce).

Ecco allora che per rappresentare meglio l’attuale multicanalità della distribuzione dei prodotti (non solo e-commerce, ma anche negozi temporanei, ristoranti che vendono gli arredi ecc…) ho tradotto la P di “Place” con PRESENZA. Termine che aiuta a pensare le strategie distributive in termini, appunto, di PRESENZA del prodotto nei luoghi (analogici o digitali) dove si trovano i consumtori.

La P di “Promotion” invece l’ho tradotta con PERCEZIONE. Anche qui la logica è rappresentare la frammentazione dei diversi canali e delle modalità attraverso cui le persone si creano l’opinione sulle marche e quindi indirizzare il pensiero delle strategie comprese nel concetto kotleriano di “Promotion” in base al risultato che avranno sulla percezione della marca (secondo voi i gestori di telefonia si sono mai chiesti che influenza hanno sulla percezione della marca le loro invasive campagne di telemarketing?).

Magari non sarà una soluzione perfetta, ma mi sembrano licenze poetiche accettabili per avere davvero, finalmente, anche in italiano le “4P” del marketing.

Se volete vedere la presentazione la trovate qui. Ovviamente mancano tutti i commenti e gli approfondimenti che farò a voce perchè una buona presentazione devono contenere solamente gli spunti e le sottolineature necessarie all’oratore. Se viene votata tra le prime 10 li sentirete a Genova (se venite), altrimenti bisognerà trovare un’altra occasione.

La disoccupazione continua ad essere argomento di crescente dibattito, quindi il mio post conclusivo sull’argomento non è ancora fuori tempo massimo..

Teoria e tecnica della comunicazione (digitale) 2.

Quando il primo maggio ho scritto il primo post su questo argomento non prevededo una seconda puntata.

Poi però mi sono accorto che gli interessanti stimoli forniti dalle pubblicazioni dell’American Marketing Association, mi avevano fatto dimenticare lo spunto da cui originariamente avevo avuto l’idea di scrivere su questo argomento.

Lo spunto in questione è stata la notizia dello scorso 19 marzo secondo cui uno studio condotto dalla Coca Cola rilevava che il livello di buzz della marca aveva un effetto praticamente nullo sulle vendite a breve termine.

Ora al di là dei distinguo fatti dal management della Coca Cola già nel comunicare i dati della ricerca e dall’innegabile moda per cui molte aziende investono (investivano) in attività web, social, buzz etc.. senza darsi degli obiettivi precisi nè dotarsi di strumenti di misurazione dei risultati, la notizia mi è sembrata fin da subito una s…tupidaggine.

Per la serie le ricerche bisogna saperle scrivere ogni analisi deve essere realizzata con un obiettivo di ricerca relativo ad un’ipotesi sul fenomeno analizzato. E l’ipotesi che il buzz abbia un rilevante effetto sulle vendite a breve termine mi sembra, quanto meno, sorprendente.

Secon l’approccio, che a questo punto definirei classico, del Kotler il Promotion mix che compone la “P” di promotion delle “4 P” marketing è formato da pubbiclità (advertising), pubbliche relazioni (publicity), promozioni alla vendita (sales promotion) e vendita diretta (personal selling). I primi due strumenti hanno prevalentemente la funzione di fornire alle persone ragioni per l’acquisto mentre gli ultimi due svolgono la funzione di fornire incentivi all’acquisto.

E’ evidente che l’effetto di pubblicità e PR si realizza nel periodo medio-lungo mentre promozioni e vendita diretta agiscono nel breve.

Ora, mantenendo l’approccio per cui l’avvento del web ha influenzato prevalentemente le modalità operative del marketing e della comunicazioni, non i concetti, io assimilerei il buzz alle PR. Ecco quindi che scoprire che non c’è una forte correlazione tra buzz e vendite a breve termine non mi stupisce.

C’è poi l’altra questione della difficoltà di misurazione degli effetti delle diverse attività di marketing sulle vendite, soprattutto di quelle che hanno il compito di creare il posizionamento della marca, ossia una predisposizione favorevole da parte del mercato (a quanto ne so le tecniche quantitative più efficaci sono ancora le regressioni doppio log con le vendite come variabile dipendente e gli investimenti nelle varie attività di marketing come variabili indipendenti, analisi sui cui limiti non mi sembra il caso di entrare qui).

Restando a livello concettuale è chiaro che l’effetto di un taglio prezzo (promozione alle vendite) o di una attività di telemarketing (vendita diretta) è fortemente influenzato dalla conoscenza e dall’immagine della marca creata dalle attività di pubblicità e PR realizzate non solo nel momento in cui taglio prezzo e telemarketing vengono realizzati, ma anche nei periodi precedenti. La difficoltà però sta nel separare l’effetto di pubblicità e PR dal resto.

In Coca Cola ne sono ovviamente ben coscienti, come dimostra questo intervento di Wendy Clarck, Direttore di Comunicazione di Marketing integrata della Coca Cola.

Ma c’è un altro motivo per aspettare prima di cantare il de profundis della comunicazione (in senso ampio) sul web. In base alle ricerche condotte dalla Datalogix sulle campagne pubblicitarie realizzate su Facebook risulta che i banner pubblicati sulla colonna di destra del nsotro schermo hanno un ritorno che, nel 70% dei casi, è superiore di tre volte rispetto al costo dell’investimento. Secondo queste ricerche le modalità con cui agiscono questi banner sono assimilabili a quelle degli spot TV (si torna al modello teorico kotleriano classico).

Quelo che invece è sorprendente è che secondo questi dati non c’è alcuna correlazione tra l’efficacia della campagna banner ed il numero di clik sul banner stesso. E questo mette un forte dubbio sul Sacro Graal della misurazione dell’effecicia della comunicazione on line.

Consiglio vivamente di leggere il breve articolo sull’argomento pubblicato su l’Internazionale n. 993.

La prossima volta concludo le disquisizioni su occupazione e disoccupazione, promessa.