Novembre mese dei seminari sul marketing agro-alimentare: Università Roma Tor Vergata e Winejob.

Questa settimana segnalo due seminari relativi al marketing enogastronomico dove credo valga la pena di partecipare (a Roma so già che non potrò andare per motivi sia logistici che di impegni di lavoro,a San Michele all’Adige forse riesco a farci una scappata).

II EDIZIONE SEMINARIO “FOOD, WINE AND CO. Comunicazione e Marketing degli eventi eno-gastronomici”
Due giorni per approfondire insieme l’efficacia del gusto e il sapore della comunicazione.
Università degli Studi di Roma Tor Vergata

4° Seminario Internazionale di Marketing del Vino – 8 novembre 2013
Fondazione Edmund Mach -Via E. Mach, 1 – 38010 S. Michele all’Adige (TN)
WineJob – Via G. Bovio, 19 – 50136 Firenze

Due momenti dove si potrà magari anche capire/discutere se e come ha ragione Farinetti con il suo obiettivo di raddoppiare l’export italiano di prodotti agroalimentari.

Nutella diventa adulta, quale sarà il suo futuro?

“Stabilità demografica: i vecchi non invecchiavano, i giovani non maturavano, i bambini non crescevano.” Vignetta di “El Roto” su El Pais di venerdì 18 ottobre.

La settimana scorsa ero partito dalla copiatura, consapevole o casuale che sia, della campagna Coca Cola con i nomi da parte di Nutella, ma ero finito a parlare più dello sdoppiamento di personalità di Coca Cola con la promozione Vodafone.

Oggi invece mi concentro su Nutella, perchè la nuova campagna rappresenta un sostanziale cambio di posizionamento.
Guardando questa breve storia degli spot Nutella appare evidente come:
- nel tempo ci sia stato uno spostamento dai bambini agli adolescenti;
- dal 1988 al 2003 si sia abbandonato il coinvolgimento della famiglia ed il legame tra generazioni per focalizzarsi sul circolo degli amici e le situazioni di consumo si allargano, andando oltre (abbandonando?) la colazione e la merenda;
- dopo il 2003 il convolgimento famigliare ed il legame tra generazioni vengono ripresi, allargando lo “scopo” della marca alla società nel suo complesso (ma escludendo gli anziani), sia in termini di immagini/situazioni che con il claim “Nutella fa più buona la vita”;
- con l’attuale spot Nutella fa un giro di 360° ed abbandona la dimensione sociale del consumo per concentrarsi su quella individuale, la situazione di consumo ritorna nell’ambito della della famiglia tradizionale, però la comunicazione è rivolta in modo quasi esclusivo ai consumatori over 40. Torna a rafforzarsi nelle immagini e nel testo il collocamento nella situazione di consumo a colazione, mentre rimane assente la merenda.

Vale la pena anche di ricordare l’evoluzione degli slogan:”Nutella Ferrero”; “Mamma tu lo sai”; “Energia per fare e per pensare”; “Che mondo sarebbe senza Nutella”; “Che colazione sarebbe senza Nutella”; “Nutella fa più buona la vita”; “Il buongiorno ha un nuovo nome, il tuo”.

Nel concludere questa breve analisi segnalo come dal 1971 al 1988 la comunicazione sottolineasse gli ingredienti e la genuinità del prodotto, concetti abbandonati/tralasciati poi fino al 2011, ripresi brevemente con lo spot “Che colazione sarebbe senza Nutella” e poi tralasciati nuovamente. Quindi meno razionalità e più emozione.

Partendo dal presupposto, dimostrato in tanti anni di campagne, che alla Ferrero sono dei signori professionisti, viene da pensare che questa evoluzione dei posizionamenti abbia l’obiettivo di seguire l’evoluzione del proprio target, nonchè l’evoluzione demografica del Paese. Il pensiero pare confermato dal fatto che gli spot spagnoli, dove la campagna “personalizza la tua Nutella” è partita già in primavera sono targettizzati sui bambini/famiglie

A questo punto mi pongo una prima domanda: l’accettabilità sociale della Nutella è tale da permettere di pubblicizzare interamente sugli adulti un prodotto per bambini? Probabilmente la risposta è affermativa visto che la scena di Moretti con il mega bicchiere di Nutella nel film “Bianca” risale al 1984. Nella storia del marketing è successo spesso che quote importanti di consumo di un prodotto provenissero da target socio-demografici diversi da quelli previsti, ma che per diversi motivi si riconoscevano nelle caratteristiche/valori della marca. E’ successo altrettanto spesso che quando le marche si sono accorte di questo ed hanno rivolto il proprio posizionamento direttamente a questi consumatori, li abbiamo persi perchè quello che gli piaceva erano proprio i valori estranei al loro profilo (come è successo nel caso della Ford Mustang).

La seconda domanda è: e i bambini? L’altro giorno ho sentito per l’ennesima volta l’ovvia tautologia che “dobbiamo occuparci dei bambini perchè sono il nostro futuro” (la cui conseguenza, poco ricordata, è che in una società la “presenza” del futuro e direttamente proporzionale alla “presenza” dei bambini).

I bambini sono il futuro comunque, anche se non ce ne occupiamo. A Nutella basterà occuparsi dei genitori per essere nel futuro dei loro (attuali) bambini?

Detto in sintesi la preoccupazione è che Nutella (e Ferrero, vedi anche la campagna Kinder cereali) stiano adottando una visione molto forte nel breve periodo ma con delle incognite nel medio-lungo.

Qui pensavo di aver finito, ma devo a Maria Grazia un commento sulla campagna istantanea “Siamo in vendita solo per i nostri consumatori”, apparsa in questi giorni sui principali quotidiani a seguito delle voci di una possibile vendita alla Nestlè.

Non è che mi abbia fatto impazzire perchè:
- suona un po’ ad excusatio non petita.. perchè la notizia della possibile vendita non mi sembra avesse fatto così tanto rumore, e comunque è stata data riportando la smentita di Ferrero;
- il concetto “Siamo in vendita…” suona comunque male.
- visto che in primo piano c’è la Nutella, almeno avrebbero potuto collegarsi alla campagna in corso con una cosa tipo “Siamo in vendita solo per Stefano, Federica, Marco, Giovanni, Roberta, Anna, Giulio ….” (adesso mi metto a fare anche il copy).

Concludo con un’ultima presa di posizione: la presenza di bambini nella pubblicità dovrebbe essere vietata!

Nutella copia Coca Cola e Coca Cola si sdoppia.

In questo post volevo scrivere di due promozioni che mi hanno lasciato perplesso, però facendo le solite ricerche/verifiche che accompagnano ogni post ho scoperto qualcosa di molto più interessante: la Coca Cola schizofrenica.

Andiamo con ordine. La prima promozione a lasciarmi perplesso è quella della Nutella con il proprio nome.

Non so se sia stata copiata da quella di “Condividi una Coca Cola” oppure è semplicemente una corrispondenza temporale (anni fa ho letto di un fisico teorico che aveva teorizzato la spiegazione del perchè alcuni concetti maturino contemporaneamente in posti e luoghi diversi in una specie di pensiero cosmico).

Poco importa, come non è sbagliato in assoluto copiare da quelli bravi. Dipende però da chi copia e come. Se sei un leader del peso della Nutella direi che non puoi copiare (quasi) da nessuno, sicuramente non da un’altro grande marchio dell’alimentare. Poi diranno che la promozione ha avuto un grande successo di partecipazione, ma secondo me resta una perdita netta di immagine.

Riguardo al “come” si copia, secondo me il concetto di “condividi questa Coca Cola con tizio” è molto più forte di “questa è la mia Nutella” e sono rimasto stupito di come invece tutti i commenti ed articoli che ho trovato in rete assimilino invece le due promozioni (paranoie da maniaco di marketing?)

L’altra promozione che mi ha lasciato perplesso è quella di Coca Cola e Vodafone che vedete qui sotto.

2013-10-13 20.52.24

I motivi della perplessità sono diversi:
- non ha alcun legame con la precedente nè con un concetto di posizionamento. E’ semplicemente un premio Vodafone per tutti. E’ quindi una promozione che potrebbe fare qualsiasi marca/prodotto.
- oltre che dall’etichetta, la bottiglia promozionata viene identificata da un tappo giallo che rischia di far percepire una variante di gusto (tipo la Coca Cola al limone realizzat anni fa, inseguendo il successo della Pepsi lime).
- è una promozione escludente per una marca universale come Coca Cola, perchè se io consumatore non ho vodafone sono in qualche modo penalizzato.

in una parola non sebrava neanche una promozione Coca Cola …. ed infatti, leggendo bene l’etichetta, non lo è.

Il regolamento del concorso infatti si trova su www.coca-colahellenic.it, ossia Coca Cola HBC Italia, ossia il principale (attenzione non l’unico) imbottigliatore italiano di prodotti The Coca Cola Company.

A questo punto la domanda (retorica?) è: questa operazione nasce da Coca Cola Italia, il cui sito è comunque riportato sull’etichetta della bottiglia promozionata, è almeno stata concordata oppure è stata fatta in totale autonomia?

In realtà qualunque sia la risposta, la domanda vera è: come si fa a gestire unm marchio con (almeno) due identità pubbliche?

Per quanto in Coca Cola siano bravi, la vedo una situazione rischiosa. Peggio che copiare le promozioni dalla Nutella.

L’evoluzione dell’e-commerce va contro gli interessi dei produttori?

Negli ultimi mesi mi sono occupato un po’ di e-commerce e mi sono reso conto che in molti settori, non solo nel vino, sta evolvendo verso il modello groupon: club aperti offrono continuamente a rotazione prodotti fortemente scontati per un periodo e/o quantità limitati.

I vantaggi per l’e-tailer sono:
- la possibilità di offrire una scontistica molto forte rispetto ai prezzi di mercato dà una forte capacità di attirare clientela.
- l’approvigionamento fatto dopo la chiusura dell’offerta permette di ridurre/azzerare il magazzino ed evitare il problema delle rimanenze di prodotto invenduto.
- la formula del club con iscrizione (facilitata utilizzando i prorpi profili social) permette di profilare gli iscritti e quindi realizzare attività di database marketing (con i siti di e-commerce tradizionali, che prevedono l’iserimento dei dati solo all’atto dell’acquisto questa possibilità è molto più limitata).

Il vantaggi per il consumatore è quello di essere costantemente informato di promozioni che gli permettono di acquistare prodotti fortemente scontati.

I vantaggi per il produttore sono: ???? Io non ne vedo.

Normalmente gli e-tailers che lavorano con questa modalità sottolineano che la presenza del prodotto nei loro siti va vista come un’attività promozionale che permette di far provare il prodotto ai loro iscritti. Sta poi alla forza/qualità del prodotto suscitare un interesse tale da fidelizzare chi l’ha provato.

Io però dubito che funzioni così, proprio per ragioni strutturali a questa modalità di vendita.

Prendiamo l’esempio del vino. E’ un prodotto di consumo, tecnicamente un “bene esperienza” che il consumatore tende ad acquistare sulla base di un numero limitato di informazioni. Non c’è bisogno di farsi un’opinione precisa ex-ante perchè il costo del giudizio a posteriori (quando si è fatta l’”esperienza” di consumo) è generalmente basso. Questo costo, della decisione sbagliata, si riduce ulteriormente nelle offerte di e-commerce sia per la convenienza del prezzo, sia per la quantità di informazioni che si possono fornire al potenziale acquirente.

In questo scenario quindi i comportamenti di acquisto tenderanno strutturalmente a cambiare ogni volta il prodotto offerto, provando ed approfittando di volta in volta delle diverse offerte. Tra l’altro anche se il consumatore volesse riacquistare un prodotto che gli era piaciuto, non ha come farlo perchè la politica di questi e-tailer è quella di non mantenere un assortimento fisso. E difficilmente sarà diffuso nei canali di distribuzione tradizionali, perchè altrimenti non si presterebbe ad essere venduto in promozione on-line.

Se invece l’e-tailer club riguarda beni durevoli, la situazione per il produttore rischia di essere ancora peggio. La capacità dell’offerta di stimolare l’acquisto di un bene durevole è infatti limitata, quasi sempre inferiore alla possibilità del consumatore di attendere l’occasione. Ecco quindi che il consumatore aspetterà fino a quando nelle varie newsletter delle offerte non troverà il prodotto che gli serve o gli interessa. di conseguenza il produttore venderà solamente in promozione.

La modalità di vendita rende strutturalmente possibile ad ampie fasce di consumatori di comportarsi come “cherry pickers”, ossia cogliere solo le offerte migliori e lasciar perdere tutto il resto.

Un paio di dati a corollario, ricavati dalla ricerca svolta dall’osservatorio Cetelem sui consumi in Europa:
- il 26% dei consumatori si rivolge ai social network per consultarsi sui propri acquisti.
- il 33% degli intervistati pensa che in futuro utilizzerà smartphone e tablet per fare i propri acquisti.
- il 78% dei consumatori utilizza siti comparatori di prezzi per informarsi al momento di fare acquisti e la percentuale di chi dichiara che li utilizzerà in futuro sale all’88%.

La cosa interessante, o preoccupante dipende dai punti di vista, è che questa modalità di vendita di vendita si sta spostando dall’on-line all’off-line, a conferma che la separazione tra mondo “reale” e “virtuale” è artificiosa) se la catena di negozi che ha vinto il Channel Innovation Award negli USA è Whole Sale Liquidators, catena che vende rimanenze di magazzino e lotti di prodotti provenienti da liquidazioni e fallimenti a prezzi superscontati. che nella loro attività off ed on-line siano integrati sia come canali di vendita che di comunicazione è persino banale.

Cosa resta da fare ai produttori? Dimenticarsi che nell’era dell’informazione sia possibile mantenere dei margini basati sull’opacità dei mercati e sull’arbitraggio in termini di tempo e spazio, concentrarsi sulle massimizzazione dell’efficienza delle proprie capacità specifiche per massimizzare l’effettivo valore offerto sul mercato (che può essere costitutito anche da elementi intangibili, purchè intrinseci alla proposta) e lavorare con una politica di prezzi costanti.

Concludo con il link ad un vecchio post che trattava del couponing, può essere interessante sia per completare il quadro che per vedere come sono cambiate le cose.