Le persone (consumatori) totopotenti.

Tra gite malattie e Pasque, senza neanche accorgermi ho lasciato silente biscomarketing per quasi un mese.

Una di queste gite è stata a Madrid, dove ho fatto una cosa piuttosto banale oggigiorno: arrivato in aeroporto ho preso la macchina a noleggio che avevo prenotato, ho inserito su goggle maps l’indirizzo di casa di mia nipote e dopo circa 20 minuti di guida lineare parcheggiavo in una strada laterale a 200 m da casa sua.

Solo per avere uno smartphone ed un collegamento ad internet, due cose economicaente piuttosto accessibili, adesso posso arrivare in un posto (sostanzialmente) sconosciuto ed avere la capacità di fare quello (sostanzialmente) quello che voglio.

La cosa è talmente troppo facile che ci fa dimenticare l’enormità del cambiamento rispetto a 5 anni fa, per non parlare di 25.

Sarà per questo che continuo ancora ad imbattermi in dichiarazioni di guru (oggi va più di moda dire influencer) del marketing e comunicazione che sottolineano come l’approccio “hard sell” debba essere sostituito dall’enfasi ed attenzione sui contenuti. L’ultima volta è stata una serie di interviste sul futuro della pubblicità nel 2016 che ho letto sul numero di gennaio di Marketing News, rivista dell’american Marketing Association.

Ma è così difficile accettare che, nelle economie sviluppate, le persone sono oramai sostanzialmente in grado di fare quello che vogliono, quando vogliono? Probabilmente sì, perchè per molti professionisti con ruoli di rilievo nelle loro organizzazioni significa rendersi conto della sostanziale irrelevanza delle proprie competenze ed esperienza rispetto all’attuale contesto sociale.

Un’altra “gita” di questo mese è stata al Prowein di Dusseldorf, dove una mia ex collega mi ha chiesto consiglio su come auentare l’efficacia della comunicazione della sua marca sui social network. Al di là di inserire nel gruppo di lavoro un professionista del tema (che normalmente aiuta non poco), le ho ricordato che, ovviaente, le persone sui social network parlano di loro stessi, dei loro amici e parenti ed interagiscono principalmente con le altre persone (amici, parenti, conoscenti). Delle marche gli ne frega poco. A parte alcune che per rilevanza, messaggio, atteggiamento diventano parte della vita loro, dei loro amici, dei loro parenti.

Come succedeva prima dei social network, e succede ancora, nei rapporti analogici.

E’ dal 1990 che ho imparato che la pubblicità ha la funzione di fornire RAGIONI per l’acquisto, mentre le promozioni hanno la funzione di fornire incentivi all’acquisto e l’ho imparato come altre centinaia di migliaia di persone studiando “Marketing Management” del Kotler.

Forse sarà il caso di mettersi al passo con i tempi, che hanno appena cominciato a cambiare (continuamente) come dimostra anche l’articolo “Citta Intelligenti” di Jessica Braun pubblicato sul n. 1144 dell’ 11/17 marzo 2016 de “l’internazionale” (qui il link all’articolo originale in tedesco, che la traduzione italiana sul web non c’è).

Magari saranno questi i tempi nuovi chiesti da “El Roto” nella sua vignetta pubblicata sul “El Pais” dello scorso 30 marzo.

El Roto 30-03-16

 

 

 

Nutella diventa adulta, quale sarà il suo futuro?

“Stabilità demografica: i vecchi non invecchiavano, i giovani non maturavano, i bambini non crescevano.” Vignetta di “El Roto” su El Pais di venerdì 18 ottobre.

La settimana scorsa ero partito dalla copiatura, consapevole o casuale che sia, della campagna Coca Cola con i nomi da parte di Nutella, ma ero finito a parlare più dello sdoppiamento di personalità di Coca Cola con la promozione Vodafone.

Oggi invece mi concentro su Nutella, perchè la nuova campagna rappresenta un sostanziale cambio di posizionamento.
Guardando questa breve storia degli spot Nutella appare evidente come:
- nel tempo ci sia stato uno spostamento dai bambini agli adolescenti;
- dal 1988 al 2003 si sia abbandonato il coinvolgimento della famiglia ed il legame tra generazioni per focalizzarsi sul circolo degli amici e le situazioni di consumo si allargano, andando oltre (abbandonando?) la colazione e la merenda;
- dopo il 2003 il convolgimento famigliare ed il legame tra generazioni vengono ripresi, allargando lo “scopo” della marca alla società nel suo complesso (ma escludendo gli anziani), sia in termini di immagini/situazioni che con il claim “Nutella fa più buona la vita”;
- con l’attuale spot Nutella fa un giro di 360° ed abbandona la dimensione sociale del consumo per concentrarsi su quella individuale, la situazione di consumo ritorna nell’ambito della della famiglia tradizionale, però la comunicazione è rivolta in modo quasi esclusivo ai consumatori over 40. Torna a rafforzarsi nelle immagini e nel testo il collocamento nella situazione di consumo a colazione, mentre rimane assente la merenda.

Vale la pena anche di ricordare l’evoluzione degli slogan:”Nutella Ferrero”; “Mamma tu lo sai”; “Energia per fare e per pensare”; “Che mondo sarebbe senza Nutella”; “Che colazione sarebbe senza Nutella”; “Nutella fa più buona la vita”; “Il buongiorno ha un nuovo nome, il tuo”.

Nel concludere questa breve analisi segnalo come dal 1971 al 1988 la comunicazione sottolineasse gli ingredienti e la genuinità del prodotto, concetti abbandonati/tralasciati poi fino al 2011, ripresi brevemente con lo spot “Che colazione sarebbe senza Nutella” e poi tralasciati nuovamente. Quindi meno razionalità e più emozione.

Partendo dal presupposto, dimostrato in tanti anni di campagne, che alla Ferrero sono dei signori professionisti, viene da pensare che questa evoluzione dei posizionamenti abbia l’obiettivo di seguire l’evoluzione del proprio target, nonchè l’evoluzione demografica del Paese. Il pensiero pare confermato dal fatto che gli spot spagnoli, dove la campagna “personalizza la tua Nutella” è partita già in primavera sono targettizzati sui bambini/famiglie

A questo punto mi pongo una prima domanda: l’accettabilità sociale della Nutella è tale da permettere di pubblicizzare interamente sugli adulti un prodotto per bambini? Probabilmente la risposta è affermativa visto che la scena di Moretti con il mega bicchiere di Nutella nel film “Bianca” risale al 1984. Nella storia del marketing è successo spesso che quote importanti di consumo di un prodotto provenissero da target socio-demografici diversi da quelli previsti, ma che per diversi motivi si riconoscevano nelle caratteristiche/valori della marca. E’ successo altrettanto spesso che quando le marche si sono accorte di questo ed hanno rivolto il proprio posizionamento direttamente a questi consumatori, li abbiamo persi perchè quello che gli piaceva erano proprio i valori estranei al loro profilo (come è successo nel caso della Ford Mustang).

La seconda domanda è: e i bambini? L’altro giorno ho sentito per l’ennesima volta l’ovvia tautologia che “dobbiamo occuparci dei bambini perchè sono il nostro futuro” (la cui conseguenza, poco ricordata, è che in una società la “presenza” del futuro e direttamente proporzionale alla “presenza” dei bambini).

I bambini sono il futuro comunque, anche se non ce ne occupiamo. A Nutella basterà occuparsi dei genitori per essere nel futuro dei loro (attuali) bambini?

Detto in sintesi la preoccupazione è che Nutella (e Ferrero, vedi anche la campagna Kinder cereali) stiano adottando una visione molto forte nel breve periodo ma con delle incognite nel medio-lungo.

Qui pensavo di aver finito, ma devo a Maria Grazia un commento sulla campagna istantanea “Siamo in vendita solo per i nostri consumatori”, apparsa in questi giorni sui principali quotidiani a seguito delle voci di una possibile vendita alla Nestlè.

Non è che mi abbia fatto impazzire perchè:
- suona un po’ ad excusatio non petita.. perchè la notizia della possibile vendita non mi sembra avesse fatto così tanto rumore, e comunque è stata data riportando la smentita di Ferrero;
- il concetto “Siamo in vendita…” suona comunque male.
- visto che in primo piano c’è la Nutella, almeno avrebbero potuto collegarsi alla campagna in corso con una cosa tipo “Siamo in vendita solo per Stefano, Federica, Marco, Giovanni, Roberta, Anna, Giulio ….” (adesso mi metto a fare anche il copy).

Concludo con un’ultima presa di posizione: la presenza di bambini nella pubblicità dovrebbe essere vietata!