Le conseguenze della crisi economica: il ritorno del lusso.

Più ci penso e più questo post diventa complicato. Non tanto perchè nessuno a raccolto il mio appello per segnali a sostegno del ritorno del lusso lanciato lo scorso 24 febbraio, ma perchè mi viene difficile parlare delle conseguenze della crisi senza fare un’analisi della crisi stessa.

Che però è un argomento troppo tosto per affrontarlo alle 10 di sera, cercando di non dire banalità, stupidaggini e di scrivere 10 cartelle.

Cerco allora di circoscriverlo ai fini dell’argomento lusso e poi magari continuerò la serie “Le conseguenze della crisi economica…” su altri aspetti.

La premessa generale è che la crisi è strutturale. Che sia conseguenza di un’accelerazione di cambiamenti socio economici strutturali che erano già in atto o che la crisi economica li abbia generati tout-court, non importa. Il risultato non cambia, ed il risultato è che la conclusione di questa crisi avverra in seguito a modifiche dell’attuale struttura socio-economica.

Mi scuso se sembro banale e tautologico, però l’enunciazione “la crisi è strutturale” l’abbiamo sentita tante di quelle volte da dimenticare l’ovvia conseguenza che se ne esce (non è detto che positivamente) solo attraverso un cambiamento altrettanto strutturale. Ce lo siamo dimenticati anche perchè la grandissima maggioranza delle soluzioni proposte sono state congiuntutali, tese ad aumentare afficacia ed efficienza delle attuali strutture (materiali ed immateriali) più che a definirne delle nuove.

Uno di questi cambiamenti strutturali in atto è il ritorno del lusso. Non del lusso accessibile o del lusso democratico, che anzi tendono a ridimensionarsi, ma del lusso lusso.

Tutta una serie di prodotti e servizi tornano ad essere appannaggio di una minoranza della popolazione e quindi riacquistano la loro valenza apirazionale.

Uno dei segni che cercavo per confermare questa cosa che mi frullava nella testa l’ho trovato sullo scaffale del supermercato sabato facendo la spesa: sulla confezione di una nota marca di tigella (finiti i bei tempi di quando avevo il tempo di farmi le crescentine in casa, a Modena) si annunciava il concorso che metteva in palio 60 crociere nel Mediterraneo.

Dubito che solo 5 anni fa avrebbe avuto lo stesso appeal sul consumatore. Dieci anni fa dovevamo trovare il premio per un concorso della Vodka Keglevich e ci mettemmo un po’ a deciderci per il New Beetle Volkswagen, uscito da poco. A parte la coerenza tra lo “stile di vita” della Kegleviche del New Beetle, l’esclusività derivava anche dal fatto che per comprarla in concessionaria le attese erano lunghe.

Quello che voglio dire è che solo 5 anni fa il premio di una crociera nel Mediterraneo avrebbe fatto sognare un segmento limitato dei consumatori italiani. Tolti quelli a cui una crociera non interessa, la maggior parte degli altri o l’aveva già fatta oppure se la poteva comprare quando voleva.

In termini di marketing strategico e operativo le implicazioni sono parecchie. Diventa inutile tutto il castello teorico che avevo costruito nel 2008 sul concetto di “lusso inclusivo”, mentre diventano più importanti per i beni di largo consumo i concetti di bare bones marketing e di marketing democratico.

Il linkare vecchi post non è solo stanchezza, è che nei momenti di confusione vale la pena andare a ricercare i vecchi paletti su cui trovare qualche ancoraggio.

Il bare bones marketing funziona!

Qualche settimana fa sono passato dalla teoria (poca) alla pratica del bare bones marketing.
Contattati 6 buyer stranieri, 3 richieste di quotazioni, 1 visita fatta in azienda ed 1 da organizzare.
Non male (anche se non ho ancora chiuso nessun contratto).
Adesso sto preparando la presentazione “luci e suoni”, così magari mi chiamano anche i tre che ad oggi non si sono fatti sentire.

Bare bones marketing 2

All’inizio dell’anno ho fatto un posto sul marketing all’osso o, in inglese, “bare bones” marketing (alla fine del post capirete perchè stavolta uso la terminologia inglese).

Non arrivava ad essere un concetto razionalizzato e formalizzato come quello del lusso inclusivo e nemmeno al livello di idea. Era più un’impressione, una sensazione a livello quasi inconscio (si lo so che avere “sensazioni” di marketing è preoccupante, ed in effetti ogni tanto mi preoccupo).

Non mi sono quindi preoccupato di pensarci in modo specifico, ma l’ho lasciata lì libera di maturare ed evolvere per conto suo. Ahimè però non è che abbia fatto grandi progressi, quindi l’altro giorno ho deciso di passare dalla teoria (inesistente) ai fatti (concreti per definizione) ed ho mandato a due buyers stranieri una mail di presentazion e dell’azienda senza la classica presentazione power point con luci, colori ed animazioni che rischiano di far perdere tempo e distrarre dal contenuto/messaggio.

Al suo posto ho allegato un documento word di una pagina che riportava le caratteristiche essenziali dell’azienda ed i conseguenti benefit nel valutarci come business partner . In realtà avrei voluta fare un testo più corto ed inserirlo nella mail invece che allegarlo (due click in meno), ma non ci sono riuscito. Ecco la dimostrazione che chi mi dice che mi sopravvaluto (talvolta) ha ragione.

Se funziona ve lo dico. Intanto godetevi Luois Amstrong bare necessity (se qualcuno mi insegna ad inserire i video in modo che si vedano anche nel post e non solo come link, lo ringrazio).