Michele Serra, la satira sul vino e l’individuazione delle tendenze.

Ciao come state? Riprendo le pubblicazioni di biscomarketing con il rientro dalle ferie (mio ed immagino di molti).

Per ricominciare in modo morbido parto da un argomento di stretta attualità (rarità per biscomarketing), tendente al cazzeggio e di tema vinicolo (d’altra parte il periodo vendemmiale invita).

Sull’ultimo numero del L’Espresso, Michele Serra (di cui non ho mai avuto molta stima come si può vedere ad esempio qui e qui) ha scritto un pezzo di satira sul vino che ha portato operatori ed opinion leaders del settore a chiedersi se questo non sia un segnale che la deriva elitista / settaria / intimorente causata dal (monotematico) atteggiamento verso l’eccellenza qualitativa sempre comunque è andata troppo oltre.

Il pezzo di Michele Serra, ed alcuni interessanti commenti che consiglio di leggere, lo trovate, tra gli altri, sul blog di Luciano Pignataro, mentre la mia risposta alla domanda di cui sopra è: no, l’articolo di Michele Serra non è il segnale che il mondo del vino si prende troppo sul serio, minando la normalità e quotidianità del rapporto tra le persone (consumatori) e la categoria di prodotto. Non lo è perchè questo segnale è apparso nel 2007 (2007!!!!) con la parodia del sommelier che faceva Antonio Albanese.

Un esempio di come individuare una tendenza che credo sia utile ed interessante allargare dal particolare al generale. Dal punto di vista di marketing la differenza tra una tendenza ed una moda è che la prima si colloca ad un livello più profondo della psiche collettiva del mercato (società). Di conseguenza ha una durata più lunga, è trasversale sui diversi settori (perchè riguarda tutta, o ampie fette, della società) ed è più difficile da cogliere con le classiche tecniche attive di ricerca di mercato (questionari, interviste, focus groups).

Il bello però è che possono essere colte con quelle che io chiamo tecniche passive: osservazione ed ascolto. Da anni dico, ovviamente non sono il solo, che per un’azienda il principale vantaggio di essere presente sui social networks è la possibilità di ascoltare.

Ma ancora prima che nei social media, le tendenze si manifestano sui media (nella misura in cui i social media diventano un media ovviamente questa differenza si riduce).

Sempre restando in ambito vinicolo, nel 2008 io prevedevo che il mercato USA continuasse a crescere in modo rilevante (anche) per la crescente presenza del vino nei film e telefilm americani. Una presenza rappresentava una tendenza presente nella società ed allo stesso tempo ne favoriva la diffusione, legandola sempre a situaizoni positive e qiondi ne promuoveva l’accettabilità sociale.

Qualcosa di simile è successo all’inizio degli anni 2000 con il concetto di multisensorialità, diffusosi negli ambiti più diversi.

Secondo me i segnali della nascita e della diffusione di una tendenza si ritrovano nell’arte. Quanto più “elevato”/astratto il livello dell’arte, tanto più precoci i segnali. Per fare un esempio fin troppo banale, l’alta moda si confronta con le arti figurative ed influenza il pret a porter, giù giù fino a Zara.

I lavori di Jeff Koons sono un segnale dell’ “adolescentizzazione” della società, sta poi alle aziende capire quali effetti ha (avuto) quest tendenza sul loro settore.

Io ho sempre bene presente, con un po’ di sgomento, che Dino Buzzati, genio travestito conformista, nel 1966 aveva descritto i “teletini”, nonchè il malcostume legato al loro utilizzo indiscriminato in ogni luogo e momento.

Per questo io consiglio sempre a chi si occupa di marketing di buttare ogni tanto un occhio ai diversi campi dell’arte, o all’arte nei diversi campi se preferite.

Per questo io vedo l’articolo di Michele Serra come un segnale positivo per il vino che (forse) è tornato ad essere almeno un argomento su cui vale la pena scherzare.

Bersani e Berlusconi trovano l’accordo per Marini Presidente; io mi sono iscritto al M5S

Avevo in mente un post ficcante, lucido nella diagnosi e convincente sul da farsi.

Poi mi è venuta in mente l’amaca di ieri dove Michele Serra spiegava con la consueta (spocchiosa) arguzia invitava il M5S a non osteggiare la candidatura di Rodotà sulla base di un “pregiudizio così ridicolo da assomigliare a una supersistizione” (cito testualmente) e l’articolo di fondo del Corriere di oggi dovo l’articolista (mi scuso ma sul web non lo trovo ed il nome proprio non lo ricordo) spiegava che i deputati non possono sottostare ad un vincolo di mandato, viceversa rischiano di trasformarsi in semplici portavoce dei capi di partito (ma quest’uomo qui vede cosa succede nel pase, qui un piccolo esempio, o vive nel Principato di Freedonia?

Allora mi sono detto che di raffinati smartasses (scusate, ma la traduzioen “furbacchioni” non mi piaceva) in giro ce ne sono anche troppi, molto più titolati di me.

Niente più di utile da dire, meglio lasciar parlare i fatti: mi sono iscritto al Movimento 5 Stelle.

(Purtroppo) Michele Serra era tra gli strateghi, ovvero se Bersani avesse un barlume di intelligenza politica.

Cerco di resistere alla tentazione di dire la mia sui risultati elettorali e ci riesco solo in parte limitandomi a linkare il mio post dello scorso 9 dicembre 2012 (così si spiega anche la prima parte del titolo).

Non c’è molto da aggiungere, lo dico non con l’amara soddisfazione di aver avuto ragione (tanti anni fa ho imparato che saper prevedere le cose rarissimamente permette di cambiarle, bene che vede può servire a prepararsi), ma con il sincero stupore che le stesse valutazioni non siano state fatte da chi di politica si occupa tutti i giorni.

Se me ne sono accorto io qui, nell’angolino in alto a destra (sarà per questo?) dell’Italia, possibile che non se ne siano reso conto i politici e gli spin doctor di professione?

Ha ragione Grillo, hanno perso completamente il contatto con la realtà. In termini di marketing (che ricordo è una scienza sociale) si chiama “miopia di marketing”, ti impedisce di vedere le cose che hai sotto il naso ed è causata principalmente dalla presunzione, che a sua volta spesso genera antipatia. Forse un vizio congenito ricordando l’affettuoso (??) nomignolo de “il Migliore” dato a Togliatti.

Probabilmente la stessa presunzione che ha portato oggi Bersani in conferenza stampa a lanciare ammonizioni e sfide arroganti, nonchè patetiche (alla luce dei fatti), e a fare il figo (finto modesto) prendendosi responsabilità che non si capisce bene da dove nascano.

Se invece avesse l’umiltà di leggere il programma del Movimento 5 Stelle ,magari si accorgerebbe che molti punti sono condivisibili con l’elettorato di un partito che si dichiara progressista (l’hanno già detto il Sindaco PD di Bari e Silvio Berlusconi, uno che di politica se ne intende) e se avesse un barlume di intelligenza politica si direbbe d’accordo con Alfano nel dichiarare la parità e si pronuncerebbe a favore dell’appoggio ad un Governo a guida Grillo.

Così, con un gesto arioso ed elegante, riuscirebbe in un colpo solo a:
- liberarsi della patata bollentissima di tentare di fare un Governo (quasi impossibile uscirne bene).
- diventare uno dei fautori del cambiamento del Paese, investimento inestimabile per le prossime elezioni (che siano tra 6 mesi o tra 5 anni).
- esercitare un’influenza moderatrice ed europeista alle (eventuali) derive giacobine del M5S, diventandone l’accompagnatore ed il garante verso la comunità internazionale (questo si che sarebbe un servizio per l’Italia e per l’Europa).

Se si voterà tra sei mesi, il PD si presenterebbe con la credibilità intatta (o accresciuta), se si voterà tra qualche anno il PD si ripresenterebbe tra quelli che hanno contribuito a rivoltare il Paese.

Certo che questo significherre abolire veramente le province, il finanziamento pubblico ai partiti, dimezzare il numero dei parlamentari ed il loro stipendio, (magari!) abolire i contributi ai gruppi parlamentari e consiliari, privatizzare due canali televisivi, ….. Mi sa tanto che non può succedere.

Renzi, che disdetta!

Questo post volevo scriverlo ieri, poi mi sono detto che rischio di diventare monotematico, poi però ho visto su facebook l’amaca di Michele Serra di oggi sulla dichiarazione del sottosegretario Polillo e allora ho voluto dire la mia. Almeno il post della scorsa settimana mi permette di non sembrare quello che parla con il senno di poi.

Rispettare ed accettare i risultati delle primarie del centro sinistra è doveroso, ma lasciatemi la libertà di non condividerli perchè:

- Bersani candidato Primo Ministro legittima, per quanto possibile, il ritorno di Berlusconi. Detta semplice: non è cambiato l’avversario e quindi è giusto che torni a confrontarmi.

- Soprattutto Bersani legittima la campagna, già iniziata, basata sul baratro a cui ci porterà un governo di estrema sinistra (il passato di Bersani+l’alleanza con Vendola bastano e avanzano). Aggiungeteci quello che permette di fare in termini di comunicazione un concetto malinconico come “l’usato sicuro” potete già immaginare cosa ci aspetta nei prossimi mesi.

- Al di là della propaganda berlusconiana Bersani, volente o nolente, è l’espressione di un establishment politico che non ha saputo (voluto) operare per rimediare all’esproprio della cosa pubblica operato dai partiti con tutte le patologie che ne conseguono. Quante persone conoscete che non hanno votato alle primarie del centrosinistra perchè troppo distanti dalla politica in generale e dall’”area” in particolare, ma che ritenevano Renzi l’opzione attualmente più credibile? Qualcuno vuole scommettere sulla percentuale di astenuti, bianche e nulle alle prosisme elezioni?

- Bersani prospetta una coalizione che va dall’UDC (per prendere i voti del centro in franchising, come diceva Renzi) a Vendola. Una volta di più la rappresentanza dei partiti in parlamento sarà decisa a priori a tavolino sul presunto seguito che hanno se non sulla loro capacità di pesare nella trattativa politica. Una volta di più l’azione del governo sarà determinata dal minimo comune multiplo tra posizioni (ideologiche) molto distanti invece che dal massimo comune denominatore di un piano programmatico.

Ok, l’ultima è una mia opinione squisitamente politica, però i primi tre punti riassumono il posizionamento in termini di marketing politico che ha attualmente il PD nei confronti degli elettori che alle scorse elezioni hanno votato altrimenti (o non hanno votato proprio).

Chissà se qualcuno nel partito si sta domandando come agire per modificarlo oppure se puntano a vincere con i soli voti dei fedeli simpatizzanti. L’ultima volta non sono bastati, ma adesso si può contare sull’autocombustione degli avversari.

Io spero solo che tra gli strateghi non ci sia Michele Serra.