La lettura delle riviste dell’American Marketing Association è sempre stata per me fonte di ispirazione, talvolta con la soddisfazione di trovare conferme rispetto a cose che avevo già realizzato in azienda e/o teorizzato in questo blog.
Durante le mie recenti vacanze in Brasile ho approffittato del tempo libero per leggere “Marketing News” dello scorso gennaio, dove 11 opinion leaders mondiali erano stati intervistato su come vedevano il marketing nel 2024 (lo so, considerare “Marketing News” una lettura da omrellone spiega molte cose, nel bene e nel male).
Ora io non so se con l’età sono divantato un vecchio brontolone cinico, se mi sono bevuto completamente il cervello in un delirio di onniscenza dopo aver modificato 2 delle 4 P o se le moltissime ore passate in macchina a pensare mi hanno portato effettivamente a raggiungere livelli di marketing strategico estremamente avanzati.
Comunque sia i miei appunti a margine dell’articolo contengono quasi solo punti di domanda ed un solo punto esclamativo.
Jonathan Becher, CMO di SAP crede che una marca dovrà sembrare un editore ed un editore dovrà sembrare una marca, intendendo con questo che la gran parte delle marche dovrà comunicare attraverso contenuti di intrattenimento in modo da fornire informazioni senza annunci pubblicitari. Non sto a tediarvi linkando il mio post di inizio anno (credo) dove riprendevo un articolo apparso in un’altra rivista dell’AMA che diceva che siamo tutti nel business editoriale. Concetto che avevo espresso anche in (almeno) un post precedente citando come esempio la Volvo e la sua credibilità nell’ambito della sicurezza stradale, ancora prima dell’era digitale. Jonathan, se questa è la tua previsione del marketing del futuro, fidati, è già successo. Aggiungo che, citando Caparezza, sono fuori dal tunnel del divertimento e quindi non condivido la previsione che i contenuti delle marche si appiattirabbo sul divertimento (se qualcuno di voi ha mai usato SAP, saprà che SAP+divertimento è un ossimoro).
Rohit Bhargava, autore di Likeonomics prevede che i consumatori cederano l’accesso ai loro profili social in cambio di “micro-incentivi” (risparmi, migliori offerte, ecc…). Cito testualmente “Se possiamo avere il messaggio giusto, per la persona giusta, nel momento giusto e l’abilità di fornirlo cambieremmo completamente il nostro modo di commerciare. Non dovremmo più comprare impressions perchè saranno inutili. Ed avremmo tassi di conversione vicini al 100%.” Ora, nessuno ha mai sostenuto che il marketing attuale debba essere monodirezionale dall’azienda ai consumatori (se lo trovate sul Kotler, vi pago da bere). E’ una deriva che hanno preso le aziende e che sembrava sulla via di essere scardinata dal maggior potere che la rivoluzione digitale ha dato alle persone (consumatori). Invece qui torniamo all’azienda che continua a calare dall’alto le sue proposte, solo con maggior precisione grazie alla “perfetta” conoscenza dei consumatori acquisita attraverso i loro profili social. Domanda banale: se non si acquistano più “impressions” il 100% di concersioni a cosa si riferisce?
Su una linea simile la visione di Pete Blackshaw, capo del digitale e social media della Nestlè, secondo cui nei prossimi 10 anni si assisterà una convergenza tra un maggior controllo del consumatore (sigh!) ed una più accurata capacità del marketing di soddisfare bisogno non soddisfatti o inespressi. “Nuove forme di analisi dei dati, alimentate volontariamente dai consumatori, contribuiranno a nuovi livelli di precisione nelle attività di marketing”. Il dubbio che le persone sfuggano/rifiutino i prodotti disegnati appositamente per loro a loro insaputa, c’è a fine dell’intervento, ma non è tale da generare uno scenario diverso rispetto al perfezionamento del marketing monodirezionale di precisione.
Blackshaw ricorda anche come oggi i consumatori comincino (???? n.d.a.) ad utilizare i codici QR per andare oltre l’etichetta e questa trasparenza da qui a 10 anni si troverà ad ogni passo del processo di acquisto. Io il primo codice QR l’ho messo su un vino nel 2011, e non ero nemmeno un pioniere perchè alcuni concorrenti l’avevano adottato già l’anno prima. La trasparenza già oggi sta già passando da PLUS a MUST e prevedo che l’utilizzo dei codici QR diminuirà (se non è già successo) se il valore aggiunto delle informazioni non compensa la fatica richiesta.
Glen Hiemstra, autore di Turning the Future into Revenue: What Business and Individuals Need to Know to Shape Their Future, apre il suo intervento dicendo: “I confini tra il mondo analogico e quello che consideriamo oggi come mondo digitale spariranno. Saremo on line ed off line allo stesso tempo”. OK bene: è dal 2007 che sostengo e pratico che non c’è separazione tra on e off line in quanto tutto succede nella mente delle persone, che è una.
Sulla visione di Rita J. King, Direttore di business development della società di consulenza Science House, sono quasi d’accordo. Vede un superamento della divisione tra i creativi e la funzione marketing delle aziende (in seguito alla necessità delle aziende/marche di comunicare contenuti). Prevede però la responsabilità di creare i contenuti rimarrà a carico delle agenzie. io personalmente sono convinto che per assicurare autenticità, credibilità e coerenza la creazione dei contenuti e, soprattutto, la gestione delle relazioni debba essere eseguito dall’azienda. E’ (perchè anche questo è un cambiamento già in atto) quindi necessario che le funzioni marketing si dotino di competenza creative o che coordinino strettamente in modo strategico il lavoro delle agenzie.
L’intervento di Gerd Leonhard, Amministratore Delegato della società di consulenza Svizzera The Futures Agency è forse quello che mi ha lasciato più attonito. Comincia così: “il marketing come l’abbiamo conosciuto nel passato era un’attività diversa dalla produzione e dalla Ricerca & Sviluppo, il che sostanzialmente significa che ci sono persone che inventano cose e persone che le vendono”. E’ vero che ho iniziato questo blog tanti anni fa prorpio partendo dalla constatazione della crisi in cui era caduta la funzione marketing nelle azienda, ma mai avevo pensato che fossimo messi così male. Prosegunedo si trova questa perla “Stiamo finalmente arrivando al punto nel quale il marketing non è l’arte (??? n.d.a.) di vendere qualcosa a gente che non vuole niente (??? n.d.a). Sta diventando più la cura/organizzazione di un “ambiente”: io curo l’immagine (“picture” nel testo originale) che tu vedrai e che tu vuoi vedere”. Vertice di monodirezionalità, mi viene da scusarmi a me con Kotler da parte sua.
Andrew Markowitz, Direttore della Global Digital Strategy alla General Electric rientra nel filone della perfetta targettizzazione grazie all’uso del big data. “Tu quasi non saprai che ti stanno commercializzndo (“you’re being marketed to” nel testo originale) perchè ci saranno dati fantastici, versioni (“versionining” nell’originale) fantastiche, esperienze fantastiche che realmente cancelleranno alcune delle barriere che esistono oggi. …… vedo un’ incredibile personalizzazione. Se non hai qualcosa che sia su misura, perderai.” Pare proprio che il futuro sia basata sull’uso del Santo Graal digitale.
Il primo punto esclamativo l’ho messo di fianco all’intervento di Gwen Morrison, Amministratore Delegato della società di consulenza The Store, parte del gruppo multinazionale di comunicazione e marketing WPP. Partendo anche lei dal presupposto che le gente richiede personalizzazione sostiene che tutto è a richiesta (“on demand” nell’originale): i contenuti, il commercio, ecc… Conseguenza è che alla gente piace interagire con altre persone. Io mi spingo oltre dicendo che per soddisfare un mercato in cui tutto è a richiesta (spesso) non sono sufficienti attività di push, per quanto perfette grazie all’analisi del big data, ma (ad un certo punto) è necessaria la possibilità dell’intervento di una persona in grado di interagire efficacemente con i clienti attuali e/o potenziali.
Chris Nurko, Global Chairman della società di consulenza londinese FutureBrand, fa un ragionamento lineare: la popolazione mondiale cresce rapidamente – più persone significa più contenuto e più connettività – connettività e contenuto saranno regolate dalle norme relative alla privacy ed alla proprietà intellettuale in Europa e Nord America – la proprietà intellettuale e la privacy saranno assolutamente la questione n.1 nel 2024 (nel testo originale “the biggest zeitgeist change”). Lasciamo perdere il club di Roma e le sue previsioni sui rischi dell’eccessiva crescita di popolazione, lasciamo perdere anche i trend demografici che vedeno l’invecchiamento (ed il successivo calo) della popolazione europea al netto dell’immigrazione), che dire di quelli che nel 2024 avranno tra 20 e 30 anni cresciuti in un ambiente in cui è normale che tutti sappiano tutto di tutti. E’ stato Mark Zuckerberger a dire che la privacy non esiste, mica io. Vero che magari la sua non è l’opinione più indipendente del mondo, però come visione del futuro un po’ di credibilità di base ce l’ha. Riguardo poi alla centralità del mondo occidentale, direi che c’è un bel po’ di miopia di marketing rispetto al ruolo che nei prossimi 10 anni giocheranno, oltre ai BRICS, le nazioni del centrafrica.
Concludo con J. Walker Smith, executive chairman della società londinese The Future Company. I miei appunti sul suo intervento vedono un punto esclamativo ed un punto di domanda. il punto esclamativo sta di fianco alla frase “Gli algoritmi e la sperimentazione rimpiazzeranno la psicologia e la visione come cuore del marketing”. Il punto esclamativo è doppio per la rilevanza ed originalità dell’osservazione e perchè, finalmente, si tratta di qualcosa che effettivamente si realizzera da qui a 10 anni. Il punto di domanda (a matita) sta di fianco all’affermazione “Alla fine il mercato del futuro avrà la forma di sempre. All’informazione segue il controllo, quindi man mano che le tecnologie digitali passive mettono più informazione e conoscenza nelle mani degli operatori di marketing, questi riguadagneranno più controllo”.
Finita la parte facile delle critiche, verrebbe quella difficile delle proposte. Però è tardi ed il post è già abbastanza lungo e denso.
Rimando quindi le proposte su come immagino il marketing del futuro alla prossima settimana. Per non lascivi del tutto all’oscuro anticipo che in estrema sintesi credo che per il marketing del 2024 sarà necessario ESSERE piuttosto cher apparire. Detto così sembra una banalità, però le implicazioni sono numerose e profonde.