Il bare bones marketing funziona!

Qualche settimana fa sono passato dalla teoria (poca) alla pratica del bare bones marketing.
Contattati 6 buyer stranieri, 3 richieste di quotazioni, 1 visita fatta in azienda ed 1 da organizzare.
Non male (anche se non ho ancora chiuso nessun contratto).
Adesso sto preparando la presentazione “luci e suoni”, così magari mi chiamano anche i tre che ad oggi non si sono fatti sentire.

ebuzzing: ti conosco mascherina

Questo post non è così lungo come sembra. Consiste infatti in queste poche prime righe perchè la parte in corsivo è non è indispendabile leggerla, benchè sia all’origine del post.
La parte in corsivo infatti è un comunicato stampa che riporta i risultati di uno studio sui contenuti riguardanti al moda nei social network condotta a livello europeo dall’agenzia di social media marketing ebuzzing.
Ora però, siccome noi sappiamo che ebuzzing paga i blogger perchè pubblichino post sulle campagne dei loro clienti, sappiamo automaticamente che questo studio non vale niente e quindi neabche il comunicato. Almeno è tutto digitale così non è stata speciata della carta.
Il tutto per ribadire la necessità di denuciare in modo circostanziato i comportamenti scorretti di cui si viene a conoscenza.
Spero di non essere troppo noioso, ma la velocità e voracità di contenuti del web rischia di far passare a nuovi argomenti solamente perchè, appunto, nuovi e non perchè più rilevanti. Per la credibilità di tutti (del sistema) credo sia fondamentale che su questo argomento sia necessario tenere il punto.
ebuzzing: La moda anima il passaparola online.

Giorgio Armani, Gucci, Dolce e Gabbana i brand italiani più discussi su blog e social media, H&M è in testa alle classifiche europee.

(IMMEDIAPRESS) – Il 4% dei contenuti pubblicati nei Social Media si riferisce al settore moda. Il dato è emerso da uno studio condotto, durante il primo semestre 2011, da ebuzzing (primo social media marketing group europeo) in collaborazione con la company francese Ykone. Sono stati analizzati 50 milioni di articoli pubblicati da oltre 3 milioni di fonti, in 5 lingue differenti. Dall’indagine è emerso come sia molto diffusa l’esigenza, da parte delle grandi case di moda, di essere presenti su blog, social network e community online e come questa sia legata all’obiettivo di fidelizzare la clientela e creare con essa un legame affettivo. Il passaparola online, in definitiva, è diventato un vero e proprio media attraverso cui veicolare valori, tendenze e style.

Giorgio Armani, Gucci, Dolce e Gabbana sono i tre brand italiani più discussi su blog e social network.
Dai 50 milioni di articoli analizzati è emerso il 12% sul totale dei contenuti relativi al mercato italiano si riferiscono ad Armani. Il brand, infatti, grazie a questo valore si aggiudica la prima posizione della classifica Italia per la categoria “abbigliamento di lusso”.

L’analisi condotta su gli “share of voice”, cioè sulla qualità e quantità del passaparola attivato nella Rete attorno ai principali brand di moda della piazza italiana, ha evidenziato che nell’ambito del pret-à-porter, H&M domina blog e media: oltre il 22% delle conversazioni online si riferiscono infatti al brand di abbigliamento svedese. A seguire Zara (17%), Mango (11%) e Diesel (10%). E’ interessante, infine, notare che H&M campeggia in cima anche alla classifica europea.
“Moda e Social Network” ha anche stilato la classifica delle pagine Facebook delle principali case di moda. Davvero curioso notare che, con oltre 10 milioni di fan in Francia, Zara supera H&M assicurandosi una vera e propria “vetrina comunitaria” per la sua immagine.
Molta attenzione è stata data ovviamente anche alla blogosfera. I blogger, infatti, sono spesso considerati il punto su cui fare leva per “creare il buzz”. “I lettori che seguono il mio blog sono alla ricerca delle novità, delle occasioni e delle promozioni legate ai brand” ha dichiarato – Sonia Tiffany Grispo blogger di Trand & The City – 12esima posizione della classifica mondiale Wikio. Style&Fashion Blogosfere, Why Moda Blogosfere, Think Big Chief sono, invece, i nomi dei blog europei più autorevoli in ambito moda.
24 gennaio 2011 è, infine, una data da ricordare. In questo giorno si è svolta la sfilata di lingerie di Etam. E’ singolare come un evento in particolare abbia condizionato blog e media del settore moda. Per quest’occasione Etam ha magistralmente orchestrato la crescita ed il mantenimento del buzz attorno alla sua sfilata. Il brand si è appoggiato ai/alle trend setter per raggiungere un pubblico il più ampio possibile. Risultato: un bell’impatto mediatico accompagnato da una crescita del numero di pubblicazioni che menzionavano il brand Etam intorno a tale data e un’impennata di conversazioni anche l’indomani dalla sfilata.

Per interviste o ulteriori informazioni
Antonella La Carpia | PR & Marketing Executive| antonella.lacarpia@wikiogroup.com

Tel: + 39 02 49 80 114 – 25
Fax: + 39 02 4989885
Mob: + 39 393.9486644
Adr: Via vittoria colonna, 17 – 20149 – Milano

A proposito di ebuzzing: Diretto da imprenditori esperti, ebuzzing è il gruppo di Social Marketing leader in Europa. ebuzzing accompagna i brand nella loro strategia di comunicazione al cuore dei social media. ebuzzing è anche editore di OverBlog, la prima piattaforma di blog europei, e di Nomao, il motore di suggerimenti locali. Il gruppo è composto da 170 collaboratori in Europa (Parigi, Tolosa, Milano, Roma, Madrid, Amburgo, Dusseldorf, Bali e Londra) 60 dei quali lavorano al suo dipartimento R&D.

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Antonella La Carpia | PR & Marketing Executive| antonella.lacarpia@wikiogroup.com

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A proposito di Ykone: Ykone è una start-up creata nel 2008 da Olivier Billon e Mathieu Lebreton (ex L’Oréal Luxe), appassionati di moda e di comunità web. Ykone pubblica varie riviste online specializzate in moda ed accompagna oltre 70 società nelle loro strategie social media. Il team di Ykone è composto da 15 persone basate a Parigi.

per maggiori informazioni: www.ebuzzing.it

link per scaricare la ricerca:

http://tinyurl.com/63nhpps

I PRezzolati delle webPR scrivono per e-buzzing

Con mio sommo sconcerto e rammarico, chi mi ha scritto la mail relativa al post di domenica scorsa non si è manifestato entrando nella discussione che si è creata (grazie per i commenti). Non so se pensare che non abbiano visto il post oppure che abbaino la coda di paglia. Sinceramente non saprei quale delle due opzioni sia la peggiore per una agenzia che vuole fare PR sul web.
Non svelo l’omissis della persona perchè si tratta di un modus operandi che l’agenzia ebuzzing utilizza in tutti i paesi in cui opera (come dimostra la totale corrispondenza di contenuti dei siti nelle varie lingue), e quindi prescinde da chi mi ha scritto.
Mantenuto il mio impegno, questo post potrebbe anche finire qui. Però ne approfitto per alcune considerazioni sui commenti e dalla discussione che era già in corso su questo argomento.
DENUNCIARE COMPORTAMENTI SCORRETTI SIGNIFICA FARE NOMI E COGNOMI (indifferente se le persone sono fisiche o giuridiche)
Ovviamente io non sono stato il primo blogger a ricevere proposte di questo genere, nè il primo a parlarne. Fino ad oggi però le segnalazioni sono rimaste sul generico, più per discutere dell’argomento che per contribuire a mantenere il più sana possibile la comunicazione on-line. Perfino il blogger americano che ha affrontato questo argomento pochi giorni fa ha scelto di non mettere in imbarazzo chi gli ha proposto un comportamento che ritiene scorretto.
Ripeto la banalità detta una settimana fa: il web rispetto all’off line permette la condivisione immediata nel tempo e nello spazio delle informazioni ed il coinvolgimento di tutti nelle discussioni, anche quelle controverse. Ribadisco quindi la NECESSITA’ di denunciare in modo circostanziato i comportamenti chiaramente non etici da parte delle agenzie e degli operatori (leggi bloggers), con serenità e non animosità nel rispetto di tutti.
Se qualcuno si sentirà in imbarazzo potrà sempre replicare e spiegarsi.

LA COMUNICAZIONE IN GENERALE E LE PR IN PARTICOLARE NON SONO IL DIAVOLO E NON SI PUO’ FARE DI OGNI ERBA UN FASCIO
Senza entrare in discorsi troppo ampi (la comunicazione è la base della concorrenza) le PR sono una componente dello scenario della comunicazione ed in questo scenario svolgono un ruolo nella diffuzione di notizi/informazioni. Non ha senso quindi considerare TUTTE le attività di PR come un tentativo di irretire il pubblico quanto piuttosto distinguere tra quelle fisiologiche e quelle patologiche. Io ad esempio non ci vedo nulla di censurabile ad invitare un opinion leader ad un evento (dove presumibilmente non verrà preso a pesci in faccia), sempre che gli si lasci assoluta libertà di scelta su come e se parlarne.
Se qualcuno avesse dei dubbi sul metro di valutazione, si può sempre riferire alcodice etico della WOMMA..
IL MODO IN CUI SI CERCA DI DIFFONDERE CONTENUTI A PAGAMENTO SUL WEB E’ (MOLTO) PEGGIO DELLE PATOLOGIE DELLE PR OFF LINE
Leggendo i post ed i commenti relativi all’argomento dei blog sponsorizzati appare spesso il concetto si stratta semplicemente delle classiche tecniche delle PR off line, trasferite sul web. E’ un concetto che non condivido assolutamente per diverse ragioni:
1. Quello di pagare gli opinion leaders per promuovere/parlare direttamente di un prodotto è sempre stata considerata una patologia, non come una pratica normale da annunciare sul proprio sito internet (vedi ebuzzing).
2. Per quanto ne so, anche gli opinion leaders che si prestano a queste pratiche non si sottopongono a censura da parte dello sponsor.
3. Un post a pagamento NON equivale ad un publiredazionele, che viene chiaramente identificato, anche attraverso una diversa impaginazione, dal resto del giornale/testata.

L’AFFERMARSI DI CONTENUTI A PAGAMENTO SUL WEB NON E’ L’INELUTTABILE CONSEGUENZA DELLA CORRUZIONE DEI TEMPI
Anche questo concetto torna con una certa frequenza nelle discussioni su questo argomento.
E’ ovvio che con il diffondersi del web e dei blog, la comunità dei blogger si è allargata e non è più così omogenea nei principi e nei comportamenti come poteva esserelo 5 anni fa (tanto per dire una data).
Proprio per questo è necessaria una vigilanza attiva, anche a tutela della reputazione di chi agisce con etica e correttezza.
Una vigilanza che non va fatta solamente nei riguardi delle agenzie, ma anche, soprattutto, nei confronti degli altri bloggers.
Viceversa lamentarsi ricordando i bei tempi andati è poco meno di un falso ideologico.
Lo ripeto una volta di più: dipende solo da noi.
I miei rispetti a chi se li merita.

I PRezzolati delle webPR

Premetto che questo sarà un post un po’ lungo, ma posso già sbilanciarmi sul fatto che sarà interessante.
Premetto che da quando lavoro ho sempre creduto nella comunicazione attraverso le Pubbliche Relazioni, anche negli anni ’90 della crescita vertiginosa della pubblicità televisiva e quando la frammentazione delle audience non rendeva così difficile, come oggi, raggiungere ampi target di persone.
Il motivo di questa mia preferenza per le PR rispetto alla pubblicità tabellare (quella degli spot e delle pagine dei gionali per capirsi) è che ho sempre ritenuto che il rischio legato al minor controllo dei contenuti della comunicazione fosse più che compensato dall rilevanza e credibilità intrinseca che questi contenuti ricevono quando sono interpretati e diffusi da una terza persona, indipendente dall’azienda, che decide di parlare di un determinato argomento per libera scelta.
In altre parole non è più comunicazione aziendale, ma diventa comunicazione di quella persona (giornalista, opinion leader, etc..).
Probabilmente questa serenità nell’accettare la perdita di controllo dei contenuti mi viene dalla convinzione/presunzione che le attività ed iniziative che diffondevo attraverso le PR fossero interessanti per il pubblico a cui mi rivolgevo e che si basassero su fatti sostanziali e veri, evitando di blandire il pubblico con argomenti preconfezionati in base a quello che presumibilmente sarebbe stato bello dire.
In sintesi non ho mai pensato che la sigla PR stesse per Pranzi e Ricevimenti, come diceva una mia ex collega e non ho mai nemmeno immaginato (ingenuità) che rappresentare le due lettere iniziali della parola prezzolati.
Poi l’altro giorno ho ricevuto la mail che riporto qui sotto integralmente (per evitare che la sintesi mi porti magari a dare interpretazioni sbagliate).

Ciao Lorenzo,
sono omissis, Publisher Manager per l’Italia di nome società agenzia pan europea attiva nel Social Media Marketing.
Ti contatto perchè vorrei offrirti un tipo di collaborazione con la nostra agenzia per delle campagne video e content sul blog http://www.biscomarketing.it
Due parole su nome società. Ci muoviamo su due piani:
1) content seeding: ogni nostra campagna che va online ti arriva una mail con un brief, scegli se attivarti sulla campagna scrivendo un post su quell’argomento. Una volta scritto le nostre community manager l’approvano e il vostro post è online. Per questa attività percepirai un compenso dai 50€ in su a seconda del budget. Sei quindi tu che scegli se fare quella campagna e come farla.
2) video seeding: anche in questo caso ti arriva una mail per ogni campagna video che viene attivata e scegli se postare quel video sul blog. Ovviamente ti arriveranno le notifiche solo delle campagne del target che hai scelto al momento della registrazione. Per i video non c’è nessun post da scrivere ma solo il postare il video. Per questa attività le remunerazione variano tra click e visualizzazioni.
Secondo me il fatto che sei tu a scegliere se fare le campagne e come farle rappresenta un buon modo per non interferire con la tua linea editoriale.
Se sei interessato ti mando le informazioni su come iscriversi (molto easy, 2 minuti) e sei pronto a partire.
In attesa di una tua risposta ti auguro buon lavoro e ti ringrazio per l’attenzione
Cordialmente,
omissis

Preciso che non è la prima volta che come biscomarketing vengo contatto da agenzia di web PR e, malgrado Freud abbia affermato che le differenze dei comportamenti sono quantitative e non qualitative (credo), non ho mai trovato nulla di riprovevole alla mail che mi segnalava un’iniziativa/campagna e/o mi invitava a partecipare ad un appuntamento/evento in cui veniva presentata una determinata cosa. Ognuno decide chi invitare a casa propria e come accogliere gli ospiti. Quanto gli ospiti si sentano poi in obbligo con chi gli ha invitati sta alla sensibilità ed al libero arbitrio di ognuno.

Questa mail però è una cosa diversa. Intanto dubito che rientri nel codice etico dell’attività di PR e o marketing.
Secondo non condivido l’opinione di chi mi ha scritto che la collaborazione proposta non impatta sulla mia linea editoriale (parole grosse), visto che comunque il mio post prima di eesere pubblicato deve passare il loro controllo/censura. Non credo che se si aprisse con un bel INFORMAZIONE PUBBLICITARIAverrebbe approvato.
Per assurdo se l’argomento della campagna mi fosse sembrato tanto interessante da farci un post, nel momento in cui per quel post vengo pagato, cade tutta la mia credibilità. E la credibilità nella comunicazione è tutto.
Mi direte che cose di questo tipo si sono sempre fatte nelle PR off-line senza che si sapessero, ma la differenza sta proprio qui.
E’ evidente che negli ultimi 5 anni (o forse 10) il web è passato da rappresentare un pezzo di società (abbastanza omogeneo) a rappresentare LA SOCIETA’ semplicemente grazie alla sua diffusione ed è quindi evidente che on-line si ritrovano oggi le stesse patologie che esistono off-line (le persone sono le stesse).
L’on line mantiene però una grande differenza rispetto all’off-line costituita dal fatto che si tratta di un ambiente condiviso, dove tutti possono interagire in tempo reale. Sembrano frasi fatte, ma condividere in modo virale le informazioni è molto diverso che scrivere una lettera al direttore che (forse) verrà pubblicata un mese dopo. E’ questo che permette al web di auto correggersi.
Come dimostrano i post di Il Giornalaio, minimarketing, OLMR, non sono (ovviamente) il primo blogger che riceve una proposta di questo tipo, anzi.
Però fino ad oggi chi ci si è imbattuto ha mantenuto la discussione sui termini generali, tra l’accademico ed il rassegnato nel vedere che anche il sul web si stanno riproponde le stesse patologie dell’off-line. Ma il web può sviluppare gli anticorpi, scoprendo pubblicamente i comportamenti scorretti. Basta volere! Ed è questo l’invito che faccio in primis a tutte le persone serie che scrivono un blog.
Allora perchè i miei omissis nel riportare la mail? Proprio perchè il bello del web è che dà a tutti la possibilità di confrontarsi e quindi di spiegarsi. Non mi interessa fare il tribuno della plebe e non è giusto dare del filibustiere a qualcuno con leggerezza.
Quindi invito la società che mi ha inviato la mail a manifestarsi e spiegare le proprie ragioni con un commento a questo blog.
Hanno tempo fino a domenica prossima (intervallo settimanale classico di biscomarketing) viceversa gli omissis li svelerò io.
I miei rispetti a chi se li merita.

Quale futuro per il prosecco negli USA?

Recenetemente in Bosco Viticoltori ho realizzato una ricerca sull’atteggiamento del consumatore USA nei confronti del Prosecco.

Credo che possa essere non solo di interesse, ma anche di utilità generale e quindi l’ho pubblicata su slideshare. Questo è il link

Di seguito il comunicato stampa che l’accompagna:
Comunicato stampa

L’ATTEGGIAMENTO DEI CONSUMATORI U.S.A. NEI CONFRONTI DEL PROSECCO: UN’INDAGINE DI BOSCO VITICOLTORI E DOXA ADVICE.

Quale sarà il futuro del Prosecco?

La crescita dei consumi continuerà ai ritmi che ne hanno decretato il successo nell’ultimo decennio?

Che effetto avrà sul mercato l’entrata in produzione dei nuovi vigneti piantati durante gli ultimi tre anni?

E’ proprio nelle fasi favorevoli del mercato che le aziende più attente pianificano lo sviluppo.

Per questo la Bosco Viticoltori ha commissionato a Doxa Advice una ricerca sugli atteggiamenti e comportamenti di consumo di Prosecco da parte del consumatore statunitense.

“Negli U.S.A. il consumo di Prosecco sta crescendo a ritmi vertiginosi” secondo Lorenzo Biscontin, direttore Generale della cantina di Salgareda (TV) “il punto è capire in che misura questo trend continuerà anche nei prossimi anni ed i risultati della nostra ricerca sono molto promettenti.”

Dall’indagine risulta infatti che solo il 50% dei consumatori statunitensi di vino conosce oggi il prosecco, ma oltre la metà di quelli che conoscono il prodotto ne sono anche consumatori.

Da sottolineare poi che a fronte di un 61% di consumatori che dichiara un consumo costante, ben il 36% dichiara di aver aumentato il consumo di prosecco negli ultimi 6 mesi.

A confermare le prospettive positive per il Prosecco negli U.S.A. anche la penetrazione superiore alla media che si riscontro nei segmenti giovani e con i più alti livelli di reddito ed istruzione.
“Il Prosecco negli U.S.A.” commenta Massimo Sumberesi, Direttore Generale di Doxa Advice, “appare come una scelta di stile guidata dai consumatori più moderni ed evoluti e non un’alternativa economica a vini spumanti più prestigiosi. La sua crescita quindi sarà determinata dalla diffusione della sua immagine di convivialità ed informalità piuttosto che da strategie di prezzo, che rischierebbero anzi di banalizzarne il percepito qualitativo.”

I pagliacci di vodafone business 2

Si è conclusa con una specie di lieto fine la storia iniziata la settimana scorsa.
Come immaginavo la cosa non era molto complicata. E’ bastato chiamare l’assistenza clienti, che ha ipotizzato che la sim fosse danneggiata, ed andare in un punto Vodafone One dove un digital native nel giro di 10 minuti ha disattivato la mia scheda precedente (la micro sim che avevo nell’i-phone) ed attivato una nuova sim.
Quello che avevo chiesto io dall’inizio, senza complicarsi la vita con dual sim o servizi bis. Forse però l’attivazione del servizio bis non è stata proprio casuale, visto che ho scoperto, come sospettavo, che la sim principale era abbinata al contratto business mentre la secondaria era abbinata al contratto personale. Il risultato sono state 123 euro inattesi di traffico dati.
In tutto questo l’agente Vodafone Business con cui ho sottoscritto il contratto è definitivamente sparito (ma io avanzo ancora un torch ed un bold).
Sarei potuto andare direttamenta in un punto Vodafone One? Certo, ma allora cosa ci stanno a fare gli agenti Vodafone Business?
Prendo spunto da qui per non fare di questo post una puntata di “mi manda Biscomarketing”.
Come si legge nel mio profilo io sono diplomato perito agrario ed il mio primo colloquio di lavoro è stato con la Purina per fare l’assistenza tecnica ai clienti. In agricoltura infatti fina dagli anni ’80 del secolo scorso le principali aziende di mangimi e sementi hanno cominciato ad affiancare la rete vendita ad una rete di assitenza tecnica che visitava la clientela. Se non mi sblaglio, ma poi sono finito a lovarora in altri settori, con il tempo hanno eliminato la rete vendita, mantenendo solamente quella di assistenza tecnica, che si occupava anche della raccolta degli ordini.
Che sia stato effettivamente fatto o meno in realtà ha poca importanza. Il punto è che sarebbe assolutamente logico strutturarsi in questo modo in settori dove il prodotto è quasi una perfetta commodity e quindi l’aspetto differenziante diventa il servizio.
L’idea di trasformare gli agenti in consulenti tra azienda e clienti mi frulla in testa fin dai tempi in cui lavoravo in Levoni, dove l’allora direttore vendite mise in piedi dei corsi di formazione per la clientela. Non è proprio la stessa cosa, ma comuqnue la direzione è quella e credo che, a distanza di 16 anni, Levoni continui a farli con successo (in realtà, per la serie non si inventa niente, il dottor Chizzoni si era ispirato alla sua precedente esperienza in Wella, che operava con una rete di clienti-formatori per i suoi corsi di aggiornamento).
Il diffondersi dell’e-commerce, che in Italia nelle vendite BtoC (business to consumer) è in realtà ancora agli albori, sta già mettendo in discussione la professione dell’agente di commercio.
Come sempre a determinarne la sopravvivenza sarà la capacità di portare un valore aggiunto superiore al costo.
Considerando che quasi sicuramente gli agenti di Vodafone Business sono monomandatari, io se fossi in loro comincerei a preoccuparmi.

I pagliacci di Vodafone Mobile

Questo post non ho proprio nessuna voglia di scriverlo, però devo.
I motivi per cui non ne ho voglia sono diversi:
numero A) Mi sembra improprio fare un uso personale del blog (anche se credo ci siano poche cose più personali di un blog) e non lo farò nemmeno con lo stile divertente del precedente.

numero B) Probabilmente aumenterà la fama di presuntuoso che mi perseguita (ma oramai probabilmente mi precede) da anni. Almeno lasciatemi dire che sono ben cosciente di non essere l’unico ad aver affrontato i problemi che racconto qui di seguito.

numero C) Soprattutto il motivo per cui non ho voglia di scrivere questo post è che significa che domani al lavoro dovrò affrontare una rogna in più, che speravo tanto si fosse risolta, anche perchè non credo che sia una cosa molto complicata. Come sempre quando manca la volontà, i disguidi diventano montagne insormontabili.

Ecco la storia.
Quando si è concluso il rapporto di lavoro con la mia precedente azienda, il modo più rapido e sicuro per mantenere la portabilità del numero di cellulare (alquanto indispensabile dal punto di vista professionale) era tramutare il contratto Vodafone Business che aveva l’azienda con un contratto personale intestato a me. Questo perchè la mia attuale azienda utilizzava un altro gestore. Già qui non è che fossi del tutto convinto, ma tant’è …
Arrivato in Viticoltori Bosco mi sono comprato un I-phone (confesso che sapevo che mi prendevo i miei rischi, ancor di più quando mi hanno fatto presente che l’I-phone utilizza micro sim invece di quelle standard, ma tant’è …) ed, insieme alla collega che si occupa dell’amministrazione abbiamo valutato le proposte dei diversi gestori, visto che io arrivavo con Vodafone.
La proposta più vantaggiosa ci è sembrata proprio quella di Vodafone e quindi abbiamo cambiato il gestore per tutte le cinque utenze aziendali.
Devo dire che dal momento in cui abbiamo firmato il contratto sono cominciati i problemi?
Nel contratto Vodafone Business è prevista anche la fornitura dei telefono in comodato gratuito. Io avevo scelto un Samsung, mentre i colleghi dei Blackberry. Il Samsung è arrivato, dei Blackberry 2 su 4, non è arrivato il torch promesso e sono arrivati invece dei telefoni Vodafone (che ho mandato indietro).
Il Samsung l’avevo scelto perchè, ovviamente, l’I-phone non si sincronizza con rubrica, attività e calendario di Outlook.
Tutto questo avveniva la settimana prima di ferragosto, peccato che la mia nuova sim si sia rivelata un inutile pezzo di plastica e non una vera sim. Non chiedetemi dettagli, l’agente Vodafone Business, raggiunto al cellulare dopo numerosi tentativi, mi ha solo detto che ovviamente la sim che era arrivata con il telefono non era attiva, perchè avrei dovuto usare quella che già avevo, a cui veniva semplicemente abbinato un nuovo contratto. Quando gli ho ricordato che avendo un I-phone non potevo spostare la sim sul Samsung anche volendo, mi ha detto di non preoccuparmi che ci avrebbe pensato lui, ovviamente dopo ferragosto.
Arriviamo così al 19 agosto quando finalmente viene fatto il passaggio del contratto e mi arriva una dual sim. Piccolo problema: la sim principale rimane quella dell’I-phone, che però con il contratto Business non può navigare in internet. Non c’è problema mi dice l’ineffabile agente Vodafone Business: basta che lei spenga l’I-phone e tutte le telefonate arrivano sul Samsung. Peccato però che gli sms invece no, e così dopo due giorni riaccendo l’I-phone e mi trovo tutti i messaggi persi.
Secondo piccolo problema (di cui mi rendo conto mentre scrivo): l’ultima bolletta del mio contratto personale registra telefonate fino al 31 agosto e, soprattutto, 123 euro di traffico dati. Visto che da quando mi hanno comunicato che nel contratto personale il traffico dati aveva una tariffa diversa dal voce non ho più navigato con l’I-phone, vuoi vedere che la dual sim significa che la sim principale è collegata al contratto business e l’altra al contratto personale? Altra rogna da sistemare, ma soprattutto devo ricordarmi di revocare l’addebito in conto.
L’ineffabile agente Vodafone mi dice di non preoccuparmi, che mi chiederà al suo responsabile come rendere principale la sim del Samsung. Dopo alcuni giorni di silenzio lo contatto via mail, niente. Allora lo chiamo e lui mi fa “Ma come non l’ha chiamata?” (pagliaccio sì, ma professionista).
Solita rassicurazione e dopo due giorni mi manda un mail con un codice da digitare nel telefono per fare lo switch. (Ovviamente) il codice non funziona, “E’ proprio strano. Comunque non si preoccupi, venerdì sono con il responsabile di zona e passiamo da lei così sistemiamo”.
Quel venerdì alle 19:00, dopo non aver nè visto nè sentito nessuno, IO lo chiamo e lui mi risponde che il responsabile aveva un impegno ed è dovuto tornare su Vicenza, subito dopo pranzo. E’ notorio che mentre i fornitori hanno impegni, i clienti si girano i pollici tutto il giorno e che il cellulare lo portano solo perchè fa figo.
Comunque non devo preoccuparmi perchè il martedì dopo sono nella mia zona tutto il giorno e quindi passano sicuramente.
Devo dire che martedì non è passato nessuno, nessuno ha chiamato per cancellare l’appuntamento (e che comincio a dubitare dell’esistenza del fantomatico responsabile)?
Mercoledì l’ho chiamato, non ho ascoltato nessuna scusa e gli ho solo detto che aveva tempo fino a venerdì per risolvere la questione altrimenti io mi cercavo un’altro gestore ed in più gli davo pubblicamento dei pagliacci sul mio blog (ecco il perchè della presunzione e della necessità di scrivere questo post).
Ovviamente nel frattmepo non sono nemmeno arrivati i telefoni che stiamom ancor aspettando.
Che dire? Che ci saranno centinaia di storie come questa per tutti i gestori sul mercato? Probabile.
Da parte mia posso solo raccomandare di stare molto attenti ai signori di Vodafone Business perchè anche se si presentano in giacca e cravatta, sotto sotto (neanche tanto) possono rivelarsi dei pagliacci e di valutare bene prima di fare un contratto sulla base di tariffe vantaggiose, perchè la volta che perdet un cliente perchè non vi è arrivato un sms, il risparmio ve lo siete più che giocato.
il bello è stavo aspettando di valutare come funzionava Vodafone per proporre il passaggio anche alle altre aziende collegate a Bosco Malera.
Qualcunoi ha un gestore di telefonia mobile da consigliare?